Non tanto tempo fa

Non tanto tempo fa, Alberello di Bosco, in sé turbato, chiede udienza al re dei Boschi. Gli fu concessa nella sala degli ”Alberi che ora possono”. Giunto alla presenza del re s’inchinò scuotendo con deferenza le sue foglie. Dagli antichi rami intrecciati a trono, il Sovrano, l’invitò a parlare.

Mio signore: sento che la linfa stenta a percorrere le mie vene e tanto sono sovrastato da edere che la luce mi raggiunge poco. Guarda! Il verde delle mie foglie è opaco, ed i bordi ingialliti. Sono a conca, non come quelle che raccolgono per dare, ma come mani che si protendono ad elemosinare altra luce, che quella che hanno, le lascia come vedi. Se generalmente occorre un grammo di clorofilla per guadagnare il giorno, con la stessa quantità, ne ho solo per qualche ora. Il poco guadagno messo a fronte della fatica, piega la mia vita al punto, che non so più come trovare la forza e/o le motivazioni, per raddrizzarmi. Riconoscerlo, è l’ulteriore veleno che ancora di più mi piega, così, l’ora di guadagno che mi si riduce sempre di più, è una costante usura della mia vitalità! Certamente non posso dire che sto morendo a me stesso, ma posso dire che sto vivendo, o quanto meno, nella giusta misura, e nel giusto luogo? Ecco! Il mio turbamento, sta nelle risposte che non so darmi. Il Re fermò i commenti di Alberi dei quali era Signore e, nel silenzio che seguì, si raccolse in meditazione. La voce che giunse ad Alberello lo meravigliò, tanto pareva venire da dentro di lui, e, sul momento, ne fu quasi spaventato, ma poi l’udì, come comunemente udiamo.

Mio Alberello, (disse il Re), neanche noi, possiamo intervenire nelle leggi che regolano il luogo nel quale siamo. Per questo, tanto meno possiamo ordinare che ti sia maggiore lo spazio che occupi. Nel farlo, turberemmo le ragioni che di Bosco non tutte conosciamo. Se ti può consolare, sappi che il tuo turbamento fu anche di Alberi che ora possono. Noi Re, tuoi principi, possiamo solamente confermarti che il posto che occupi nel tuo bosco, è, nel bene e nel male, ciò che sino ad ora hai saputo, e/o voluto, e/o potuto raggiungere. Se ciò non ti soddisfa, in primo ti invitiamo a riflettere se il tuo nome, (ti sei presentato al nostro cospetto dicendoti della famiglia dei Castano), sia effettivamente quello che sostieni di essere. Se ti senti indebolire anzitempo, può essere perché il tuo nome (e, dunque, tutta la tua funzione di Albero nella tua famiglia) è diversa da ciò che pensi di conoscere. Come sapere se anziché Castano, sei Salice, o Robinia, o altro nome? E’ molto semplice! Confronta le tue foglie con le altre! Guardane il disegno! Se ha spine! Controlla il colore della tua scorza! Insomma, oltreché dirigere lo sguardo su te stesso, volgiti anche a Bosco, non solo per vedere, ciò che per te è più verde o forte, e, dunque, apprendere il modo per diventarlo, ma per vedere anche il Tutto. Nel farlo, non trascurare di riflettere sulle radici di ciò che vedi, se vuoi imparare le cose, sino al loro principio. Noi sappiamo bene che gli Alberi che ora possono hanno in spregio quelli che ancora non possono, perché di non paritaria condizione di vita. Sappiamo anche, che gli Alberi che ancora non possono vengono reputati diversi e/o inferiori, ecc, ecc. Abbiamo sempre condannato, questa arbitraria condizione, del giudizio di chi può, ma, neanche noi, possiamo estirpare i nodi che ammalano di brutture la scorza dei nostri sudditi. Altresì sappiamo che per gli Alberi che ancora non possono, questo giudizio è un ulteriore peso, ma, sappiamo anche bene, che molti Alberi che ancora non possono, si reputano diversi, non perché giudicati tali, ma perché così si giudicano! In genere, ma in prevalenza, si giudicano così, perché amerebbero essere l’idea che sognano, al di là di ciò che effettivamente sono! Da questa impossibilità, in loro nasce scontentezza, e senso di pochezza. Per quanto conosciamo, supponiamo che il genere di lamentela che forma il tuo turbamento, possa anche essersi originata da una scontentezza di te stesso in molti modi motivata, più che dal luogo e/o dalla condizione, in cui ti trovi a vivere la tua funzione di vita. Fra altre cose, la scontentezza di se stessi può essere la fuga da Bosco, che tanto più dimostra, che si vuole essere ciò che si vede con gli occhi del desiderio verso altro da sé, più che con quelli della ragione del proprio stato. Questo, in genere ma in prevalenza, è ciò che maggiormente forma la matrice culturale del senso della diversità, non solo sessuale. Se fosse ciò che supponiamo, non la condizione di Bosco, e/o le Edere, potrebbero essere la causa che ha motivato la tua presenza al nostro cospetto, ma lo sradicamento dalle tue radici, che fai ogni volta aspiri a non essere il tuo nome: vuoi perché non sai esserlo, o perché non sai come esserlo, o perché ti si impedisce di esserlo, o perché non accetti di esserlo, o per un insieme dei fattori che testé ti stiamo dicendo. Il Re, poi, tacque. Alberello tornò al suo bosco. Stormir ad altro vento gli sembrò sentir le foglie.