Cortese signore: lei ha la mia simpatia e la mia stima, quindi, chi le scrive non le è avverso. Le scrivo, solo perché sento il bisogno di comunicarle quanto hanno mosso, in me, le sue prese di posizione a proposito del pericolo di mutazione dei pentastellati. Li vorrebbe com’erano al principio della strada ma, panta rei, signor Di Battista: tanto più in politica. L’educazione e la psiche si formano per due prevalenti vie: quella della parola e quella dell’emozione. Ovviamente, una via non esclude l’altra. Solo i fanatizzati dalla parola e/o dall’emozione possono farlo. E’ vero! Quando si separano dal reale, rischiano di poterlo anche gli idealisti, concettualmente più sfumati. Suo padre (non sono avverso neanche a suo padre, anzi, mi è pure simpatico) è ideologicamente fascista.
Come tale portatore di un carattere generalmente privo di sfumature. Per come la vedo e date le sue scelte, del carattere paterno lei ha rifiutato la forma delle parole, tuttavia, a me pare che non sia riuscito a rifiutare le emozioni contenute nella forma concentrata della Cultura di suo padre. Questo, sempre e solo a mio dire, l’ha collocata in un mentale e sentimentale “campo” di “concentramento”. Per campo intendo il luogo dove si semina un’ideologia e si raccoglie quanto seminato. Per concentramento, invece, intendo il luogo dove si concentrano gli atti e i fatti derivati dalla semina e dal raccolto. Checché si dica, si pensi, o si creda di averlo fatto, un Crescente non riuscirà mai a sciogliere i vincoli emotivi che lo legano a chi l’ha fatto crescere; ed è per quegli ineludibili vincoli che la penso ancora concentrato nell’emozionale campo di concentramento paterno. In quel campo e per i motivi che chiaramente ipotizzo, la vedo come il recluso capò di sè stesso. Per quale porta uscire dal suo campo di concentramento? Direi quella già attraversata da un certo Edipo.