Cosa intendeva far capire quel biblico stesore quando con poetica (ma criptica ovvietà) ha scritto “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”? La prendo un po’ larga ma poi arrivo al punto: punto che è circolare nel senso che quello di partenza è indistinguibile da quello d’arrivo. Ammettendo al principio un’esistenza capace di vita umana nella versione divina, dobbiamo anche ammetterla capace di discernere su di sé. Un discernimento sovrano perché primo di ogni pensiero, cosa mai può dire se non ciò che è? Cos’è? Lapalissiano, direi! Sentendo sé e sentendosi in vita, dirà
IO
(Coscienza dell’Essere)
SONO VITA
(Coscienza del Sapere) (Coscienza dell’Esistere)
Non dirà IO SONO (IN) VITA perché ciò ammetterebbe una precedente conoscenza che prima del Principio di ogni principio non può esserci stata.
Ora, o al principio di ogni principio ammettiamo una qualche sofferenza da dissociazione, oppure, necessariamente, nessuna parte è separata da un altra, appunto come mostra l’affermazione come l’ho composta. Ovviamente, almeno per me, lo stato trinitario dell’immagine, nell’assoluto principio del Principio è assolutamente unitario. Ne consegue che ogni parte del identità del Principio è, ed è, inscindibilmente presso di sé.
Preciso: sto interpretando una storia non sostenendo che sia vera una spiegazione che almeno a vista pare proprio che non faccia piega.