In un post di Massimo Fini, Colpa di Eva, un commentatore sostiene che la donna è conservatrice della specie. Ho sempre accettato quest’affermazione senza discutere. Questa sera invece la vedo in altro modo.
*) in primo la donna conserva il piacere di sé; ovviamente, ad ogni impedimento escluso
*) in secondo, conserva il piacere di chi e/o di che specie di piacere la fa vivere;
*) in terzo, conserva la specie di vita, conseguita dall’appagamento dei motivi al punto 1 e 2.
Il dovere della conservazione della specie, messo come primo compito della donna, quindi, altro non è stato (e altro non è) che l’imposto contratto, in cui non ha potuto non diventare un bene (vuoi nel senso di capitale che di proprietà) a forzosa disposizione della specie più forte: individuo o società che sia. Ma la donna sta rifiutando il carcere in cui si trova destinata già per il solo fatto di essere donna; e da tempo lo sta dimostrando la crisi motivata dalla ricerca di una alleanza basata su di uno scambio di piaceri paritari, con non precostituiti doveri. La questione non è nuova, ma Maschio avvisato di nuovo, mezzo salvato di nuovo.
ANDANDO PER SCALINI