Per non si sa quanto tempo abbiamo discusso su che cos’è norma senza arrivare ad una conclusiva affermazione. Norma, per come la vedono il Principato e la Religione è piena corrispondenza a delle prefissate regole. La dove non è possibile viverla pienamente la si recita: è umano. Le regole imposte dai due capisaldi della società, non per questo sono giuste, o nei miglior casi, non completamente giuste (o quanto meno non bastanti) per formare l’umanità personale del dato cittadino da normalizzare. Alla luce di quanto generalmente avviene, il Cittadino, non può non essere che il deformato piede da scarpe che ne bloccano lo sviluppo.
Prendo l’esempio esempio dalla cultura cinese dell’epoca Che Fu. Consenzienti nolenti o volenti, l’arresto dello sviluppo ha bloccato l’animo femminile ma non di meno il maschile anche se questi si è curato dalla paralisi con massicce dosi di quel ricostituente che conosciamo come potere. A dosi molto più annacquate è stato cura anche per l’animo femminile. A dargli dosi di potere ancora più blande, invece, è stato il principato religioso. A dosi molto più annacquate, anche l’animo maschile dei poco potere è stato curato promettendo consolazioni in due prevalenti settori: in quello ulteriore e sulla vita della donna.
Per confermare dei primi, infatti, non si può non confermare dei secondi; e chi meglio di identità fisicamente deboli, o per natura, o rese tali per imposta cultura? Principato e Religione potevano agire diversamente? Dipende! Per formare una società di Cittadini, certamente no. Per formare una società di vita certamente si. Possiamo dunque, considerarli colpevoli di offesa contro l’Umanità sia il Principato che la Religione quando diventato soverchiante potere? Mah! Della saggezza del di poi sono piene le fosse dice giustamente un proverbio e quel che giusto ora sino ad affermata banalità è pur sempre la somma esperienziale ricavata dalla riparazione di errori e dolori secolari.
Prima o poi, però, bisognerà pur ritrovare il punto. Da qualche tempo lo sta ritrovando la donna. Da qualche tempo lo sta perdendo l’uomo. La Donna lo sta ritrovando con potenza, ma, occorre ammetterlo anche con prepotenza: docet l’uomo. Se è il calcare che cerco, non occorre studiare un monte: basta studiare un sasso. Ambedue, infatti, sono portatori della stessa principiante sostanza: il calcare. Dalla considerazione, un banalissimo caso. Quando passo da una parte all’altra della strada mi metto all’inizio delle strisce e aspetto che si fermi il mezzo che giunge. Ebbene, si fermano maggiormente i mezzi guidati da uomini più che quelli guidati da donne.
Da parte della donna ci vedo in questo una sorta di rivalsa da nonnismo! Quello in cui la recluta che è stata e che ha subito si rifà sul nonno che per prossimo congedo non starà più con il potere di prima. Oltre a questo esempio lo vedo anche nella più confermata solidarietà fra donne solo culturale il più delle volte. Solidarietà però, che soffre di un deleterio effetto collaterale, perché, a mio sentire, diventa ostilizzante barriera per la solidarietà che la donna non può non continuare a sentire anche verso verso l’uomo: pena, se rinuncia a sentirla, una chiusura da fortino in un deserto dei tartari, dove, fra l’aspettato e chi aspetta vi è una desolante area di inutilitudine che sta come corpo morto sta.
Sulla cultura maschile e femminile della vita (cultura in evoluzione per liberazione da schemi da una parte, e di elaborazione di nuovi schemi dall’altra) ci pensa poi la Natura a rendere un’unica carne i due soggetti in discorso. E’ un’unione che può originare la vitalità di altra vita come confermare la vitalità della presente dei soggetti in unione. Dove non procurano errore e dolore ambedue le motivazioni sono un bene, a mio avviso. Ritrovare il comune senso, però, può essere l’impegno che supera delle negazioni del sé maschile o femminile come sinora è successo. Ritrovarlo, è continuare a cercarlo per intenti da raggiunta corrispondenza, ma anche questo è sempre successo almeno in generale pratica.
Due, sono i modi per raggiungere un piena corrispondenza di intenti di vita:
raggiungerli attraverso la comune Cittadinanza;
raggiungerli attraverso la scoperta di sé;
raggiungerli attraverso l’unione dei sé.
Un’ipotesi non esclude l’altra.
Nel primo caso non conta che sia anche ipocrita: conta che sia collettivamente fortificata da una generale condivisione. Nel secondo caso, conta la capacità di spogliarsi dell’identità convenzionale e la capacità di rivestirsi della propria. Poco o tanto, bene o male, anche questo succede già. Dove c’è dissidio fra i due stati del vivere cosa ci sta indicando la vita, per farli cessare? A mio avviso ci sta dicendo che su base culturale non sempre è possibile rendere un’unica carne le due unità, e che ogni forzatura nella ricerca di unione potrebbe essere vissuto dalle due unità come un ergastolo dal quale si potrebbe voler evadere costi quello che costi!
Il femminicidio (come se con femminicidio si intendesse sì uccisa la femmina ma risparmiata la donna!) è il costo supremo. Maggior costo nell’uomo è sentirsi inservibile: vuoi per la femmina, vuoi per la donna, vuoi per la vita. Inservibile, non nel significato di logorato dall’uso, bensì, inservibile perché non a servizio: vuoi della femmina, vuoi della donna, vuoi della vita, e quindi, anche a sé stesso. Che la donna (come per l’uomo) debba continuare a far sentire compiuto il senso di servizio verso l’uomo, verso la vita e, quindi, verso sé stessa, volere o volare implica una buona dose di abnegazione: abnegazione che nei casi di più più pesante croce erode l’essere.
Certamente non è l’unico senso della donna quello di abnegarsi nei confronti dell’uomo. C’è anche quello di sapersi e/o volersi abnegare nei confronti della vita; ed è il caso di donne che trovano la loro ragione di essere nel porsi a servizio della vita vuoi in senso religioso, vuoi in senso sociale_politico, vuoi nei sensi che sceglie, e quindi, anche di sé stesse. L’importante (vero, Luisa :)) è non mescolare scarpe con zoccoli! Cosa che invece succede quando donne o uomini si vedono costretti a normalizzarsi come Cittadini perché da molte pressioni indotti a negarsi come sé stessi!
A questo proposito, quanto e/o come provvedono il Principato e la Religione? Al momento, direi con soli placebo. Di fatto, ambedue i poteri hanno bisogno che il Cittadino sia un eguale tot di lunghezza, di larghezza, e di altezza! Nessun genere di potere potrebbe potrebbe costituirsi solida piramide ergendosi con mattoni di diseguale misura e/o materia! A meno che il Principato non si muti per raggiunta mutazione della società. A meno che non si muti la Religione per raggiunta mutazione del suo pensiero. Se mai avverrà ci vorranno secoli, pertanto, passo e chiudo: a voi studio.