RACCOLTA DAI PENSIERI
Cosa accende l’ira funesta dei pallidi Achille di oggi? Mentre tornavo a casa con l’intento di rispondere alla domanda, alla mente mi è tornata l’affermazione detta da una presenza durante una seduta medianica: gli antichi erano più saggi. Avendo l’ira come soggetto del discorso, ad antica ira sono tornato, trovandola come tutti sappiamo nell’Iliade (avevo scritto Eneide! Per fortuna c’è la Wiki!) dove si racconta il dissidio fra Agamennone e Achille. Per quanto intendo sostenere, riservo a Briseide la funzione di strumento del fato. Agamennone: sovrano, quindi principio di ogni principio, quindi, padre di ogni cosa, legge, o forza che si principia dalla sua volontà. Di Achille, invece, possiamo dire che, sovranità a parte, è immagine a somiglianza di Agamennone in quanto, degli attributi di potere del sovrano, ne possiede solo la valenza soggettiva, quindi, suddita rispetto a quella di Agamennone che è di ordine sociale.
Nel pieno possesso dei suoi diritti di sovrano, Agamennone si prende Briseide. Non mi sta per niente bene, dice l’Achille, e ti combina il casino che sappiamo. Lo fece per mera gelosia? No, direi proprio di no. Lo fece invece, perché non accettò di essere (sia agli occhi di Agamennone, che a quelli di Briside, che ai suoi) il defenestrato sovrano dei suoi principi e di quanto ne deriva. Pare che Achille fosse guerriero sufficiente ad uccidere Agamennone. Non lo fece perché regicidio; non tanto dell’uomo, ma del ben più importante titolo che ha investito l’uomo: la sovranità. Ad attentare la sovranità dell’uomo, si può dire che iniziò Santippe battibeccando con Socrate. Con Santippe e Socrate, allora, di può dire che iniziò l’era della sovranità dalla ragione variabile, nel senso di ora di uno/a, ora dell’altro/a fra gli aderenti al contratto matrimoniale.
Il che, in genere, succede anche fra i Socrate e le Santippe di oggi con passabile percentuale di riuscite visto che la strage generale fra coniugi non è ancora successa. Al più, vi è strage di sentimenti, di stima, di motivazioni, ecc, ecc. Vista la paritaria sovranità nel regno casalingo – legale del re e della regina, perché, il re sovrano giunge ad uccidere la sua sovrana? A domanda mi rispondo: perché la sovrana, sempre a mio vedere, si riappropria della sovranità di sé, e rifiutandosi di rimetterla in comune, opera un colpo di stato (nei caso di assolutismo da parte del maschio) o un colpo (più o meno basso) allo stato dell’uomo nel caso in cui il maschio sia tendenzialmente dialettico con la controparte. A proposito di colpi allo stato, i matrimoni sono pieni di ecchimosi. A proposito di colpi di stato, il matrimonio sta diventando un pre cimitero. Il guaio è, che l’era della sovranità della ragione variabile, è cintata dalla formula: sino a che morte non vi separi. La formula poteva ben reggersi quando la religione ed il principato possedevano l’animo del cittadino_pecorella pressoché totalmente. Che lo vogliano o no, che lo dimostrino o no, non è più così.
Ora, anche il principato e la religione sono parte del giro: di fatto quando non de iure. La rigidità della formula è dovuta alla mancanza di chiare e legittimate valvole di sfogo. Non è che non esistono; è che per goderle bisogna uscire dal seminato matrimoniale e/o sociale. A chi non lo fa, scoppia la mente come scoppia la pentola a pressione quando ha la valvola bloccata. Possibile, c’è di che chiedersi, che con le costosissime possibilità di separazione previste dal principato e mugugnando accettate dalla religione, il sovrano debba arrivare all’estrema difesa della sua condizione di principe e di principio di vita uccidendo la donna? Si, direi che è possibile perché se esistono degli Ulisse, (conta balle ma gravitante con la vita e nella vita nella donna) anche vi sono degli Achille: maschi con l’ego nei muscoli più che nel cervello. Di quelli l’elementare algebra: quello che sono è perché tu sei, quindi, non posso accettare che tu non ci sia, perché dovrei accettare che io non sono. Si, va bé, ma, il cuore, Vitaliano, dove lo metti il cuore?
Ho scritto ancora diverso tempo fa, della preoccupazione che mi colpiva ogni volta vedevo amanti in età da terza media. A questi amanti, chi insegna che il piacere sessuale non dura sino a che morte li separi. Non dura neanche nei grandi amanti, quelli cioè, che, dallo scantinato dove sta la passione, sono riusciti a farla salire ai piani alti della casa! L’idea che possa succedere a tredici anni è semplicemente ridicola. Ora, se questi amanti da terza media consumano precocemente il piacere, che gli resterà a venti, trenta, quaranta e via enumerando? Gli resterà, o la nullificazione del piacere, oppure, la ricerca di un rinnovato piacere nella rinnovante ricerca di altri e/o altre partner. Nella ricerca appena detta e attuata per consunzione del piacere, quanto, i collegati nella ricerca si considereranno persone visto che una persona amante può dirsi tale se ambedue le parti collocano della fiducia (se non proprio della fede) nel genere di rapporto che stanno erigendo? Se questo non c’è, ambedue gli amanti non possono non diventare una sorta di oggetti a reciproca disposizione, e quindi, cose. Ci si può domandare, allora, l’uomo che uccide, cosa cassa dal regno delle sue ragioni? Una regina? Una femmina? Una donna? Una cosa? L’insieme delle cose? Visto l’aumento degli omicidi, sono propenso a credere che il maschio offeso nella sua regalità uccida, benché considerata sua, una cosa. Nessun maschio e uomo ucciderebbe la Persona sua, così come Achille non uccise Agamennone perché principio sovrano.