Solo per cercare luce

Ambasciata d’Israele in Roma – A chi d’interesse. (Non ricordo se gliel’ho spedito o se non ho potuto per impossibilità di contatto. Mah!)

OGNI PROMESSA E’ NELLE PREMESSE

Cortese signore: essendo il principio assoluto della vita, lo Spirito divino non può concepire nulla di diverso da Sé. Per quello che assolutamente è, quindi, lo Spirito divino può promettere solamente il principio del Suo stesso principio, cioè, la vita. In quanto non appartenente all’assoluta condizione della Sua vita, non può promettere, pertanto, nessun’altra “terra”.

Al più, lo può uno spirito biblico, ma il male sa fingere il bene, molto bene tanto quanto è male. Dal che ne consegue che può essere maggiore, dove maggiore è la rivelazione. Quale credito possiede una promessa, se per quanto sostengo sul male, potrebbe non averlo il promettente?

Con la differenziazione fra spirito divino e spirito biblico non intendo dire che lo spirito biblico non sia divino, o non possieda stato di divinità. Intendo dire, invece, che lo Spirito del Principio non può scendere dalla sommità della vita a quella di un monte, se non calando sé stesso in un altro stato della vita, ma, pur con tutto quello che può, neanche il Principio, può collocare diversamente il Suo principio. Perché mosso da altra condizione, (e per tale condizione, messo), se lo potesse, non sarebbe sovrano e neanche assoluto.

Lo stato elettivo di Israele nasce dallo stato dell’Alleanza con lo Spirito del Principio. Pertanto, dove vi è il Suo principio, (la vita), in ogni terra esso è. Per tale genere di universale avallo, si può dire, allora ed ancora, che vi è Israele dove vi è alleanza di vita fra il principio divino e quello umano.

La parola è l’emozione della vita che dice sé stessa. Se così è nella vita a somiglianza del Principio, così non può non essere, nella vita dello stesso Principio. Ciò che differenzia Parola da parola non è una diversa emozione, bensì, il diverso stato: supremo nel Principio, relativo al nostro stato di vita nel nostro principio.

La parola umana che si rapporta con la Parola divina non necessita di specifici luoghi. Necessita, bensì, di specifica vita. Poiché la Parola del Principio, (vita), è promessa che non è mai mancata ad Israele, (non confondiamo la vita che noi facciamo mancare, dalla vita che il Principio non può far mancare se non mancando nel Suo principio), si può dire che vi è esodo dalla Vita promessa, solo se Israele si separa dal principio del Principio, (la vita), non, se viene separato dalla culla dei suoi natali, o allontanato dalla casa dei suoi intenti.

Ogni esodo è fonte di dolore. Il dolore è male naturale e spirituale da errore culturale. Nel dolore subito, (come procurato), pertanto, non può esservi ragione umana, e tanto meno divina. Il dolore, tuttavia, a suo modo ci è maestro di verità. Nella strada verso il bene divino ed umano, infatti, ci indica quando non vi è corrispondente incontro fra via, verità, e vita.

Per via intendo il corpo della vita; per verità la sua cultura; per spirito, (l’umano dato il divino), la forza della vita che si origina dalla trinitario – unitaria corrispondenza fra ciò che una vita è, sa, e, non con il naso e non con l’orecchio, sente.

Alla fine di una lettera che pur non volendolo mi pare sentenziosa, mi domando per quale scopo l’ho scritta e gliela faccio avere. Mi rispondo che la necessità mi è nata dal vedere Israele, preso da ideologie, condizionanti al punto da mettere in pericolo la sua pienezza.

Quando non so più da che parte girarmi per sciogliere i miei nodi sono uso tornare al principio della mia matassa. Così, per il bisogno di liberare Israele dai suoi aggrovigliati frangenti, sono tornato al Principio della sua. L’ho fatto, non di certo perché dubito del Principio di ogni matassa; e non di certo per gettare colpe su chi può aver aggrovigliato i Suoi principi. L’ho fatto solo per cercare luce.

Le porgo i miei rispetti ed i miei saluti.

DENTRO FUORI OLTRE