Alla Signora N. S.


Ho scritto di getto il testo che le invio dopo aver letto la sua intervista su “la Repubblica” del giorno 04/09/05. Al momento è una poesia d’amore (o qualcosa del genere) ma se sapessi farne una canzone la titolerei: Lasciami così, ancora. Con i miei più cordiali saluti, Vitaliano.

Non contare il tempo. Non dirmi: è l’ora. Lasciami così, ancora.

Lasciami lunare, astro solare, cometa passare, stella brillare, senza tracce, senza facce. Lasciami cielo, lasciami mare, lasciami decantare,
ma, non contare il tempo, non dirmi è l’ora. Lasciami così, ancora.

Lascia che sia sulle maree, sulle foglie, sulle azalee, come neve non banale, come luce boreale, come amore che vale, come età che non pesa sulle ali, come acqua nei canali, ma non contare il tempo, non dirmi è l’ora. Lasciami così, ancora.

Lascia che sia le tue sere. Nell’alba non mancare. Lasciami sussurrare, scivolare, sollevare, anelare, palpitare, e, forse, invocare, ma non contare il tempo, non dirmi è l’ora.
Lasciami così, ancora.

DEI TEMPI CHE FURONO