Lettera al Rabbino della Sinagoga di Roma: signor Ricardo Di Segni
Ho postato questa lettera nel Dicembre 2012 ma la prima stesura è datata Ottobre 2007. Allucinante guazzabuglio di speculazioni, la prima stesura. Guaio é, che me ne sono accorto quando l’ho rivista: nell’Ottobre 2017. Rivista e ulteriormente tagliata nel Maggio del 2018. Oggi (31 Febbraio 2020) l’ho verificata per la terza volta. Dovrei mandargliela allegando le mie scuse, penso, ma lo farò, quando avrò emozionalmente superato il peso delle insufficienze che, anche se non ci credo, spero di aver totalmente eliminato. (24 Ottobre 2022 – La sto editando nella versione del 2020. Lo faccio senza rivederla perché (almeno al momento e per questo caso) non sento quello che sentivo: dell’altro fiato. Febbraio 2023 l’ho sistemata nella forma ma non l’ho riletta. Non ho ancora sufficiente spirito.
Cortese Signore: secondo me, il signor Netanyahu non ha capito la lezione implicita nella richiesta di Dio ad Abramo, e forse neanche Israele. Per dire i i miei perché, avrei potuto rivolgermi anche al Rabbino della Sinagoga di Verona. L’ho fatto, una volta. Avevo un’associazione che si occupava di tossicodipendenti, all’epoca. Non ricordo, però, se quello l’argomento, oppure, sullo Spirito. Fatto sta che non ebbi riscontro. Se era composta nella stessa confusionaria ragione di quello che ho spedito a Di Segni, ti credo!!!} Fra i tanti pensieri sui motivi per non averlo dato, sospetto il senso di una culturale sufficienza. Rabbini o no, i sufficienti non corrispondono con gli “insufficienti”. Non tanto perché non danno alla vita quello che gli compete, quanto perché non sanno sentire quando non basta. Fra i sufficienti, infatti, non risultano profeti. Se al suo posto ricevessi una lettera come questa, non potrei non temere sulla follia dello scrivente. Il che, non è da escludere del tutto, ma se può essere vero che in quella mi capita di andare, è anche vero che non mi capita di restare. Nel mio sito sostengo di aver dovuto tutelare la mia ignoranza per poter dire la mia conoscenza. La regola, se da un lato fa solamente miei, certi discorsi, dall’altro può portarmi a casi da riscoperta dell’ombrello. La prego di tener conto delle due possibilità. Le mando aperta questa lettera perché intendo pubblicarla anche nel mio Social. Nulla di che: sono letto dai classici quattro gatti. Con i miei più cordiali saluti.
1) Essendo il principio della vita, lo Spirito divino non può non essere che un Assoluto. Ogni sua manifestazione, pertanto, non può non essere che d’assoluto. Dio manifesta il suo Assoluto, essendo e dando vita. Se nell’essere vita è principio assoluto, nel dare vita sino dal principio del suo stesso principio è Padre assoluto.
2) Un assoluto, non può generare atti di non assoluto. Un assoluto, infatti, é Immagine che genera Somiglianza ma che della Somiglianza nulla può essere, se non lo specchio in cui questa si riflette onde poter giudicare lo stato della sua somiglianza con il Principio. Con altro dire, lo stato della sua vita confrontato con lo stato della Vita. Cattolici o no che sia, non credo nei giudizi universali provenienti dall’Alto. Sarebbero profondamente ingiusti per i giudicati che stanno in basso. Essendo di bassa coscienza infatti, (quelli che stanno in basso) vivrebbero come ingiusto un giudizio da loro non capito. A mio sentire, neanche il Dio che pure può quello che noi non possiamo, si può permettere una giustizia così prepotente, e di tutti, così incurante.
3) Non potendo generare nulla che non sia la sua immagine, Il Padre della vita non può perpetuare che sé stesso. Essendo vita sino dal principio, quella perpetuazione genera sino dal principio! Non può generare nulla di altro e/o di alterno, appunto perché, essendo assoluto, non può essere né fare diversamente da quello che è.
4) Nessuna realtà comunque incarnata può dirsi figlio di Dio. Al più, può dirsi figlio eletto chi sostiene (persona e/o popolo) di conoscere il Padre meglio di altri fratelli: persone o popoli che sia. Affermazione, questa, estremamente impegnativa, però, perché nessuno può dire di conoscere Dio, al più, di possederne la certezza della speranza che è il credo della fede.
5) Prossimo o meno prossimo alla vita dello Spirito divino, vi è la vita da quello derivata: gli spiriti. Bay passando quello che su gli spiriti ognuno crede, mi segua ancora secondo ragionamento.
6) Vi sono spiriti elevati e spiriti bassi. I più elevati, non necessariamente sono i più potenti. Quelli più potenti lo sono, per maggior forza data la maggiore conoscenza del Principio. Non necessariamente sono i più elevati.
7) La maggior forza di uno spirito potente implica motivi d’uso di quella forza; legittimo e necessario uso perché la vita mantenga e perpetui sé stessa, ma, opinabile quando non malevole uso se finalizzata a raggiungere, mantenere e perpetuare del potere sulla vita: vuoi di una persona, vuoi di un popolo. Perché mai sarebbero “beati i poveri di spirito”, infatti, se non per il fatto che non usano la forza della vita (lo spirito dato lo Spirito) per questioni di dominio? Il legittimo uso della forza della Vita sulla vita, quindi, spetta al Principio, (con ciò intendendo il Tutto dal Principio) non, a quella di creature derivate dalla sua potenza.
8) Dalla lettura che ho ricavato dall’Immagine della vita del Padre e della sua creatura, la creazione come Figlio, (visione di principi che nell’assoluto diventano uno) ne ricavo il disegno di due principiati principi della vita originata dal Principio: Abramo, a Somiglianza del Padre della vita, (la vita del Principio) e Isacco come figlio_creatura_creazione dei principi di Abramo.
9) Ora, secondo il messaggero, il Principio divino chiese al principio umano di sacrificare il figlio; e Abramo va, ma al momento dell’atto viene fermato dal messaggero che gli “dice” di essere stato provato dalla volontà di Dio. Non entro nel merito di nessuna fede personale, tuttavia, come nell’analogo caso del sacrificio di Cristo, non riesco proprio a immaginare un Dio di tale volontà, a meno che, non sia stato frainteso da millenni!
10) Nessun nome può identificare il Principio divino della vita. Tanto è vero che a Mosè si presentò come “Io sono quello che sono”.
11) Il male sa fingere il bene, molto bene tanto quanto è male, Il che vuol dire che il male può essere maggiore dove maggiore la rivelazione. Ciò rende bifronte l’identitaria affermazione dello spirito sul Sinai.
12) La corrispondenza fra spiriti avviene per affinità di spirito (forza della vita per il corpo e vita della forza per la mente) fra corrispondenti principi. Quale via di corrispondenza fra punti in comune vi può essere fra uno spirito supremo perché relativo a sé stesso, ed uno spirito relativo al supremo ma per somiglianza con quell’immagine? Mi rispondo: pur nel rispettivo stato la corrispondenza fra Spirito e spirito è possibile perché sia lo Spirito del Supremo che lo spirito di Abramo hanno in sé la vita come eguale principio.
13) Essendo assoluto, Dio sentì la vita di Abramo in modo assoluto. Essendo relativo, Abramo sentì la vita di Dio in ragione dello stato della conoscenza che aveva in coscienza. Certamente ben relativa rispetto alla conoscenza di Dio. Ovviamente il dialogo fu di spiritualità impari, e quindi, da parte di Abramo, di impari comprensione. Il “linguaggio” divino, infatti, non può essere certamente e direttamente inteso dal linguaggio umano.
14) La comprensione in Abramo fu resa possibile dall’intervento di un tramite fra i due spiriti: l’angelo traduttore del messaggio divino. E’ tramite, il medium fra i due stati della vita: la nostra e l’ulteriore. Nulla si sa e/o dice la storia sullo stato di vita di quello spirito. Basso? Elevato? Elevato per sé? Elevato per la Vita e/o per la vita? Potente? Quanto potente? Per chi? Per sé o per la Vita? Non si sa, tuttavia, si crede, o quanto meno si sorvola, non tanto perché si possa dire vera la storia dell’angelo quanto perché è antica, e quindi, nella generale conoscenza dei credenti, fortemente sedimentata.
15) Lo spirito biblico che si dice Dio ha nominato Israele in più modi: eletto, fra quelli. Essendo creazione della sua creatura (la vita) direi persino ovvio il titolo, anche se non pare sempre meritato a quel che il Libro racconta: almeno a odierno parere. Perché ha detto Eletto il popolo di Israele e, almeno per quanto mi risulta, non di altri popoli? A mio vedere, perché Dio (che è Spirito, cioè, la forza della vita) “parla” ai corrispondenti spiriti in ragione dell’affinità di spirito. Quale lo scopo dell’elezione? A mio vedere, per poter formare, di tante tribù, un popolo e una Alleanza fra Vita e vita. Perché Dio sente il bisogno di avere un popolo? Mi rispondo, perché Dio è Uno e chi è Uno porta a fare si che tutto lo diventi.
16) Popolo eletto è un’etichetta molto conglobante: sia nel caso di pura fede, sia nel caso di una fede mossa da altri interessi. I pastori della pecora Israele ne avevano più che bisogno, se solo si pensa che al pur grande Mosè capitò di subire l’onta del vitello d’oro solo perché si era assentato per qualche momento. Per analogo scopo, analoga situazione la visse anche Maometto. Poté conglobare uno sparso spirito tribale in un unico spirito, infatti, perché usò lo stendardo di Abramo: “sottomesso a Dio”: lo sapesse o meno, Maometto, e/o glielo disse o no il “suo” angelo. Per quanto mi riguarda, amo maggiormente la traduzione di “dedicato”.
17) Collocata ai nostri tempi la storia, se Abramo è l’immagine di padre di Israele, e se Israele è l’immagine di Isacco perché “figlio” di Abramo, cosa mai ha chiesto, (e come credo, chiede oggi) lo spirito divino a quel Patriarca? A mio sentire, ha chiesto e ancora chiede: se mi occorre il sacrificio della tua volontà, me lo farai? Mi chiederà: cosa ti fa pensare che la domanda di Dio ad Abramo sia valida tutt’ora? Essendo Dio un principio assoluto e quindi senza fine, trovo logico pensare che anche le sue domande siano senza fine.
18) Ma, perché mai Dio vorrebbe ancora il sacrificio della volontà di Israele visto in Isacco? Due le ipotesi
* perché la remissione di Abramo alla volontà di Dio è remissione anche islamica, e quindi, sta avvenendo una inutile guerra fra figli della stessa casa anche se con diverso nome
* perché è un popolo eletto, e il popolo eletto è destinato ad avere la vita come terra, non, una terra come vita, che l’Assoluto non può promettere. Essendo assoluta conoscenza del suo spirito, infatti, può promettere ciò che è (Spirito fattosi vita) non ciò che non lo è: materia fattasi spirito.
In conclusione, mi sa che con il signor Netanyahu ed Israele, neanche Abramo abbia inteso l’insieme delle lezioni che sottostavano alla richiesta di Dio e che le esprimo in ipotesi. O se capite da tutti i soggetti, non vissute da tutti i soggetti.
Sia pure non comprese, Abramo però le ha agite, e ha vissuto per fede ciò che non ha potuto capire per ragione: e questa è la lezione più grande fra quelle che le ho numerate: la ritroviamo in Pietro che accolse la vita del “Figlio” oltre conoscenza e ragione, e la ritroviamo nella Donna che per la stessa accoglienza fu madre di quel “Figlio”. Morale della storia: il fratricidio fra il mondo ebraico e quello islamico cesserà, quando ambedue i fratelli renderanno a Dio la stessa abramitica risposta: la remissione della volontà della reciproca vita, alla volontà della Vita dalla nostra non interpretata.
DENTRO FUORI OLTRE