Dice la ministro Carfagna: alla base dei soprusi c’è una concezione dove la donna è un oggetto da possedere, da trattenere, da bistrattare, a cui si nega la dignità dei diritti, la libertà di essere quello che è, quello che desidera o vuole diventare. Si, questo è proprio il tipico ritratto della virilità da gallo del pollaio. Dell’amante cioè, che nel rapporto con la donna, all’aspetto esistenziale privilegia la conquista di un piacere che in ragione dello stato passionale può diventare una voglia di dominio su “l’oggetto” che lo procura. Su quel dominio gli uomini fondano le conferme della loro forza, del senso dell’esistenza, della fiducia nella vita. Un crollo totale di quei fondamenti può diventare un lutto che non risparmia nessuna parte di un essere. Può diventare causa un conflitto emotivo, implosivo quanto esplosivo. Nel primo caso può radere interiormente le convinzioni dello stesso soggetto e nel secondo radere la figura causante il suo lutto. Mi si dirà: che ne sai tu che non sei mai stato sposato! Vero, ma i lutti in amore mica chiedono il certificato di matrimonio per accadere. Basta amare e sentirsi messi da parte. La misura del lutto corrisponde alla misura dell’esclusione patita. Nei casi di maggior patimento quasi mai l’ultima parola c’è l’ha chi esclude. Si, tutti i generi di matrimonio contengono faccende potenzialmente mortali. Lo diventano tanto quanto sono agiti fuori di coscienza perché orbati dalla passione ma la passione passa e un matrimonio ai minimi termini è la fossa di ogni visione di futuro: c’è chi scappa; c’è chi non ci entra; c’è chi fa entrare.
ANDANDO PER SCALINI