L’idea del Padre

L’idea del Padre detta nel Vecchio Testamento è diversa dall’idea che è detta nel Nuovo. Al punto: o ammettiamo che il Padre possa mutare degli stati del suo stato ( ma essendo principio, non è che non lo possa sapere è che non lo può volere se non comunicando due idee di sé (e dunque, comunicare due principi) oppure, non è possibile l’idea del Vecchio Testamento, o non è possibile l’idea del Nuovo, oppure, sia l’idea del Vecchio che del Nuovo sono delle idee di chi ne volle dire l’idea. Se il Padre, essendo il principio di ogni idea di Padre, non può avere un vecchio o un nuovo comportamento di vita da chi venne una condanna che non può essere giusta (e, dunque, neanche vera) dal momento che ogni condanna non può non recare del dolore naturale e, data la corrispondenza di vita fra gli stati, anche suscitare (nel condannato) delle risposte di male naturale, culturale e spirituale oltre che verso se anche verso altro da se?

Nella ricerca della risposta questa domanda, mi limiterò a ricordarti che la misura dello stato della pace che si sente in una data esperienza è la misura dello stato della verità che vi è in quell’esperienza. Comunque sia e, comunque ognuno senta di poter rispondere, chi vive la vita secondo il Principio dell’amore ( comunione di stati fra tutti gli stati della vita ) non può condannare, tutt’al più non può non accettare che si condanni da se chi sbaglia.

Se secondo il principio dell’Amore che principia ogni principio in amare è impossibile che sia stato il Padre a condannare i Primevi in quanto il farlo avrebbe recato delle involontarie risposte di dolore e di male, non può non derivare che secondo l’idea che ebbero del Padre, o è stato lo Spirito della vita degli stesori a pronunciarla oppure è stato lo Spirito di una vita che influì sulla loro. Quale altro Spirito poté influire sul loro? Ad esclusione del divino ( del quale, appunto, escludo la volontà di condanna perché recando del dolore non può non recare la possibilità di risposte di male ) direi che non può non essere stato che lo Spirito di una vita ( umana o sovrumana che sia stata ) che non poteva non avere del male in se. Quale male? Secondo il suo stato di bene e di male e per stati di infiniti stati di corrispondenza fra i suoi stati, direi anche il solo stato di Somiglianza: aldilà dello stato della separazione, identità, necessariamente diversa dal Principio.

La vita della Natura, certamente, è direttamente influita dallo Spirito divino, ma, per non sottomettere l’arbitrio della vita influita, lo Spirito divino non comunica la sua Cultura, cioè, quello che sa sugli stati della sua forza. Se lo facesse, la vita non agirebbe secondo il proprio se ma secondo quello del Principio, ma, allora, sarebbe sottomessa per principio e non, al caso, corrispondente per la sua volontà. Da ciò ne consegue che, la dove vi è la voce di uno Spirito che condiziona con la propria Cultura, tanto quanto condiziona di se e tanto quanto il suo stato di vita non può non essere che lontano da quello del principio culturale dello Spirito: dare forza alla vita, non, comunicargli la sua conoscenza. Se ogni Spirito influente ha diversa identità dallo Spirito del Principio, e se lo Spirito del Principio non può influire se non condizionando ( e, dunque sottomettendo alla sua Cultura la vita influita da ciò ne consegue che la stesura della Bibbia non è direttamente ispirata dallo Spirito divino.

Il Padre della vita è principio del bene per quanto è vero alla giustizia del suo Spirito. Per quanto non si possa sapere ciò che è vero alla Sua giustizia, comunque, lo stato del Bene ( che non può non dare lo stare bene ) è riferimento di verità. Lo è perché il bene non può che corrispondere con il vero ed il vero non può non corrispondere che con il giusto. Come noi verifichiamo lo stato di spirito di una persona in ragione delle emozioni che ci comunica, così, in quanto origine del bene, lo stare bene naturalmente, culturalmente e spiritualmente presso il Padre ( Principio di ogni principio di vita ) non può non verificare l’identità del Suo. Al punto, sapendo che l’identità del principio del Padre non può che essere il bene, se in ogni fatto e/o atto del quale lo si dice autore non si sta bene, tanto quanto non si sta bene non può essere Sua l’origine di quell’opera. Succede che ognuno di noi abbia il proprio senso del bene e dello stare bene. Da ciò, ognuno di noi potrebbe avere il nostro senso anche dell’identità del Padre di ogni bene. Quale, allora, la vera perché universale identità? Direi che l’universale misura per sentirla è data dallo stato di pace dei principi che si collocano presso il Principio che li ha originati. Se la conoscenza dell’identità del Padre della vita è data dallo stato di pace ( cessazione di ogni dissidio per sopraggiunta verità ) direi, allora, che tanto più siamo in pace con il Padre di ogni principio e tanto più lo conosciamo perché lo sentiamo. Non solo: tanto più lo stato di pace permette la conoscenza del Padre e tanto più siamo influiti dalla Sua vita.

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