Quando l’Amato m’ha chiesto cosa succederà dopo mi sono ritrovato con la mente assolutamente vuota, eppure, avevo letto centinaia di libri. Dove i libri hanno mancato la loro funzione, ancora una volta non l’ha mancata il cuore; e il cuore m’ha suggerito la risposta: non so cosa succederà dopo. Pensa solo che ti amo. All’epoca, mai affermazione mi è parsa tanto insufficiente. Con l’andar del tempo, invece, ne ho capito tutta la saggezza. Fu saggia, non solo perché ha confermato un sentimento (e, dunque, dato sicurezza ad una finale debolezza) ma anche perché ha ancorato la mente di quella persona (e, per inciso, anche la mia) all’interno di un fatto concreto: gli atti d’amore che hanno strutturato il comune sentimento, e scritto la comune storia. Fermando quella mente all’interno di quel fatto (ed in questo proteggendola dall’ignoto che incombeva) credo di aver ottenuto un duplice scopo:
*) sia nel mio che nel suo caso, ho dato funzione esistenziale a chi temeva di non averne avuta alcuna;
*) ho allontanato la paura del dopo (o quanto meno l’ho attenuata) pur non avendo risposto alla domanda.
Mi si chiederà (come me lo sono chiesto anch’io) ma come si fa ad amare la vita quando non si sente che dolore? Direi che si torna ad amare la vita tanto quanto ci rifiutiamo di sentire solamente il dolore. Non è certo per mero egoismo che dobbiamo rifiutare l’ascolto del dolore nei casi di lutto, ma perché il dolore è conseguenza di un erroneo intendere ciò che è giusto, sia per la vita che ci ha lasciato, sia per la nostra. Il dolore, infatti, è male naturale e spirituale da errore culturale. Quando ci allontaniamo dal dolore che ci è causa di morte, ci par di allontanare chi abbiamo amato. Ci sentiamo come se morisse ancora una volta, e quel che è peggio, la seconda volta a causa nostra. Che vi sia allontanamento è indubbio, come è indubbio che il motivo allontanante non è l’allontanamento dell’amore ma quello del dolore.
La dove vi è dolore, infatti, non può esistere il bene. Se un trapassato ha bisogno dl nostro dolore, è chiaro che non vuole il nostro bene. Non volendolo, è chiaro che non ci ama. Liberarsi di ogni ricordo di quella morte, quindi, oltre che doveroso è necessario. Diversamente, il trapassato che ci ha amato e ci ama, non può non augurarsi che allontaniamo da noi il dolore, appunto perché non è quello che vuole ma il nostro bene. Non solo. Siccome l’amore non può coesistere con il dolore, tanto quanto avremo dolore e tanto quanto favoriremo l’allontanamento da noi del trapassato che ci ama. Tale favore lo aiuterà a liberarsi dai legami con questo mondo. Ogni volta stiamo male, quindi, o abbiamo vicino un trapassato che è nel male e lo persegue, o non abbiamo vicino il trapassato che è nel bene e lo persegue. Stante le cose (sempre a mio conoscere, ovviamente) a che ci serve e/o a che serve il dolore se questo ci allontana da chi ama e non allontana da noi chi non ama? Con questo non voglio dire che sia giusto andar a ballare il giorno stesso di un funerale, bensì, che dopo aver accompagnato una vita al suo principio, è giusto rivolgere il nostro pensiero verso il bene, non, verso il dolore. E’ giusto farlo perché nel bene troveremo tutto ciò che è e da vita, mentre nel dolore, non troviamo che dolore. Naturalmente, ad ognuno le sue scelte, e nelle proprie scelte, le consone misure.
LE VITALIANE