Mio caro, non sono in grado di sapere cosa e/o quanto conosci sugli argomenti che avendo tempo e comodo ti invito a leggere, così, per non trascurare qualcosa mi vedo costretto ad agire come se ti conducessi per mano. In tutti i miei scritti non offro risposte: offro domande. Le risposte, ognuno deve trovarle da sé. Tieni presente che mi esprimo in modo metaforico, carsico, e che sto andando a ruota libera. Nell’immediato ti risulterà disorientante. Ciao, Vitaliano.
Ogni culturale superamento della forza naturalmente raggiunta implica delle necessità di lotta, sia quando la si impone su di sé, sia quando la si impone su altro/i da sé. Da quanto mi risulta l’hai attuata (in ragione di motivazioni consce o no, e/o con te stesso, e/o, al caso, contro te stesso)
servendoti di ciò che favorisce lo sviluppo del corpo;
servendoti del pensiero che ti ha portato a farti fotografare con l’animale feroce;
servendoti del non poco sfidante genere di lavoro.
Il bisogno di maggioranti sfide che permettono il raggiungimento di una maggiorata meta, implica che alla base vi sia una considerazione di sé, in dissidio fra reale (ciò che prevalentemente è una persona) e ideale: ciò che in prevalenza aspira ad essere. Nasce il bisogno di farsi attivi guerrieri quando vi sono e/o si avvertono delle forze ostili. Ve ne sono di consce, e/o di inconsce; di soggettive e/o di oggettive; reali e/o immaginate e/o solo temute, ecc, ecc. Così per i fronti: vuoi interni, vuoi esterni il guerriero. I fronti che dipendono da realtà esterne (società micro e/o macro) sono “facili” da appurare. Non così per i fronti interni. Nell’interno del guerriero, è fronte prevalente il timore di riconoscersi come un qualsiasi (dal punto di vista dell’amor proprio e/o della vanità) e, sotto l’aspetto della virilità, un non potente dal punto di vista dell’amor proprio e/o della vanità.
“Qualsiasi” e “Non potente” sono definizioni assolute. In questo, se da un lato possono essere giuste, dall’altro possono essere anche non giuste, perché vita, è stato di infiniti stati, e quindi, definibile solo per convenzione. Ci sono lotte casuali (e casuali lottatori) e lotte, che i tatuaggi fanno intendere orlate e/o ornate (in presenza di orgoglio e/o vanità propria e/o tribale) come pure tramate e/o con trame in presenza di volontà di potere proprio e/o tribale. Diventa guerriero con trame e/o tramato, chi è parte di una lotta pianificata da fini di conquista: vuoi per il raggiungimento e/o superamento di sé, vuoi per il raggiungimento e/o il superamento di fini collettivi. Il timore alla vista dei guerrieri trova origine nella paura del più forte. Può anche essere, però, che sia perché ogni spirito guerriero, ha, nonostante la forza del suo spirito, un destino segnato. Ora, è stata la loro immagine di spiriti guerrieri, ciò che ha mosso la tua paura, o è stata l’immagine di un destino segnato da lotte?
Di chi? Tue e/o di altri a te prossimi o no? Dalla vista dei “morti”, o dalla vista della “morte”? Nel guerriero, il sacrificio della vita (totale e/o parziale) è intrinseco destino di chi si offre come capro sull’ara di più elevati intenti. Nei tuoi più reconditi pensieri ci può essere e/o c’è stata anche in te un’analoga disposizione verso l’animo capro? Ipotesi sia, su quale ara avresti pensato di far salire a maggior cieli la tua vitalità, e per chi, il sacrificio del capro? Per l’insieme delle supposizioni si può pensare che quelle presenze potrebbero essere lo specchio di quello che (coscientemente o no) è il tuo spirito: un pianificato guerriero tribale (secondo i fini detti) provato, su vari fronti (interni come esterni, famigliari e/o sociali) da destini di lotta. E’ lutto, il senso dell’abbandono che proviamo quando sentiamo calare la forza del nostro spirito. A quella prova non sfugge nessuno. Non sfuggì neanche chi ebbe a dire: “Padre, Padre, perché mi hai abbandonato?”
Il senso dell’abbandono provoca stati di prostrazione: “atto di chi si prostra per manifestare sottomissione.” Sottomissione nei confronti di chi e/o cosa? Dell’umano destino, o di spiritica volontà? Quando non è violentemente imposta, la sottomissione è possibile se vi è accettazione. L’accettazione è permessa se vi è volontà accogliente. Ora, nei casi di spiritismo passivo (nei sensi di non voluto e/o cercato) quanto la nostra identità può dirsi sovrana? Direi, tanto quanto il nostro spirito non è condizionato da altro spirito. Cosa conferma che il nostro spirito non è suddito di altro spirito? Lo conferma l’assenza di ogni manifestazione spiritica e/o medianica, o, se vi sono state, la cessazione. Dove vi è continuità medianica, non può non esservi che il proseguo della sottomissione nella Natura, per accettazione di altra Cultura, data l’accoglienza (nel nostro spirito) della maggior forza di un altro spirito.
Dove, fra spirito sottomettente e forza sottomessa (cosciente o no, volente o no che sia) vi è conflitto fra volontà, vi è un guadagno di forza dello spirito che l’impone, (spirito umano o no che sia) è un’usura di forza di chi (spirito umano o no che sia) la subisce. Può essere, un’usura così motivata, l’origine della debolezza che senti? L’inspiegabile aumento della tua muscolatura può essere un “dono” ausiliare della forza spiritica che usa la tua come tramite della sua volontà di vita? L’ipotesi non è da escludere. Guaio è, purtroppo, che se da un lato quel dono ti regge lo spirito, dall’altro regge il proseguo della sottomissione e della conseguente usura. Ipotesi sia, lo possiamo dire dono gratuito, l’aumento della muscolatura? Direi proprio di no se ti è concesso da uno spirito parassita. Può considerarsi gratuito, invece, se ti viene donato da uno spirito che, pur influendo con il tuo spirito, non condiziona la tua vita perché in alcun modo manifesta la sua.
Siamo in grado di verificare chi sia il soggetto e/o i soggetti donanti per scopi di dominio, o chi sia chi non pratica quell’intento? Il male (così come l’errore) sa fingere il bene, molto bene tanto quanto è male. Ne consegue che il male può essere maggiore dove maggiore la rivelazione. Ad affermazione data, ne consegue che non siamo in grado di capirlo, quindi, per quale fiducia accettiamo caramelle da sconosciuti? E per quale fiducia le “perline”; notorio tramite d’induzione a sottomissione? E’ un grossissimo errore credere che le possibilità medianiche siano doni dello Spirito. Lo Spirito, essendo un assoluto, non può dare che un dono assoluto, ed essendo assoluta forza della vita, quella da in assoluto. Ogni altra “mela” è dono degli spiriti che diciamo “bassi” e/o “alti” secondo le idee che in molti modi ci comunicano tramite le molte forme della medianità: “bassa” e/o alta”, tanto quanto reputiamo basse e/o elevate le manifestazioni della medianità.
Come lo Spirito concede un solo dono (la vita) così concede un solo carisma: la coscienza delle sua esistenza. La corrispondenza fra spiriti ulteriori e il nostro, avviene in ragione dell’affinità di spirito. Per quanto ben intenzionato e diretto verso il bene, il vero, e il giusto, nel nostro spirito, comunque ci sono delle zone dove alberga l’errore quando non il male. Ne consegue impossibile, quindi, che noi si sia in corrispondenza di forza con spiriti senza le stesse zone. Lo spirito umano che ignora questo è quanto meno incauto quando non sciocco; e se per gli incauti e/o sciocchi, comunque vale la candela, con quella, prima o poi si scotteranno. La medianità, infatti, è una prova (della vita) che prova la vita che ci prova, in ambo gli stati in corrispondenza. Vero è, che tutti siamo vie che portano a capire la vita. Per quanto mi riguarda, quindi, ad ognuno la sua strada.
Tanto più, perché nessuno usufruirà dei guadagni spirituali di altri, come nessuno pagherà le perdite spirituali di altri. Ammessa la premessa, la materia che si anima per la forza dello spirito animante, assume il corpo dato dalla forza della sua vitalità. Per l’insieme di qualità e quantità, la forza immessa nel corpo forma l’immagine del corpo ottenuto. Poiché non vi è qualità e quantità di forza come un’altra, nessun corpo contenitore risulta come un altro. Alla fine della nostra esistenza fisica, la nostra forza (il nostro spirito) torna allo Spirito. Con altro dire, la vita particolare torna all’universale. Al ritorno, si pone prossimo o non prossimo allo Spirito, in ragione dello stato del suo spirito. Se 5, ad esempio, nello Spirito si collocherà fra gli stati di analogo valore: così per infiniti stati ed esempi. Sia in questo stato della vita che nell’ulteriore, l’immagine di quello che uno spirito sente della sua forza, forma e conforma l’identità spiritica maggiormente raggiunta.
Poiché vita, è stato di infiniti stati che si originano dalla corrispondenza fra tutti i suoi stati, la trinitaria unione in un unico stato non è possibile a nessun spirito. Solo il Principio di ogni principio della vita è l’assoluta unità della sua trinità. Fra lo spirito 4 che in questa vita tua nonna poteva essere, e il 5 che si ritrova ad essere (magari il tre) comunque vi sono stati di infiniti stati di spirito. Così, ciò che di tua nonna appare è una commistione di forza fra ciò che prevalentemente era e ciò che di prevalenza è. Se tu la vedi eguale, ciò significa che anche il suo spirito è rimasto eguale. Gli spiriti che ci appaiono eguali a ciò che erano, provengono dal limbo spirituale di chi (nolente e/o volente, cosciente o meno) sosta lo sviluppo del suo stato. Non per questo gli spiriti in quel limbo sono contrari ai principi della vita: il bene, il vero, il giusto.
Lo diventano, però, tanto quanto si fanno tramiti, nel nostro stato di vita, di proprie necessità, comunque motivate. Se le conferme delle necessità giungono a fissare un arbitrio, i soggetti in corrispondenza lo fissano (nondimeno si fissano) in mediun fra questa e quella realtà. Da questo loro e nostro stare fra mondi si originano le nostre possibilità medianiche. Ci liberiamo dalla dipendenza da spiritismo, tornando a corrispondere con la vita, solo per mezzo del nostro spirito. Per quanto offerto dalla medianità, il nostro spirito può essere portato a sentire una sorta di immiserimento della sua forza. Quanto sia erroneo crederlo, lo seppe bene chi ha detto e/o scritto “Beati i poveri di spirito”. Solamente chi si ritrova gravato da forze non proprie, (come futilmente fortificato in diversi casi) può giungere a quella constatazione. Se ti riconosci (in molti modi, stati, e/o casi) dipendente da quei doni, è per tua volontà o per volontà indotta? L’amore, è comunione.
Una comunione fra spiriti di limitata coscienza da limitata conoscenza, quanto può dirsi amore? E in quell’amore, quanto può essere escluso l’errore? Se un amore fissa e fa fissare in medium una vita (vuoi umana come non umana) quanto e perché è doveroso accettarlo? O è amore il porre necessaria separazione perché è necessario che il cammino di ogni spirito possa proseguire per propria coscienza, data la propria conoscenza? Le intrusione degli spiriti sono possibili, quando l’unità dell’identità è scissa dal suo bene, dal suo vero, dal suo giusto. Tanto quanto le preghiere e/o i riti (anche i non religiosi) riescono a ricomporre un sé schizofrenico (non necessariamente in senso psichiatrico) e tanto quanto fermano le forze estranee alla data identità. Dove un’identità non è conformata e confermata, è possibile che nella forza di spirito nello spirito influito avvenga della regressione, tanto quanto uno spirito interferente non contribuisce a stabilizzare nel nostro spirito, i principi che permettono ad un dato sé di ritrovare sé stesso.
DENTRO FUORI OLTRE