Siamo spiritualmente deboli in due momenti della vita Gay: nella giovinezza e nella vecchiaia. Tanto o poco, non manca l’aiuto nella giovinezza. Quale aiuto, invece, nella vecchiaia? Direi nessuno. O meglio, c’è, ma, secondo standard culturali, marginalmente corrispondenti alla vita dell’omosessuale anziano. Precisando meglio, sono corrispondenti, quegli standard culturali, solo per le esigenze inerenti la cura medica e la domiciliarità. La vita anziana, però, non è solo pastiglie e pannoloni! Vita, è anche racconto di storia personale e di epoca; è anche condivisione d’esperienza. E’, inoltre, anche possibilità di poter parlare liberamente, come simile fra simili; è anche possibilità, di poter ancora sorridere come simile fra simili! Nella normale assistenza e nei normali ambiti, con chi ricordare e sorridere delle storie che è stato quell’Omosessuale, senza con questo esser compatito, o magari, ancora osteggiato, (quando non rifiutato) come magari lo è stato in giovinezza e/o nell’età adulta?
Per il timore di quel rifiuto, l’anziano Omosessuale si costringe, così, (o lo si costringe) a dover recitare, (ancora?!) ciò che gli impone un ricovero diverso perché culturalmente estraneo. Il che, è come dire che si costringe, (o lo si costringe) a negare la sua umanità anche per il solo fatto di veder visti, come sessuali, dei meri desideri di affettività. Negare (o far si che si neghi) anche quegli ultimi fiori, è forzarlo all’interno di un’agonia cosciente; è seppellirlo culturalmente e spiritualmente, ancor prima che muoia naturalmente. Sollevo, quindi, il problema, e propongo a questa Associazione, di ideare un’assistenza domiciliare, e/o una casa alloggio, attuata da operatori sessualmente omogenei. Il problema che sollevo, riguarda anche l’Omosessualità femminile, ovviamente!
AL CIRCOLO PINK DI VERONA