Al post per Francesco che segue ho reso premessa un commento ricevuto da Luisa Ruggio: Lady L. per gli amici. Anche se riletta più volte riesce ancora a scuotere la mia emozione come la prima volta. Devo ammettere che è lo stesso anche per il commento che ho scritto anni che furono. Temo la presenza della contraddizione nel mio pensiero ma non riesco a capire dove sia. Questa mancanza succede quando si porta la mente al confine.
Caro Francesco: mi cade tutto l’ambaradan del ragionamento che segue se prima non colloco questa citazione.
“Uomini senza fede hanno avuto comunque bisogno di immensità al limite delle loro risorse, nell’azzardo provvisorio della natura umana che lascia qualcosa di inesaudito. Il salmo 78 racconta di Dio che conduce Israele nel deserto “e li portò al suo confine santo” (verso 54). Sottolineare con cura: l’incontro avviene all’estremità, al confine, non al centro. Lo scambio della legge ai margini della schiavitù d’Egitto avviene nel deserto profondo ma è un viaggio compiuto solo a metà, non seppero mai se quel confine era santo. Quando nell’Eneide Virgilio scrive “spes sibi quisque” (ognuno sia speranza a se stesso) esclude la parola ebraica “tikvà ” scritta da Zaccaria (9,12) per annuncio di salvezza “Tornate alla fortezza, prigionieri della speranza.” Ma quella parola, tikvà vuol dire anche “corda” e quindi: tornate alla fortezza prigionieri della corda. Una speranza che trascina e può spezzarsi. Quando Rachele piange a Ramà i suoi figli e rifiuta ogni consolazione (geremia 31,15) Dio interviene: “Distogli la tua voce dal pianto. Con una corda (speranza) torneranno figli al loro confine (l’incontro).” Nota a margine. A piè di post. Al confine.”
In questi giorni, ho postato questa provocatoria domanda: esiste veramente lo Spirito? Nello scritto mi servo del dubbio giusto per provare una verosimile Verità. Il maiuscolo in Verità consideralo una grande speranza, non, ovviamente, una grande conoscenza. Tanto meno se detta da me. In cotanto senno, dico: se ammettiamo che lo Spirito sia la potenza che tutto origina e tutto pervade dobbiamo anche ammettere che nello stato naturale della vita l’opera della sua forza non conosce confini. Ciò vale solamente per questo stato della vita? Potrebbe essere come potremmo essere noi gli impossibilitati a vedere oltre i nostri confini. Non sempre è possibile raggiungere i confini. Non sempre è possibile raggiungere i confinati. Non sempre è possibile raggiungere chi, nei suoi deserti, sta al confine. Ciò che non possiamo raggiungere, però, possiamo sentire tanto quanto poniamo, al confine, lo spirito che siamo. Badino i comunque mistici, e/o comunque fondamentalisti: chi resta al Confine perde i suoi confini!
Pur avendo toccato il Confine (comunque l’abbiano potuto) non si perdono quelli che vivono i propri. “Il salmo 78 racconta di Dio che conduce Israele nel deserto “e li portò al suo confine santo”. Chi ha scritto quel Salmo vede l’azione di Dio come la può vedere un mistico. Mistico diventa chi giunge al Confine religioso e/o spirituale di quanto crede. A quel Confine non resta confinato chi percorre (e vive) i suoi deserti: luoghi con poca vita quando per nulla. Ha vissuto e conosciuto i suoi deserti quel salmista? Se al Confine ma non confinato direi di sì. Se al Confine, dalla sua fede è stato confinato, direi di no. Nello scritto odierno sostengo che lo Spirito pervade tutto e tutti con la sua forza, pertanto, è un Centro che non può avere un centro. L’antica Israele, quindi, quale Dio la portò “all’estremità”, se essendo il Centro di tutto e di tutti, non può portare che al suo centro?
Fu per non aver capito questo che i credenti dell’epoca vagarono per anni nel deserto di sé? Appunto perché non riconobbero che il Santo sta al Centro, non, a un’estremità che nel Tutto non può essere in nessun luogo, se non ammettendo che anche il luogo di tutto (la vita della Vita) ha un confine? Fu per smentire questo che Dio mandò loro una corda di speranza? “Tornate alla fortezza, prigionieri della speranza,” dice il salmista. Si dice fortezza, una struttura militare. Fortezza, però, è anche lo stato d’animo dello spirito possessore di forza. Tornare alla fortezza, quindi, è raccomandazione per chi si trova in uno stato di debolezza, vuoi naturale, vuoi di fede; ed è, quindi, invito di salvezza per ritrovata forza per dei carcerati nella speranza del loro pensiero su Dio? Si libereranno da confinanti pensieri gli odierni carcerati della loro idea di Dio in nome di Dio?
Se al confine di sé troveranno il Centro che non può stare presso nessuna estremità (tanto meno presso nessun estremismo) forse sì: purché tornino alla fortezza. Già, ma aggiungo parecchio tempo dopo. Se da un lato per fortezza si intende l’ambito che contiene la forza militare sia per manifestarla che per proteggerla, dall’altro per fortezza (poco usato per dire della persona) si intende anche lo stato della forza vitale e culturale di ogni individualità. Mi chiedo, allora, di quale corda torneranno prigionieri della speranza? Della corda offensiva e/o protettiva della fortezza o di quella offensiva e/o protettiva della forza della loro vita? E se della corda o speranza dalla forza o speranza della loro vita come liberi o ancora sotto la corda di altra fortezza e/o di altra forza?