Babele

Nei miei pensieri gira da mesi una parola: Babele. Simbolicamente parlando, Babele è il luogo della condanna che subisce chi, per fame di potere, orgoglio, vanità, (ecc.) osa innalzare la sua vita oltre sé. Chi dice il segno dell’eccessivo innalzamento è la confusione mentale e spirituale, nota, appunto, col nome di babilonia. Chi, in babilonia, oggi? Direi la politica quando si fa potere. Direi la medicina (e/o scienza) quando si fa perseguitante. Direi la religione quando l’ortodossia finisce col motivare delle alterne ricerche di Dio, o quando, per difendere il nostro animo dalle sue pretese, ci costringe a recitare una parte, cioè, ad essere ipocriti. L’ortodossia definisce le personalizzate ricerche di Dio come religioni fai da te. Definisce relativismo etico la difesa dell’animo che si rifiuta di portare dei gravi che essa gli reca oltre misura. Non si rende conto l’ortodossia, che alterna ricerca e relativismo etico, altro non sono, che la babilonia spirituale che origina, ogni qual volta predica dalla cima della Babele di parole che usa per avvicinarsi al cielo in cui crede ci sia Dio. Secondo Cristo, Dio è il Padre, quindi, fondamento di vita. Ciò che è fondamento non sta sulla cima della realtà dell’IO in Babele, bensì, alla base. Il Padre, quindi, sta nella vita, non, in cima alle nostre torri Con questo non voglio dire che l’ortodossia non abbia ad insegnare quello che crede giusto. Intendo dire, bensì, che deve farlo come “clemente e misericordiosa” compagna, non, come uno spirito, che, bontà sua e tante grazie se gli va, qualche volta rinuncia ad essere un babilonico con_dominio.

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