I COLTELLI DEI CARI FRATELLI

Mi sei venuto in mente, Francesco, mentre stavo dando un senso panchinaro ad un ozio pomeridiano. Quando ozio scartabello fra i già detti e i già scritti. Ho riaperto, così, la cartella “principi della vita”. Fra i principi, ho rivisto le figure che nel nostro piano della vita sono state principianti: li chiamiamo profeti. Come sappiamo tutti, è profeta chi reca la nuova parola. Quello che generalmente non sappiamo (o meglio, non crediamo) è che tanto o poco, bene o male, tutti siamo capaci di nuova parola. Nessuno può dire con assoluta certezza che un profeta è più grande di un altro, o che alla vita é necessario uno anziché un altro: tutto è necessario alla vita. La parola è l’emozione della vita che dice sé stessa. Nessuna vita dice la sua emozione allo stesso modo e intensità, quindi, nessuna vita può essere eguale a un altra. Al più, somigliante per culturali e spirituali alleanze. Cosa fa si, allora, che vi siano figure che sfuggono alle collettive alleanze religiose, e per questo ad altre non eguali?

Può essere perché vi sono (o vi sono state) delle figure che a causa di personali depressioni hanno detto delle cose nuove sul dolore e sul modo di guarirlo? Può essere perché vi sono (o vi sono state) delle figure che a causa di personali esaltazioni e/o ideali ricerche hanno detto come seguire (in modo nuovo) quanto gli rivelavano, vuoi le esaltazioni e/o vuoi le ricerche? Può essere perché si dicono (o vengano detti) ispirati da Dio vuoi direttamente, vuoi indirettamente? Su Dio è stato detto di tutto e di più. Se è vero che non credo più a quanto detto su Dio, non per questo non credo a un Principio della vita. Lo dico così: il Principio della vita è la vita che ha attuato il suo principio: la vita. Siccome lo penso Principio al principio, lo penso anche sovrano. Come tale assoluto e in quanto assoluto, l’Uno. Se al principio vi è il Suo principio, e se questo principio è vita, che altro può dire il Principio, se non di essere vita, e in ciò affermar di essere primo verbo (sono) e vita (lo é chi si sente) come prima parola?

Messe così le cose, risultano ben chiare le ragioni della Genesi biblica: il Principio è presso sé stesso perché Vita è Verbo sono indivisibili. Se ciò è dell’Immagine della vita, ciò non può non essere della vita a quella somigliante? Al nostro principio, l’unione fra Verbo e Parola non è assoluta. Direi, allora, che il vero peccato originale è la nostra intrinseca condizione di scissi dall’Assoluto, non, la conseguenza di erotiche fantasie sessuali attuate dalla prima vita messa in vita. Se il Principio è assoluto verbo e assoluta parola, ne consegue che lo possiamo dire solo per mezzo di parole assolute. Tanto più sono assolute e tanto più sono (o lo possiamo dire e/o credere) ispirate dal Principio. Siccome il Principio è vita, un profeta può dire di sentirlo tanto quanto sente la vita.

Si sente la vita cogliendo le emozioni della forza che chiamiamo Spirito. Tanto quanto sono elevate ed elevanti le emozioni procurate dal sentire lo Spirito, e tanto quanto le possiamo dire provenienti dagli stati assoluti della vita, ma, c’è un ma! La vita sentita negli stati elevati del suo stato da un profeta, non è detto che sia quella degli assoluti principi del Principio. Il peso della condizione umana, infatti, non permette a nessun mistico di elevare il suo spirito sino a quello della Vita. Le emozioni “divine” sentite da un profeta, quindi, potrebbero essere solo quelle dovute ad una sua spirituale condizione della vitalità. Giunto in fine, chiudo la lettera dicendoti la morale di questa favola: un profeta è a immagine della Vita tanto quanto dice a nuovo solamente i Suoi assoluti, ed è a immagine della propria, quando, su quelli della Vita, dice i propri. Credimi, Francesco, con la profezia, la Vita pone un eretico di fronte ad una scelta: dire la parola nuova, o lasciare il compito di farlo al Principio e ai suoi principi? Non mi risulta profeta che abbia saputo tacere. I pro e i contro sono universalmente noti.

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