Alla Cortese Attenzione della Dott.ssa S. – Assistente Sociale
Cortese signora: questa lettera ha una versione breve (e per me insufficiente)) e una sufficiente ma lunga. Mi rendo ben conto che potrebbe non avere il tempo di leggerla subito ma per quanto mi riguarda può farlo quando crede. Non le chiedo e non mi aspetto risposte.
VERSIONE BREVE
La mia mente può sopportare quintali di opinioni contrarie ma il mio cuore no. Le chiedo, pertanto, di sospendere i servizi della C. almeno sino a quando sarò troppo in la per badarci.
VERSIONE SUFFICIENTE
Per presentare il sevizio della pia opera a suo tempo erano venute quattro persone: un responsabile, una responsabile, un’operaia, e una giovane che ha fatto la parte dell’invitato di pietra perché nessuno si è sognato di presentarmela. Si noti: a casa mia, non dispensati dal dovere perché a casa loro! Il giorno prima, la responsabile si è presentata con le funzioni di sua vicaria. Come non bastasse quello che a me è apparso un accredito mai sentito fra non papi e non papesse mi disse (non appena entrata in casa e senza guardarmi in faccia) che “se volevo delle pulizie dovevo pagarmele perché le loro incaricate sono assistenti domiciliari!” Visto che le “sue” assistenti domiciliari fanno più o meno bene quello che facevano le ignorate da altri titolanti accrediti continuo a non vedere dove sia la differenza. Tanto più perché a me interessa la sostanza delle cose, non la forma. La forma delle cose la lascio agli imbonitori. Vedo invece (o meglio, ho visto) che vi è stata dell’arroganza subita da un debole per età e con la mente pronta solo quando non necessaria, purtroppo. Stia certa che se avessi avuto la mente pronta a quella signora avrei indicato la porta anche se non prima di averle detto che se il tono di quell’arrogante chiarimento è parte della sua pia professionalità, della sua Ditta le avrei lasciato anche il resto: subito!
Ho imparato e continuato a lavorare per decenni quando ti ritrovavi disoccupato se deviavi dai compiti anche per una sola alzata di sopracciglio! Come supporto all’assenza di ogni possibilità di tutela sindacale ci metta pure che l’ho fatto in anni di decennale miserie. Ora, mi rendo ben conto che (razionalmente parlando) i tempi di Eulalia Torricelli sono passati e che quindi sono passati i modi di intendere il lavoro. I Servizi Sociali, però, dovrebbe rendersi ben conto che l’avvenuta mutazione dei modi ha capovolto l’animo dei prestatori d’opera: ora, al centro dei contratti assistenziali, l’Assistito c’è di forma ma non di fatto. Di forma e di fatto, prima vengono le condizioni contrattuali fissate dalla Ditta e poi viene l’Assistito. Posto in condizioni che per contratto finiscono per toglierli l’animo cosa può fare un Assistito? Nulla perché sa bene di essere un potere bai passabile in quanto a termine. Non per questo lasciato senza un tetto e senza leggi, ovviamente! Almeno sino a quando i Carabinieri provano il contrario.
Il titolo di Pia indora un’Opera con i sensi di accoglienza, amorevolezza, gratuità, solidarietà, di umana disponibilità, ecc. ecc. Che lo sia stata ai tempi dei Fondatori non dubito. A causa di motivi dipendenti o non dipendenti dall’Opera, però, ora agisce come agiscono tutte le Ditte, ma lo stesso, a fronte di così tanti e storici evocativi di bene, un Assistito non può non sentirsi obbligato alla remissività psicologica che spiritualmente si manifesta quando un opera ricevuta pare maggiore e non opinabile non tanto perché lo sia o non lo sia ma perché lo fa intendere l’attributo di Pia: plus valore da marcia in più che altre Ditte non possono vantare non tanto perché la C. se ne serve per maggiorare delle contrattuali opzioni ma per quanto di implicito vi è nei significati di Pia e nei corrispondenti simbolismi: significati e simbolismi che anche se non volentemente usati comunque condizionano il pensiero a proprio favore. Ciò che sarebbe più che lecito in una Associazione di volontariato culturalmente cristiana, in una Ditta, invece, rischia di essere opinabile. A livello appalti poi, emozionalmente favorita perché, per un Ente sociale e/o politico, di maggior utilità per il maggior segno pubblico che offre.
E’ vero che un Assistito non paga la Ditta che l’Assiste ma è anche vero che se un Assistito fa cessare il servizio, chi paga la Ditta non la paga più. L’Assistito, quindi, rimane pur sempre un diversamente pagatore. L’attitudine a dimenticarlo è fra le questioni che permettono ai dipendenti delle Ditte (quando non alle Ditte) delle multiformi leggerezze (quando non trascuratezze) appunto perché no l’è miga lu chel me paga. L’opinione di un anziano, poi, può essere facilmente annullata perché, el se perde sempre. Dice che mi sto proprio sbagliando? E se mi sto sbagliando, come mai nei lavori richiesti a Ditte private non ho mai rilevato quanto sto rilevando nelle Cooperative per Anziani che sinora mi hanno assistito? Non succede nelle Ditte private perché controllano l’operaio. Succede nelle cooperative sociali perché non controllano l’operaio. Delle quattro che mi hanno assistito, infatti, non l’ha fatto nessuna! Non lo fanno (si dicono) perché i loro dipendenti sono preparati e si fidano. Sarà anche vero ma il più delle volte ho avuto modo di constatare che non lo fanno perché se lo facessero dovrebbero provvedere, o preparando meglio l’operaio, oppure, nei casi irrecuperabili, licenziandolo: ma operai non se ne trovano. Se si trovano i responsabili non hanno il tempo (dicono) di verificare l’operato e se ci provano c’è il rischio che l’operaio stressato dal controllo si metta in malattia o si licenzi che tanto una cooperativa si trova sempre. Guaio è che se un’operaio/a si mette in malattia va il crisi tutta l’assistenza oppure cade sulle spalle dei mai bastanti che restano. Da questo girone da cane che si morde la coda escludo la C. Al momento, infatti, in questa ditta non ho constatato quanto esperienzialmente sostengo sulle altre.
Ulteriore guaio, è che, tendendo alla verità (mia o non mia fa lo stesso) solo dopo averla detta a chi la devo posso accettare la remissione dei valori che mi si devono come Utente socialmente confermato, non, perché personalmente piaccio o non piaccio. La ricerca di verità e la conseguente remissività, però, agiscono delle emozioni che devo calmierare: di tutto necessito ma non di questo genere di assillo! Mi si dirà: ma, caro Vitaliano, non ci sono operai a misura di cuore come neanche lo è stato lei molto probabilmente!? Vero, ma il problema in discorso non sono io come neanche intendo farlo diventare ad altri.
Vorrei dirle adesso un qualcosina su “Assistenti domiciliari”. Sulla prima preferisco stendere un pio velo. Elisabetta, invece (quella di adesso) è dinamica e veloce. Mi ricorda la signora che in una pubblicità diceva faccio questo e quello ma non pulisco il water! Per water intendendo dire “non faccio più di quello che sono tenuta a fare. Su questo, però, non ho mai posto problemi. Il problema è un altro! Caratterialmente parlando, Elisabetta è una perfezionista! Il perfezionismo è il gesso che tiene in forma (ma nel contempo nasconde) le incrinature della mente che è stata battuta (come anche teme di esserlo) per delle insufficienze (e/o con delle insufficienze) reali o temute che siano. Del perfezionismo, quindi, si può dire che è la cura per chi necessita quel genere di esistenziale e mentale riparazione dell’Essere. Il perfezionismo, però, ha un pesante effetto collaterale. Si emana, quell’effetto, dal perfezionista che si serve della sua cura per curare tutto quello che (a sua irrefrenabile quanto inconsapevole opinione) necessita del suo stesso sistema curativo: un mai bastante perfezionamento delle cose. L’emanazione curativa del pensiero perfezionista travalica ogni altra opinione. Per un perfezionista, infatti, tutto è da perfezionare: secondo sé, ovviamente.
Ho fatto presente la questione ad Elisabetta. Mi disse di saperlo e che in anni passati lo è stata ben peggio. L’avevo detto a Elisabette con la speranza di attenuarglielo, ma è più forte di lei! Questa mattina (con il petto appesantito già da ieri pomeriggio) non stavo bene già di mio! Così di fronte alla mancata accoglienza della mia volontà ho perso la pazienza! Se mentalmente parlando sono ancora in grado di capire e giustificare quelle invasioni di forza su forza, cardiologicamente parlando non lo sono più. A maggior ragione perché si sono ripetute in altri casi Superato il terzo, una quarto caso non lo consentirò: non me lo posso permettere. Ritirato l’Isee dai sindacati avremmo avuto tempo anche per far la spesa ma ho dovuto attuare le mie difese: escludere dalla mia presenza chi (tanto o poco) l’ha fatta patire inutilmente. Scelta che si è rivelata ottimale, devo dire, visto che il peso sul petto è pressoché sparito non appena entrato in casa. Non escludo una possibilità: il perfezionista potrei essere io o quanto meno anch’io. Come insegna la matematica non cambia il risultato se si cambiano i fattori, e come si insegna nei corsi da elettricista, quando si collega un filo positivo con un altro positivo salta l’impianto. Dicendomi certo che lei ha orecchie per intendere la lascio con i miei più cordiali saluti.
ANDANDO PER SCALINI