Frati e fraternità

Caro Padre: fra gli ospiti della mensa di S. Bernardino vi è un mio amico nord africano. Con lui, altri. Vuoi della qualità del cibo, del comportamento dei suoi addetti, (volontari o comunque preposti) non ha nulla da rilevare: anzi! A lasciarlo perplesso, caso mai, è il comportamento di un suo confratello: lo dice moldavo. (?) Ad opinione del mio amico, verso i suoi conterranei, e/o di analoghe terre e/o cultura, quel suo confratello ha un comportamento preferenziale, mentre, verso gli ospiti nord africani ha un comportamento, più o meno ed in vari modi- avverso. Fra le tante cose che si possono pensare, (vere od erronee che sia), mi limito a supporre che una tal disparità di comportamento possa essere guidata da una carente, e/o erronea interpretazione del ruolo, nel non facile compito di gestire quel genere di mensa e i vari caratteri e culture di chi ne usufruisce.

Mi rendo ben conto che le sto riportando le opinioni di chi potrebbe vedere le cose (sue e/o di altri) secondo una personalissima e/o alterata interpretazione, tuttavia, la capacità di vedere oltre ciò che appare di questo mio amico mi ha sorpreso in più di un caso. Non per questo gli credo per principio, ma, per questo, ho cominciato a valutare anche la sua visioni delle cose. Non solo sua, a dirla tutta, dato che anche dei suoi conterranei traggono, dall’agire di quel suo confratello, le sue stesse conclusioni. E’ anche possibile che si influenzino a vicenda, ma, potrebbe anche non essere così. Per esperienza personale ho potuto constatare che, mentre noi basiamo la nostra forza nella giustizia, il nord africano, invece, (come, in genere, anche per il cittadino dell’Est), basa il suo concetto di giusto sulla giustizia della forza: comunque espressa.

Stante la loro visione della giustizia, quindi (la ragione é del più forte) non vorrei mai che il perdurare dell’improprio atteggiamento di quel suo confratello, dovesse motivare delle reazioni di forza, (singola e/o di gruppo), da parte degli “ultimi”, (e/o dei lasciati ultimi), in questione. Da un tal genere di giustizia, gli “ultimi” non ricaverebbero di che essere ancora più ultimi! E’ appunto per questo, che il nostro senso della Giustizia, non può non cercare il modo di impedire, che debbano ritrovarsi ulteriormente vittime del loro senso della giustizia. La prego, pertanto, di far in modo che nella sua mensa torni la serenità, che generalmente c’è, quando non c’è quel confratello. Mi sto rendendo conto, adesso che ho finito la lettere, che l’ostilità di quel suo confratello verso i nord africani, abbia il fine di dividere il grano dalla pula, se, per grano intendiamo chi non delinque e per pula intendiamo chi delinque. Non mi risulta che la Carità abbia mai messo questo compito nella sua norma. Sempre che sia vera la mia ipotesi, per quale titolo pensa di poterlo fare quel suo confratello?