Il seducente motivo

Il seducente motivo della tentazione del Serpente fu: dopo aver mangiato il frutto dell’Albero del Bene e del Male, saprete ciò che sa il Principio e diventerete come Lui. (Cito a memoria) I primevi però, anche prima della Tentazione erano già come il Principio. Essendo vita, infatti, avevano gli stessi stati del Principio: Natura per quello che é; Cultura per quello che sa; Spirito per quello che sente. Il Principio viene immaginato come Persona da quasi tutte le religioni: non da me. Circa il Principio “conosco” i suoi principi perché li ho riconosciuti nella vita che ha originato, ma non so altro. Quello che so, é che E’ quello che E’. Fondo la mia fede nella vita, quindi, (il tutto dal Principio) solo su questo credo. Naturalmente, anche a me capita di umanizzarlo, ma solo perché discuto su quanto detto dalla Genesi, non perché discuto su Dio che nomino solo come Principio o Padre. I Primevi erano coscienti di saper discernere secondo un personale bene, o lo divennero dopo la Caduta e la conseguente Cacciata?

Se i Primevi erano nel bene del Principio, non potevano che discernere solamente secondo il bene indicato dal principio della loro vita: il Bene. Se prima della Tentazione i Primevi discernevano secondo il bene del Principio, quanto discernevano secondo il loro? Secondo me, per niente.  In ragione del loro stato di Somiglianza, infatti, erano già come il Principio. Ne consegue, nessun’altra conoscenza alternativa, al più un diverso stato perché relativo al loro stato. Un altro stato di discernimento sul bene è lontananza da quello del Principio.

Ogni stato di differenza dal Principio del bene è l’intrinseco dolore che porta all’errore. Essendo differenza dal Principio (e, dunque, lontananza tanto quanto vi é differenza) l’errore é intrinsecamente contenuto anche nel solo stato di ignoranza circa la conoscenza del Principio. I primevi potevano non avere il loro stato di ignoranza circa la conoscenza del Principio? No! Se avessero potuto conoscere il Principio come il Principio conosce sé stesso, nulla li avrebbe distinti dal Principio. La perdita della distinzione fra la vita del Principio e quella principiata fu il timore principe del Dio visto nella Genesi. Timore però, che presso Dio non ha alcuna ragione di essere. Ragione di essere, invece, presso l’uomo che immagina Dio secondo sé. Dal momento che ogni lontananza dal Principio è uno stato di male dovuto all’intrinseco dolore da separazione dal Bene, ne deriva che i Primevi erano nel dolore del male, anche prima della caduta in errore data dalla Tentazione subita.

Si può anche sostenere, allora, che fu il male a priori della Caduta (la lontananza dal Principio data dal loro stato di Somiglianza) che permise il male che conseguì alla Tentazione, non, la tanto vituperata Eva e l’accogliente Adamo! Se il loro errore fu a priori di ogni azione di male perché intrinseco nella stessa differenza di identità fra la loro e quella del Principio, quando iniziarono a discernere secondo sé? Sorvolando sull’irrilevanza di un come che può mutare il racconto della Genesi ma non la storia che ne é conseguita, fu quando presero coscienza della loro differenza fra il loro bene e il Bene. Quando ne presero coscienza? Non ci si scappa: fu quando sentirono (conobbero e capirono) il primo dolore. Qual é stato il primo dolore? Il primo dolore non può essere stato provocato che dalla separazione dalla vita originante. Perché fu primo il dolore e non il primo concetto di male? Perché prima della Cultura (pensiero della vita comunque concepito) fu originata la Natura: corpo della vita comunque formato. Ne consegue che il sentire viene prima del sapere, come prima di un contenuto deve esistere il debito contenitore.

Ancora ne consegue, che il primo dolore fu il contenuto che formò il contenitore che diciamo corpo a livello naturale, mente a livello culturale, e Spirito a livello vitale. Prima della conoscenza circa la loro vita, quindi, venne il sentire circa il loro corpo. Dalle definizioni attuate dal loro sentire derivò la conoscenza di sé. Con altro dire, la nascita a sé stessi. Ogni nascita é preceduta da quattro momenti.

vi è quello culturale nel quale i generanti determinano ciò che intendono attuare;

vi è quello nel quale accolgono ciò che hanno determinato di originare;

vi è quello nel quale viene agito l’atto che hanno voluto perché accolto;

vi è quello della genesi di una nuova vita e che, necessariamente, si attua per “cacciata” da un “ventre”.

Immaginando ventre (la vita del Principio) si può anche immaginare che “cacciò” la vita a sua somiglianza dal paradiso che è l’assoluta completezza dell’Essere come una partoriente, necessariamente caccia quanto che deve far nascere. Secondo questa visione delle cose, al principio non ci fu nessun Principio con fragole da vendicativa giustizia per disobbedienza ricevuta, bensì un Principio (comunque lo si immagini o lo si pensi, che il punto non è questo) che, essendo vita, non poteva far altro che “partorire” sé stessa. Perché non poteva altro, ad esempio, rimanere Principio? A mio vedere, perché un Principio che non attua i suoi principi, perde il senso del suo essere in vita; e se il senso del suo essere in vita è “sono vita” (e, quindi, Verbo e Parola) quei due principi non può non dare. Amore è corrispondenza di stati. A maggior corrispondenza, maggior amore. Ad assoluta corrispondenza, assoluto amore. Ammesso nel principio lo stato di Assoluto ne consegue che è amore assoluto. Un amore assoluto può provare solamente quello che in assoluto é!

Un amore assoluto può negare un desiderio di conoscenza? Se non lo può negare se non negandosi come amore assoluto, neanche fu possibile alcuna disubbidienza! La presenza dell’ira tremenda verso i concepiti, perché “caduti” a causa della volontà di conoscere secondo sé, quindi, non ha alcun senso. Tanto meno ha senso il cosiddetto “peccato originale”. Non ha senso, appunto perché al principio e presso il Principio non c’é e mai c’é stata alcun genere di colpa. Ha senso, invece, tanto quanto consideriamo “peccato originale” ogni vita in nascere e in divenire. Questo, però, é l’errore che commette chi considera la vita “una valle di lacrime” che non varrebbe la pena di vivere perché più dolorosa che gioiosa. Questo genere di pessimismo è dimostrato dalle opere (quando non dalla vita) dei “mistici” che per poter meglio salire con la mente verso i principi del principio, negano alla loro Natura di poter compensare con le gioie del corpo i dolori che tutti patiamo per erronea Cultura. Lo fanno perché è l’unico mezzo che permette l’ascensione ai loro Cieli? Alla vita non risulta! Tanto meno al Paracleto!

ps. Vista dalla ragione, la Genesi biblica non sta in piedi da nessuna parte. Ciò che non dice alla ragione, però, continua a dire all’emozione, e l’emozione è la parola della vita che dice la stessa. All’emozione degli autori della Genesi, quindi, accosterò la mia ma senza alcuna pretesa di sovrapposizione. Diversamente da chi crede nella Genesi biblica, io non ho alcuna pretesa di verità. Dico solo quello che, secondo la mia emozione, pare più vero. In cotanto genere di scienza si impiega un attimo a perdere il filo del discorso. Succede a me, figuriamoci ad un lettore. Non volermene, quindi, se mi vedo costretto a ripetere il già detto. Ho rivisto questa stesura nell’Aprile 2020. Non credo sia la  definitiva. Fra stesura e stesura sento il bisogno di riprendere fiato. Qualche volta l’ho ripreso subito, qualche volta dopo qualche anno, qualche volta dopo decenni, e qualche volta lascio tutto come sta perché giungo a non poterne più! Tieni presente che non ho studiato e che neanche sono uno studioso. Scrivo, quindi, perché dico la mia.

DENTRO FUORI OLTRE