Nell’ultimo viaggio turistico che ho fatto (era anche il primo e mi sa che sarà anche l’ultimo) sono capitato a Roma. Per un paio di notti ho alloggiato in una casa diroccata in cima al Monte dei Cocci, al Testaccio: giusto per dirti che quando si tratta di classe non mi faccio mancare nulla! Mi aveva alloggiato un piccolo (piccolo per i miei sentimenti materni, non piccolo per età) che avevo trovato al Colosseo fra un infinito odore di piscio di cavallo. Chiedo al piccolo di farmi fare un giro per Roma. Mi carica su di un paio di tram è, oplà, accontentato nel giro di manco due ore. Preferiva andare a Ostia, lui! Per fartela corta, su di uno dei tram, il guidatore mi dice: qui non si fuma! Giusto! Quello, però, aveva in bocca un sigaro acceso! Non saprei dirti da dove mi sia saltata fuori quell’arroganza da Romoletto a Castro Pretorio, fatto sta, che l’ho sfidato, (lui, un armadio a tre ante rispetto a me) accendendo immediatamente una sigaretta! Morale della favola: lui non ha buttato il sigaro ed io non ho buttato la sigaretta. Punto! Piccolezza, mi si dirà. Vero, ma, quell’atteggiamento mi è saltato fuori anche in altri più seriosi casi. Capitano, nei gironi della notte. Non sono forte fisicamente. Cosciente di questo rifuggo lo scontro fisico. Sono certo, però, che saprei trovare anche della forza per affrontarlo (mi è capitato) ma, generalmente, mi manca il detonatore principe: l’odio verso l’altro. In Palestina non è che manchi. E se fossi palestinese, anche mio malgrado mi ci troverei alimentato. Non avendo forza fisica (come dicevo) ho dovuto supplire. Così, sono sempre uscito dai miei guai usando due armi che conosco bene: la parola, e la maniera di porla. Cazzi acidi per i miei avversari, se fossi in Palestina, armato di odio, di parola, e di maniera di porla.
DEI TEMPI CHE FURONO