Stupendo incontro

ANDANDO PER SCALINI

Stupendo incontro mi sono detto quando ho visto il dépliant di “Decidere per gli altri”. “Dibattito in equilibrio tra arte, filosofia, medicina, giurisprudenza, religione ed etica per una scelta consapevole”. Decido di andarci e ci vado. In sala ci sono già un centinaio di presenze: in maggioranza anziani mi è parso. Laici (credente cattolico secondo il Devoto – Oli) e cattolici a confronto, dice la signora Bozzeda. Fra gli uni e gli altri non vedo differenza di pensiero e di finalità, se non la talare con tutto quello che comporta la talare. Va bè! Nessuno è perfetto! 

Incontro multiculturale, leggo da qualche altra parte del dépliant. Multiculturale fra laici e cattolici, non è un po’ come dire multiculturale la differenza fra comunismo russo e comunismo satellitare il russo? Gli interventi sono premessi da un film che tratta di in risveglio da coma. Dibattito equo vorrebbe, un film dove non c’è nessun risveglio dal coma. Ipotesi non presa in considerazione, direi. L’incontro inizia alle 17. Leggo dei relatori dalle ore 18.

La questione trattata dal professor Riccardo Pozzo in “lavorare in un comitato etico” è encomiabile, ma, di quale etica parlerà? Quella della scienza secondo coscienza di scienziato, o secondo quella di scienziato, ma anche cattolico? Le sarà chiaro in fine perché non rispondo a questa domanda. Il punto di vista medico “curare l’uomo, sempre. Umanesimo del vivere e del morire” viene trattato da Alfredo Anzani di stretta area cattolica. Dal mio punto di vista di cattolico eretico perché credo in un solo Dio e in nessun io, (professorato o no che sia quell’io) curare l’uomo sempre e in ogni caso è disumanesimo non, umanesimo.

Ricordo l’Amato, che dall’ospedale di malattie infettive di Legnago avrebbe dovuto andare a Mantova in autoambulanza (o a Villafranca, non ricordo) per fare una gastroscopia. Una gastroscopia ad una persona di 49 chili a 29 anni, malato in Aids conclamato e pochi giorni prima di morire. Sarebbe questo il bell’esempio del curare sempre perché umanesimo del vivere e del morire? A mio vedere, l’umanesimo è detto dal Cireneo: simbolo della compassione di chi rialza l’umanità caduta sotto i mali del vivere, non, il simbolo di chi cura il caduto così che possa soffrire più a lungo ma curato.

Comunque la si pensi, “quel curare sempre” rivela inequivocabilmente quanto, sul fine vita, sia già stato deciso da tutti fuorché deciso dagli interessati. A che è servito, allora, quell’incontro? Per me, è servito a farmi vedere la sede: molto bella. Il tema del monsignore che viene dopo del professore è “Libertà morale nella cura di sé e degli altri”. Dopo il tema del professore, e il millenario tema della cattolicità, quale altra libertà può sostenere il monsignore se non quella pro domo sua? Le implicazioni giuridiche sono trattate da un professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e della Pontificia università lateranense.

Può sostenere un etica contraria all’area di fede propria questo professore? Direi proprio di no. Anche questo, allora, ha già deciso per gli altri che non la pensano secondo cattolicità pur non pensando secondo ciò che l’avversa: mi riferisco cioè, a tutti i non aderenti alle “piantagioni del potere”: principato e religione secondo la mai dimenticata prolusione, e il mai dimenticato Padre Aldo Bergamaschi Ordinario di Scienza dell’Educazione dell’Università di Verona di qualche anno fa; prolusione che pronunciò davanti a dei disagiati impresari di quelle piantagioni, subito prima di tornare in convento. 

Non si è mai saputo se l’abbia deciso lui, o, se anche in questo caso, sia stato deciso da altri. Preso atto del programma e della banalità del bene così chiaramente indicato dalle figure dei relatori oltre che dai temi, non mi è restato che tornare a casa. A maggior ragione, quando, nel programma, sono arrivato a leggere il tempo a disposizione per il cosiddetto dibattito dei relatori con il pubblico: 20 minuti. Cosa sono 20 minuti in un programma del genere, se non le perline di Colombo?