Di tutti i titoli

Di tutti i titoli che si è data la Chiesa a suo uso e consumo riconosco quello di Don come basilmente necessario e quello di indubbiamente maggiore di Servo. Fratello e Sorella no: neanche per idea. Ne ho trovato e avuto di più sinceri fra i “cani da paiaro” (delinquenti per sussistenza più che per animo)  che ho frequentato, non tutti in senso biblico. Sono fortemente restio anche al dovere di chiamare “padre” un essere estraneo al mio essere. Semplificandoo e sintetizzando, a parte quella di signore, non amo alcun genere di feudalesimo. Ora, (tu be or no tu be) apparire irrispettosi o sentirsi ipocriti? Ho scelto di non sentirmi ipocrita. Sia pure in ben diversi casi è capitato a don Woitila quello che si dice capitato anche a Cristo: sentirsi abbandonati dal Padre perché non ne sentivano più la voce. E’ padre chi procrea una vita. Elevando il pensiero, si può dire che è Padre anche chi ha originato la vita. Il chi, il come e l’identità non sono in discorso.

E’ voce, il suono dell’emozione. Si può dire, allora, che non sentivano più la voce perché non sentivano più l’emozione che li faceva sentire vita della e nella Vita, o con altro dire, figli del e nel Padre. A un credente può capitare di sentirsi in relazione con il Padre tanto quanto, fra i principi che reputa di Dio e i suoi, vi è stato di eletta comunione. Dove (almeno secondo fede) la morte non scinde (culturalmente e spiritualmente parlando) una vita dalla Vita, lo può la Natura: contenitore comunque effigiato, di contenuti comunque raggiunti. La scissione del contenitore della vita (la Natura) dal suo pensiero (Cultura) e dalla sua vitalità (forza dello spirito dato lo Spirito) può capitare all’improvviso come per gradi. Nei soggetti in esempio è successo per gradi, e per gradi, hanno potuto rendersi conto dell’abbandono che emotivamente vivevano, ma, è stato vero abbandono, e chi ha abbandonato chi?

L’idea della vita che diciamo Dio e/o Padre è prima. Come prima, è sovrana e assoluta. In quanto tale, dipendente solo da sé stessa. In questo e per questo, esente da qualsiasi altro stato emotivo. Se questa è l’immagine prima della vita, questa non è l’immagine di qualsiasi somiglianza da quella derivata. Nella somigliante, infatti, la sua vita vive infinite emozioni, e fra queste (voluto o subito) l’abbandono. Ciò che non può essere del Padre e nel Padre, quindi, lo è nella sua “figliolanza”. Ed è solo della e nella “figliolanza”, pertanto, la capacità di abbandonare come quella di abbandonarsi. Da ciò ne consegue, che l’abbandono vissuto era di loro da loro, e che del Padre, da loro non poteva assolutamente essere abbandonati, avendo il Principio della vita, un solo principio di vita: quello di dare vita.