Non lo so. Quello che so è che tutti i viaggi hanno un principio, che essendo principio è necessariamente sovrano, e che mi è possibile descrivere il sovrano principio di questo viaggio solo così:
I NOMI VENGONO DOPO E SONO COSA NOSTRA
Non lo so. Quello che so è che tutti i viaggi hanno un principio, che essendo principio è necessariamente sovrano, e che mi è possibile descrivere il sovrano principio di questo viaggio solo così:
I NOMI VENGONO DOPO E SONO COSA NOSTRA
Al post per Francesco che segue ho reso premessa un commento ricevuto da Luisa Ruggio: Lady L. per gli amici. Anche se riletta più volte riesce ancora a scuotere la mia emozione come la prima volta. Devo ammettere che è lo stesso anche per il commento che ho scritto anni che furono. Temo la presenza della contraddizione nel mio pensiero ma non riesco a capire dove sia. Questa mancanza succede quando si porta la mente al confine.
Caro Francesco: mi cade tutto l’ambaradan del ragionamento che segue se prima non colloco questa citazione.
“Uomini senza fede hanno avuto comunque bisogno di immensità al limite delle loro risorse, nell’azzardo provvisorio della natura umana che lascia qualcosa di inesaudito. Il salmo 78 racconta di Dio che conduce Israele nel deserto “e li portò al suo confine santo” (verso 54). Sottolineare con cura: l’incontro avviene all’estremità, al confine, non al centro. Lo scambio della legge ai margini della schiavitù d’Egitto avviene nel deserto profondo ma è un viaggio compiuto solo a metà, non seppero mai se quel confine era santo. Quando nell’Eneide Virgilio scrive “spes sibi quisque” (ognuno sia speranza a se stesso) esclude la parola ebraica “tikvà ” scritta da Zaccaria (9,12) per annuncio di salvezza “Tornate alla fortezza, prigionieri della speranza.” Ma quella parola, tikvà vuol dire anche “corda” e quindi: tornate alla fortezza prigionieri della corda. Una speranza che trascina e può spezzarsi. Quando Rachele piange a Ramà i suoi figli e rifiuta ogni consolazione (geremia 31,15) Dio interviene: “Distogli la tua voce dal pianto. Con una corda (speranza) torneranno figli al loro confine (l’incontro).” Nota a margine. A piè di post. Al confine.”
In questi giorni, ho postato questa provocatoria domanda: esiste veramente lo Spirito? Nello scritto mi servo del dubbio giusto per provare una verosimile Verità. Il maiuscolo in Verità consideralo una grande speranza, non, ovviamente, una grande conoscenza. Tanto meno se detta da me. In cotanto senno, dico: se ammettiamo che lo Spirito sia la potenza che tutto origina e tutto pervade dobbiamo anche ammettere che nello stato naturale della vita l’opera della sua forza non conosce confini. Ciò vale solamente per questo stato della vita? Potrebbe essere come potremmo essere noi gli impossibilitati a vedere oltre i nostri confini. Non sempre è possibile raggiungere i confini. Non sempre è possibile raggiungere i confinati. Non sempre è possibile raggiungere chi, nei suoi deserti, sta al confine. Ciò che non possiamo raggiungere, però, possiamo sentire tanto quanto poniamo, al confine, lo spirito che siamo. Badino i comunque mistici, e/o comunque fondamentalisti: chi resta al Confine perde i suoi confini!
Pur avendo toccato il Confine (comunque l’abbiano potuto) non si perdono quelli che vivono i propri. “Il salmo 78 racconta di Dio che conduce Israele nel deserto “e li portò al suo confine santo”. Chi ha scritto quel Salmo vede l’azione di Dio come la può vedere un mistico. Mistico diventa chi giunge al Confine religioso e/o spirituale di quanto crede. A quel Confine non resta confinato chi percorre (e vive) i suoi deserti: luoghi con poca vita quando per nulla. Ha vissuto e conosciuto i suoi deserti quel salmista? Se al Confine ma non confinato direi di sì. Se al Confine, dalla sua fede è stato confinato, direi di no. Nello scritto odierno sostengo che lo Spirito pervade tutto e tutti con la sua forza, pertanto, è un Centro che non può avere un centro. L’antica Israele, quindi, quale Dio la portò “all’estremità”, se essendo il Centro di tutto e di tutti, non può portare che al suo centro?
Fu per non aver capito questo che i credenti dell’epoca vagarono per anni nel deserto di sé? Appunto perché non riconobbero che il Santo sta al Centro, non, a un’estremità che nel Tutto non può essere in nessun luogo, se non ammettendo che anche il luogo di tutto (la vita della Vita) ha un confine? Fu per smentire questo che Dio mandò loro una corda di speranza? “Tornate alla fortezza, prigionieri della speranza,” dice il salmista. Si dice fortezza, una struttura militare. Fortezza, però, è anche lo stato d’animo dello spirito possessore di forza. Tornare alla fortezza, quindi, è raccomandazione per chi si trova in uno stato di debolezza, vuoi naturale, vuoi di fede; ed è, quindi, invito di salvezza per ritrovata forza per dei carcerati nella speranza del loro pensiero su Dio? Si libereranno da confinanti pensieri gli odierni carcerati della loro idea di Dio in nome di Dio?
Se al confine di sé troveranno il Centro che non può stare presso nessuna estremità (tanto meno presso nessun estremismo) forse sì: purché tornino alla fortezza. Già, ma aggiungo parecchio tempo dopo. Se da un lato per fortezza si intende l’ambito che contiene la forza militare sia per manifestarla che per proteggerla, dall’altro per fortezza (poco usato per dire della persona) si intende anche lo stato della forza vitale e culturale di ogni individualità. Mi chiedo, allora, di quale corda torneranno prigionieri della speranza? Della corda offensiva e/o protettiva della fortezza o di quella offensiva e/o protettiva della forza della loro vita? E se della corda o speranza dalla forza o speranza della loro vita come liberi o ancora sotto la corda di altra fortezza e/o di altra forza?
Secondo la Cultura tibetana nel Bardo Todol sono scritte le stazioni di viaggio dell’anima diretta verso l’Anima del mondo soprannaturale. Per giungere a questa, l’anima in viaggio verso l’Universale dovrà spogliarsi di ogni umano residuo. Lo potrà, ascoltando le proprie emozioni: l’emozione è la parola della vita che dice sé stessa. Lo potrà, inoltre, tanto quanto sarà in grado di verificare (per adottare e/o rifiutare) la condizione di presa emotiva che una data anima ha conservato (intende conservare o rifiutare) della precedente. Questo libro è valido solo per i Tibetano? Purché lo si traduca anche secondo il nostro linguaggio, direi di no. In questo tentativo ho sorvolato sui particolari di quella Cultura (riti e preghiere) vuoi perché ad ogni fiore la sua terra, vuoi perché avrebbero appesantito il discorso che mi prefiggo: rilevare delle similitudini fra quel pensiero spirituale e il nostro, ragionando secondo Spirito.
Lo Spirito è la forza della vita che si origina dalla corrispondenza fra una Natura e la sua Cultura, e la Natura e la Cultura dello Spirito della Vita. Per Natura intendo la vita comunque formata; per Cultura, intendo il pensiero comunque ideato; per Spirito, intendo la forza della vita comunque agita. Pensando allo Spirito come ad una potenza, la nostra esiste perché al principio esiste la Potenza. In quanto principio assoluto, la Potenza (o Spirito) è uno stato della forza assolutamente unitaria. Ciò che gli è Natura, Cultura e Forza, (Potenza o Spirito) quindi, è di inscindibile stato. Vano quando non vanesio, ogni tentativo di teologica e/o mistica conoscenza. A mio credere e comunque lo si nomini, il Principio della vita è ragione della speranza, non, della conoscenza. Per dire l’assoluta conoscenza della speranza nel Principio, basta e avanza l’Amen (il Così sia cattolico) e l’islamico Inshallah. Non conosco l’equivalente ebraico. Mea culpa. Secondo il pensiero tibetano, la Potenza si manifesta a fine viaggio come massima Luce.
Come la vedremo, se, in quanto spiriti, non avremo occhi per la vista e neanche orecchio per l’udito? A mio pensare, la “vedremo”, come il sordo – cieco sa che c’è il sole perché, sentendone il calore, lo immaginano come la luce che i vedenti gli hanno descritto. Paragonando i vedenti a credenti, i non vedenti che generalmente siamo (sia in questo Bardo todol che nell’ulteriore) “vedranno” quello che i credenti hanno detto circa la Luce, ma anche i credenti, nei confronti della Luce sono ciechi, perché, per quanto possano elevare l’immaginazione, altro non possono vedere se non ciò che pensano. Di quella Luce, quindi, al più, vedranno e insegneranno sprazzi di verità. Sempre che non siano, quegli sprazzi, una fanatizzata emissione delle loro verità. Dicevo innanzi che lo stato della vita è composto da tre stati di vita. Si può dire, allora, che ad ogni stato della vita (sia in questo che nell’ulteriore) corrisponde il suo Bardo todol.
Avremo così, il Bardo todol naturale, il culturale e lo spirituale. Dicevo anche che, vita, è corrispondenza di stati, non solo fra i propri, ma anche fra i propri e quelli propri a chi vive sia in questa realtà che nell’ulteriore. Nella fase naturale del Bardo (come nella fase culturale e spirituale di ambo gli stati della vita) il prevalere delle emozioni legate al corpo, (o alla mente, o allo spirito) ci dirà quale è (o sarà diventata o ci rifiuteremo di diventare) l’identità raggiunta. Lo stato dell’identità prevalentemente raggiunta, ci dirà in quale collocazione troveremo posto presso la Luce. Sarà prossimo tanto quanto diventeremo luce (chiarezza nella Verità) e non prossimo, tanto quanto lontani (quando non avversi) alla Luce. Parlo di prevalente identità e non di identità, perché, la vita, essendo corrispondenza di stati, non ha e non è uno stato fisso, se non come principio.
STRADA VIVENDO SOSTENGO LA VITA DOVE NULLA PUO’ IL PRINCIPE E NULLA IL GESUITA
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La morale della fola dice che si resta di legno sino a che cattivo segno copre la parola.
E’ LEI IL PERDAMASCO: IL MITOMANE
Sogno la spedizione di uno scritto. Come si diceva degli inglesi in guerra è centrato solo al terzo colpo. A molto ho creduto. In una sola realtà credo. Nei mezzi postali mi rassegno. Telefono, allora, per sapere se hanno ricevuto il testo ultimo. Mi risponde una voce di donna. Ilare. Argentina. M’ha fatto venire in mente il suono del campanellino che alla messa annuncia l’elevazione. In tono più profano, ovviamente; e questa voce, fra il ridere ed il sorridere, mi dice: ah, è lei il perdamasco, il mitomane. Mi sveglio.
Secondo i miei più attendibili spiriti guida, (il Devoto e Oli), mitomania è tendenza, non necessariamente patologica, ad accettare come realtà, in modo più o meno volontario e cosciente, i prodotti della propria fantasia e a raccontarli come veri allo scopo di attirare su di sé l’attenzione altrui e soddisfare così la sua vanità. E’ vero? Non è vero? Vorrei poter dire che non è vero, ma dovrei sapere cosa lo è. Nel dubbio, mi assolvo. Il sospetto di dirmela e di farmela m’ha sempre accompagnato, a dire il vero, ma non sapendo e non potendo accertare se vero sospetto da vera realtà, ho sempre agito come se fosse vera realtà, quella che sostengo non appartenente alle conoscenze che ho avuto prima di cominciare la mia strada. Se mai sono mitomane, certamente lo sono come chi indossa una divisa.
E’ certamente vero che se l’opera di chi indossa un mito, è degno del mito, la mitomania dell’indossante viene meritata per osmosi. Osmosi, chiedo ai due saggi. Mi dicono: “L’influenza reciproca che individui o elementi contigui esercitano uno sull’altro; anche, spec. in campo culturale, compenetrazione scambievole di idee, atteggiamenti, ecc. Dal gr. ósmós ‘spinta’. Di essere un influito da l’Oltre l’ho sempre creduto e l’ho detto anche più volte. Naturalmente, quello che io credo mica necessariamente è. Se non dall’Oltre su cui dubitare, da chi, allora? Potrebbe essere da un’altra parte della mente? Certo. Lo potrebbe, ed essendo altra da quanto conosciuta anche questa ipotesi convaliderebbe la presenza di un Oltre, con la differenza però, di essere un oltre interno non oltre la tangibile realtà.
Ci sono risposte certe a questi certi dubbi? Temo di no. Vuoi perché proprio non ci sono, vuoi perché ci si rifiuta di prendere atto della non esistenza di risposte certe ogni qual volta vi è in ballo una vivificante credenza. “La vita si serve degli strumenti che trova” mi disse una voce nella mente. Ero in macchina con l’Amato, e due amanti (un ballerino sieropositivo e un tantinello fuori, e il compagno, all’epoca, al di la di ogni regola: non tanto perché irregolare, bensì, perché da gioviale pirata. Allegrotti e su di giri stavamo andando a ballare. Anche in quel caso, da quale oltre è pervenuta quell’affermazione? Non c’è definitiva risposta, al più un certo rilievo: la vita non porta orologio.
e ogni lume è paralume tanto quanto copre altre luci.
Ho iniziato a percorrere questa strada la notte di Capodanno del 1985. Allora, ero solo un bendato: vuoi dalla vita personale, vuoi dalla sociale, vuoi da una cultura religiosa che non avevo mai particolarmente seguito ma che lo stesso sentivo come una camicia di forza. Ho cominciato a vivere me stesso dopo averla tolta. Tramite uno stato della vita che non avevo considerato ho scoperto che l’indosso ancora ma non è quella di prima.
L’immagine della vita derivata dal Principio gli stessi stati del Principio
NATURA
CULTURA SPIRITO
ma non la condizione unitaria del Principio perché non è assoluta.
Potenzialmente unitaria lo diventa in ragione di quanto i suoi stati sono prossimi allo stato dell’Immagine.
Sono prossimi o non prossimi al Principio in ragione dello stato della loro somiglianza.
Per quanto somigliante, la vita originata dal Principio non potrà mai raggiungere l’unità perché la vita al principio ammette per fede e non di meno per ragione, un solo Principio.
Dove vi è corrispondenza di stati e fra stati vi è l’amore indicato dallo stato della comunione raggiunta dagli stati.
Gli stati della vita sia nell’Immagine che nella Somiglianza non sono più di tre, perché, vita, è corrispondenza di stati, non, somma di stati.
Dove vi è addizione di stati e fra stati vi è tentazione potere.
Ogni genere di potere emerge dalla divisione che pone fra vita e vita e/o nei suoi stati.
Sino dal principio della sua esistenza l’individualità è strutturata dalla ricerca del maggior Bene spirituale mosso dal desiderio del piacere naturale per il maggior senso del Vero culturale che porta al maggior senso del Giusto che porta al maggior senso del Bene che porta al maggior senso del Vero che porta al maggior senso del Giusto che porta …….
La vita è bene tanto quanto il trinitario stato della corrispondenza fra i suoi principianti stati il Bene secondo Natura
Il Vero secondo Cultura <> il Giusto secondo Spirito
raggiunge la massima unità che può.
Nella vita del nostro stato anche la massima corrispondenza fra stati è stati è stato di infiniti stati. Ne consegue che anche il massimo raggiunto è soggetto a variabilità. Essendo assoluto principio di vita solo il Principio non è soggetto alla variabilità dell’Identità.
Ammessa la variabilità degli stati, e ammessa che la variabilità degli stati muta la condizione dello stato identitario ne consegue che nessuna identità (indipendentemente se Alta o Bassa) resta totalmente ciò che era, sia su questo piano della vita che (ammessa l’esistenza) in quello ulteriore.
La variabilità dello stato rende impossibile l’invariabilità di ogni giudizio sul dato stato. Ogni impossibile giudizio nega verità al giudizio.
Nello Forza della Natura e nella Potenza della Cultura
La Natura è Via
La Cultura è Verità lo Spirito è Vita
L’unità della trinità del Principio è permessa dall’assoluta mediazione fra i suoi stati
Natura
Cultura Spirito
La mediazione fra gli stati permette il raggiungimento unitario (alla sua massima possibilità) anche alla vita a immagine della Vita. Si può ben dire, pertanto, che lo Spirito è paracleto già dal principio.
Innumerevoli fedi mostrano le proprie visioni dell’Assoluto ma la vita che esprime un solo Principio (la vita sino al principio del suo stesso principio) necessariamente esclude ogni altra immagine.
Non per questo la vita nega i suoi colori ad altre tele perché ogni stato e condizione della vita è via per capire dove sono le sue verità.
In questi scritti sostengo i principi della vita. Ulteriormente sostengo che sono assoluti al Principio ma che nel principio della nostra vita sono stati di infiniti stati. Necessariamente ne consegue che gli infiniti stati muovono infiniti vissuti. In ragione di questo ci è certamente possibile affermare le nostre verità, ma impossibile la Verità. Quanto sostengo della Verità, allora, è congettura. Se del Principio e dei suoi principi verosimile, ad ognuno la sua opinione.
Tenuto conto delle differenze personali e di conoscenza, una parte dell’esperienza di vita dell’autore di quest’opera può dirsi parallela a quella di Saulo di Tarso, poi s. Paolo. Mi riferisco all’incontro con uno spirito. Quello che si rivelò a Saulo disse di essere quello di Cristo. Quello che si rivelò allo scrivente si manifestò per l’umanità che era stata: non libera e non liberante al momento della sua emozionale rivelazione. Emozionalmente parlando adesso lo sento raramente. Ne ricavo che il calo della reciproca corrispondenza affettiva (da me perseguita per bisogni di verità) ci ha necessariamente separati. Mi si dirà che succede anche fra gli spiriti incarnati che siamo! E’ vero, tanto quanto è vero che quello che succede fra principi in Basso (è Basso quanto somiglia all’Immagine della vita in Alto) succede anche fra i bassi principi degli spiriti in Alto; in Alto giusto per dire il luogo dove stanno (secondo credenza) gli spiriti che si sono elevato dal loro stato di bassi che sono stati in Basso.
Secondo Teresa d’Avila, “è maledetto chi crede nell’uomo”. Se ciò vale per la vita naturale, non di meno vale per la vita soprannaturale. Non solo perché è umanità che fu, ma anche perché il male può fingere il bene, molto bene tanto quanto è male. Sia che riguardi una affermazione di identità, sia che riguardi una qualsiasi altra affermazione, questa possibilità, pertanto, pone dubbio, non sulla rivelazione soprannaturale in sé, ma, oltreché sugli effettivi perché si è manifestata, anche sull’identità di qualsiasi spirito. La potenza dello spirito che si rivela nelle manifestazioni spiritiche (basse o elevate che sia, o che tali ci appaiano) non necessariamente prova che il suo stato spirituale corrisponde con il Bene. Ben vero che non prova neanche il contrario. L’impossibilità di ogni accertamento, allora, non può non essere ulteriore fonte di riserva verso ogni rivelazione e/o manifestazione di origine spiritica.
Non solo Cristo, ma ognuno di noi, può dirsi Via (Natura della vita) Verità, Cultura della vita, e, vita per la forza e la Potenza dello Spirito. La storia personale, pertanto, non può non essere che propria strada. Una strada di vita è propria, tanto quanto non è condizionata da altra vita: umana o spiritica che sia. In modo proporzionale alla rilevanza della rivelazione spiritica ne consegue che ogni ingerenza soprannaturale nella vita naturale non può non far deviare o quanto meno scombussolare un soggettivo percorso. Vuoi in virtù dell’affermazione di Teresa D’Avila o vuoi per la conoscenza delle possibilità dell’Errore quando non del Male, lo scrivente crede solamente nel Principio della vita: la vita. Porre la sua fede nella sola vita del Principio, gli ha impedito:
di essere culturalmente cieco nei confronti degli spiriti
di restare suddito dalla vita spiritica che gli si è manifestata
di originare e/o motivare qualsiasi forma di sudditanza nei confronti della vita spiritica.
Altresì, gli ha concesso:
di mantenere in sella la mente che l’esperienza nello spiritismo aveva fatto vacillare;
nel recuperato equilibrio, di tornare alla sua realtà;
di proseguire oltre quella conoscenza.
Come attraverso una conseguenza si giunge alla causa, chi scrive, infatti, è passato dalla conoscenza del particolare (emozionale incontro con uno spirito) all’universale incontro culturale e spirituale con lo Spirito. Il particolare è stato nella mia mente. L’universale nella mia vita come in quella di tutti. Prima di questo viaggio non ne avevo preso atto. Lo stato emozionale dell’incontro con lo Spirito è proporzionale alla percezione dell’universalità della vita. Tanto più si è capaci di questo stato di percezione e, tanto più, nella nostra strada ”per Damasco“, il nostro spirito (la forza della nostra vita) incontra lo Spirito: la forza della Vita.
Questo stato di conoscenza è Spiritualità. Della causa della vita sino dal principio (e dello stesso Principio) lo scrivente certamente non sostiene di saperne la Persona e tanto meno, di averla incontrata di persona, ma, in ragione del principio dell’uguaglianza che è fra una Somiglianza (uno spirito) e l’Immagine (lo Spirito) di averne solamente riconosciuto gli stati di principio: la Forza come sua Natura, la Conoscenza sulla propria forza come sua Cultura e, come Sua vita, la relazione di corrispondenza fra forza e conoscenza.
Per quel poco che risulta allo scrivente, questa conoscenza diverge da quella di Saulo e anche da quella di s. Paolo. Solo con difficoltà lo scrivente sa cosa sia giusto o sbagliato della propria vita figuriamoci se può dire sulla vita altrui, però, sa che la pace è segno di verità in quanto indica la cessazione del dissidio. Nella via ”per Damasco” di Saulo e di s. Paolo, quindi, si può dire che sono stati nella Verità tanto quanto non hanno originato e/o mantenuto dissidi e, nell’Errore tanto quanto e dove li hanno originati e/o mantenuti: questo vale anche per lo scrivente.
Capire la nostra vita (la particolare) e la vita universale
è il viaggio di riconoscimento
naturale
culturale e spirituale
di quello che la persona è per quello che nella persona c’è.
La verifica dell’essere che è implica l’uso del discernimento. Il discernimento cura chi lo cura. Il discernimento è il medico che cura sé stesso. Il discernimento è anche il critico che nella vita attuata giudica la verità della parte interpretata.
L’Immagine è composta da tre simboli: un cerchio, tre orbite, una croce. Il cerchio è formato da infiniti punti. Poiché si principia da ogni suo punto, è simbolo di principio infinito. Poiché in un cerchio tutto sta e il cerchio tutto contiene, è simbolo di universalità. Le orbite rappresentano il trinitario stato della vita: Natura, Cultura, Spirito. Le orbite sono intersecate. L’intersecazione segna l’unitaria corrispondenza fra gli stati. La Croce simbolizza il peso della Natura sulla vita della Cultura. E’ un peso che può dominare lo Spirito: non quello del Principio, ovviamente. La vita ammette un solo Principio perché al principio c’è una sola Natura (quella della vita), una sola Cultura (quella della vita) un solo Spirito: quello della vita.
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Ammessa ma non necessariamente concessa l’inesistenza degli spiriti, e ammesso ma non necessariamente concesso che la medianità sia solamente il frutto di un’altra parte della mente, ci sarà da capire come il medium sia riuscito (nel giro di un paio di minuti, forse neanche) a comporre quest’immagine senza mai staccare la penna dal foglio e senza fermarsi un attimo. Se accettiamo invece che l’autore sia uno spirito, con quell’immagine si è manifestato durante un incontro. Dopo la composizione dell’immagine scrisse che era un segno universale. Raccomandò di non fotocopiarla. (?) Non aggiunse altro. Sull’immagine (in b/n) non osai chiedere delle altre spiegazioni. Con il tempo e non so più quanti pensieri le trovai io: sembrano reggere..
La vita parte dal principio con questo corpo
Natura
Cultura Spirito
A fine Forza naturale e a fine Potenza culturale con lo stesso corpo
torna alla vita. come disincarnata immagine della raggiunta FORZA naturale; come disincarnata immagine della raggiunta POTENZA culturale; come disincarnata immagine del raggiunto SPIRITO.
Parola è l’emozione della vita che dice sé stessa.
–Anche dove non vi è volontà, possibilità, conoscenza o mezzo, comunque la vita dice il suo stato tanto quanto il suo spirito (forza della vitalità naturale e vita della culturale) è influito da tre condizioni:
DEPRESSIONE
ESALTAZIONE PACE
DEPRESSIONE
Errore verso ciò che siamo per difetto delle informazioni che riguardano il Corpo: luogo del bene del vero e del giusto spirito.
ESALTAZIONE
Errore verso ciò che sappiamo, per eccesso delle informazioni che riguardano la mente: luogo della coscienza attuata dalla conoscenza emersa e stasi della non emersa.
PACE
Stato della vita naturale, culturale, e spirituale dell’identità che ha raggiunto la condizione trinitario_unitaria per aver messo ciò che sente il Corpo conosce la Mente e prova lo Spirito nello stato della maggior corrispondenza fra i suoi stati:
il Bene per la Natura
Il Vero per la Cultura <> Il Giusto per lo Spirito.
Lo Spirito è la forza della vita naturale e potenza della culturale. In quello che sente della sua forza e della sua potenza ognuno è lo spirito che può. Può diversamente gravando la sua Natura, difficoltando la sua Cultura, esaltando o deprimendo il suo spirito.
La corrispondenza fra gli stati della vita
NATURA
CULTURA SPIRITO
modifica la condizione dello stato
ma non maggiora il numero trinitario_unitario dei principi.
il BENE
il VERO il GIUSTO
In quanto assoluta descrizione della vita del Principio, i suoi principi non possono esser resi relativi come di concerto non può essere resa relativa l’identità del Principio. La vita, però, che è stato di infiniti stati di vita, permette ciò che i principi non possono: l’azione secondo mediazione.
LA PAROLA E’ L’EMOZIONE DELLA VITA CHE DICE SE’ STESSA
tanto quanto pensa. Tanto quanto valuta come si pensa. Tanto quanto si valuta quando pensa.
Sino dal principio dello stesso Principio, i principi della vita sono assoluti. Non sono assoluti solo se al principio ammettiamo un altro Principio, ma prossimo ad un principio assoluto non può esservi un altro Principio. Ne consegue, così, che oltre alla Natura del Principio non può esservi un’altra Natura, come non può esservi un’altra Cultura, come neanche un altro Spirito.
Poiché la vita nel nostro stato di vita non può raggiungere lo stato di assoluto ne consegue che, comunque sia lo stato di somiglianza con il Principio, comunque (e sempre per infiniti stati) rimane costituzionalmente trinitario_unitaria.
Lo spirito che torna al Principio dei sui principi non resta nella forza e nella potenza raggiunta. Non lo può perché, vita, è continua corrispondenza di stati in tutti e fra tutti i suoi stati.
La continua corrispondenza di vita fra tutti ed in tutti gli stati della vita non muta il trinitario_unitario stato del nostro stato. Maggiorandola o diminuendola, però, muta la condizione della forza e della potenza raggiunta. Sempre secondo infiniti stati di vita, la maggiorazione renderà maggiormente prossimi al Principio dei nostri principi. Per opposto caso renderà meno prossimi.
Come nessun spirito resterà lo spirito che era perché la mutazione dello stato l’impedisce, così non resterà quello che era la nostra identità se maggiormente prossima al Principio. Non resterà quello che era neanche la meno prossima.
Il giudizio di vicinanza o di lontananza dal Principio è detto dallo spirito che compara lo stato della sua forza e della sua potenza con la Forza e la Potenza del Principio. Lo compara specchiando lo stato dei suoi principi nello stato dei principi del Principio. Ovviamente, questo è il modo che la mia ragione vede accettabile. Altrettanto ovviamente, nulla conosco su quanto avviene.
Il giudizio non lo può dire il Principio perché è Assoluto. L’Assoluto che può essere solamente quello che è non può giudicare quello che non appartiene al suo assoluto. Sarebbe come dire che l’oro può giudicare l’ottone.
Diversamente da quanto si racconta su il Giudizio finale, neanche può dirlo alla fine di tutto. Almeno concettualmente parlando, infatti, la fine di tutto può essere solo se ammettiamo che un Assoluto possa concepire il concetto di fine esistenza.
A fine di tutto vi è la carne che riveste lo spirito (o la materia che riveste le cose) non lo spirito che essendo inscindibile parte dello Spirito può aver fine solo se accettiamo l’idea che possa aver fine l’idea di assoluto, o elevando il pensiero la fine dell’Idea di ogni idea.
Dove vi è corrispondenza di stati e fra stati vi è l’amore indicato dallo stato della comunione raggiunta dagli stati.
Dove vi è addizione, e/o divisione, e/o moltiplicazione di stati e fra stati vi è tentazione potere. Ogni genere di potere emerge tanto quanto separa la vita particolare da sé stessa e la sé stessa dall’Universale.
LA PAROLA DEL PRINCIPIO E’ VITA. LA VITA E’ IL PROFETA DEL PRINCIPIO.
E’ mancante la vita che non vive ciò che pensa; che non valuta come si pensa; che non si valuta mentre pensa.
Nella corrispondenza di vita fra Natura e Natura, e/o fra Cultura e/o Cultura, e/o fra Spirito e Spirito, si fa parola l’influsso emozionale che ad altra vita dice lo stato del suo stato. In ragione dello stato della propria forza e della propria potenza la parola è vera tanto quanto non invade altra forza, altra potenza, altra emozione.
IL PRINCIPIO DELLA VITA E’ LA VITA CHE HA ATTUATO IL SUO PRINCIPIO: LA VITA.
VITA E’ STATO DI INFINITI STATI.
Si origina secondo lo stato della corrispondenza di forza e potenza fra tutti ed in tutti i suoi stati: al principio e dello stesso Principio
NATURA
CULTURA SPIRITO
Dove la corrispondenza è mancante si insinua l’errore tanto quanto è mancante. L’errore viene detto peccato da chi si informa in canonica. Il peccato viene detto errore da chi si informa a scuola.
Per Natura intendo il corpo della vita comunque effigiato; per Cultura, il pensiero della vita comunque concepito; per Spirito, la Forza naturale e la Potenza culturale
che origina
mantiene preserva
lo stato trinitario_unitario della vita
La corrispondenza di vita fra gli stati del
BENE
del VERO e del G IUSTO
fra gli stati esclude la Matematica del Potere, e cioè: l’addizione degli stati, la moltiplicazione degli stati, la sottrazione degli stati, la divisione negli stati e fra stati.
Sino dal principio e dello stesso Principio la vita afferma la sua esistenza secondo la sua Forza (vitalità nella Natura) e secondo la sua Potenza: vita nella sua Cultura.
Forza
Potenza Vita
La vita emette la sua Forza e la sua Potenza in ragione dello stato del suo stato. Nello stato del Principio la sua emanazione è assoluta.
La vita ad immagine dell’universale
è trinitario_unitaria.
La differenza di vita fra lo stato assolutamente unitario del Principio e quello trinitario_unitario del nostro principio non è dato da una diversa quantità di stati, bensì, dallo stato della corrispondenza fra stati: assoluta nella vita principiata dall’Assoluto, non assoluta nella vita principiata dal nostro principio.
Un Assoluto è immobile emozione
della sua Natura
immobile emozione immobile emozione
della sua Cultura del suo Spirito..
Il Principio della vita è immobile perché è il suo principio (la vita) ed è mobile perché nell’essere il suo principio attua il suo principio: la vita.
Secondo lo stato della corrispondenza fra i suoi stati
(al principio e dello stesso Principio assolutamente unitari)
la vita del Principio informa secondo Cultura in ragione di quanto e di come pone forma secondo Natura.
Per l’Assoluto stato della vita che è (Atto che si attua in atto) il Principio della vita è l’origine delle forme e delle figure degli infiniti stati di sé.
Il Principio della vita
(prima NATURA
prima CULTURA e primo SPIRITO)
è prima Forza della vitalità naturale e prima Potenza della vitalità culturale.
In ragione dello stato della corrispondenza fra tutti ed in tutti i suoi stati ogni Natura forma la sua Cultura come ogni Corpo forma i corrispondenti contenuti.
La Natura è il Corpo del Bene
La Cultura è il Corpo del Vero <> Lo Spirito è il Corpo del Giusto
che corrisponde con in principi del Bene e del Vero.
La Natura è la ragione del Bene
La Cultura è la ragione del Vero <> lo Spirito è la ragione del Giusto
Bene che corrisponde con il giusto Vero.
La Natura del Bene corrisponde con il Vero tanto quanto è Giusto alla sua unitario_trinitatia unità.
Come la raggiunta unità nel Principio è mossa dal suo principio (il Bene) così la tensione verso l’unità del nostro principio è mossa dallo stesso principio: il bene. Tanto più il nostro stato raggiunge l’unitario bene e tanto più è immagine somigliante al Principio: il Bene.
L’unità della trinità del Principio è permessa dall’assoluta mediazione fra i principi dei suoi stati
Natura
Cultura Spirito
La mediazione fra gli stati permette il raggiungimento unitario (alla sua massima possibilità) anche alla vita a immagine della Vita.
Tanto quanto si scinde una trinitario_unitaria da un suo bene originato da un vero emozionalmente giusto al suo spirito, e tanto quanto la si renderà falsa a sé stessa, falsa nei confronti della vita altra, falsa nei confronti della Vita.
Nel vivere secondo Natura
Capire Essere
secondo Cultura secondo Spirito
la vita trova verità secondo la
Natura
della Cultura dello Spirito
giusto
Lo Spirito giusto alberga dove non alberga il dolore. Il dolore è il male naturale e spirituale da errore culturale.
In ragione di infiniti stati di vita
lo Spirito
che in ragione del Bene <> corrisponde con il Vero
è via delle verità della vita
al DALAI LAMA
Reincarnazione: ritorno di uno spirito nello Spirito, o ritorno di uno spirito ancora suo spirito? Dipende dallo stato di spirito di uno spirito. Gioco di parole, mi si dirà: mica tanto. Spirito è ciò che anima. Anima è ciò che si anima. Ciò che si anima è vita. Lo Spirito è l’anima della vita. Nella Natura, la Cultura anima la vita, animata dalla forza dello Spirito. La forza dello Spirito è vita della Natura. La vita dello Spirito è forza della Cultura. Lo Spirito è la forza della vitalità della Natura che corrisponde con la vita della sua Cultura.
Lo Spirito essendo forza è condizione di vita ma non pone condizioni alla sua forza per non condizionare la vita. Vita, è stato di infiniti stati della relazione di corrispondenza fra i suoi stati. Al principio, Natura (comunque formata) come suo corpo, Cultura (comunque saputa, come sua mente) Spirito (comunque agito) come sua forza.
Gli stessi stati di principio del Principio della vita (comunque lo si chiami) con_formano la vita a sua somiglianza, cioè, la nostra. Differenzia lo stato del Principio dal nostro, non una diversa quantità di stati, ma solo lo stato degli stati: supremi quelli del Principio, a quelli somiglianti, i nostri stati. Vita è stato di infiniti stati. Si origina dalla corrispondenza di spirito fra tutti e in tutti i suoi stati. Uno stato di vita scisso nella sua unità vive nel dolore: male naturale e spirituale da errore culturale.
La relazione di vita fra spirito umano ed umano, come fra spirito disincarnato e spirito disincarnato, come fra spirito umano e spirito disincarnato (o l’opposto) non può avvenire che fra spiriti di pari forza. Indipendentemente da dove avvenga (o quanto si vuole che avvenga) quanto attendibilmente vera può essere la ricerca di un incarnato da altro spirito?
Per quanto premesso, non quanto basta per affermare, totale, una reincarnazione. Al più, si potrà parlare di reincarnazione parziale. Con ciò intendendo, una reincarnazione di particolarità fisiche, culturali, o spirituali, di un dato reincarnante. Vedano gli interessati se ciò può bastare ai loro scopi. Vorrei invitarli, però, ad alzare lo sguardo dal particolare spirito (forza di una vita) per rivolgersi all’universale forza della vita: lo Spirito. Siamo vicini o lontani dallo Spirito della vita, in ragione dello stato di vita del nostro spirito.
Così, ammesso nello Spirito un valore 100 (tanto per ragionare) uno spirito gli sarà vicino se di misura 90, o lontano se di misura 9. La verità dello Spirito è detta dallo stato di pace; è detta dallo stato di pace, perché, pace, è cessazione di ogni dissidio. Alla cessazione del dissidio subentra il silenzio. Perché cessazione di ogni dissidio, il silenzio è il luogo della Verità. E’ un luogo che non possiamo sapere, tuttavia, lo possiamo sentire.
Possiamo, tanto quanto siamo in grado di porre pace in noi ed in altri e/o da noi. Ora, la ricerca di una più elevata reincarnazione dove dovrebbe dirigersi con più certa verità? Ancora verso uno spirito ex umano (per quanto elevato, ammesso che lo si possa sapere) o verso lo Spirito? Se verso uno spirito, si continuerà disquisire sul vero luogo di nascita, o se veri i ricordi o le caratteristiche di un dato Lama (ecc, ecc,) in un tira e molla che non può non prostituire ogni spirituale intento.
Si veda la contesa sul prossimo reincarnato che finirà per lacerare anche il Tibet storico. Il luogo è molto più certo, invece, se dirigiamo la ricerca verso lo Spirito. Si è incarnato come vita, infatti, e come vita continua a farlo ovunque c’è vita: in Tibet, in Cina, o qui, in me, seduto su una poltrona dal bel colore cardinalizio!
Hanno scritto che la nostra vita somiglia all’Immagine della vita al principio. Mosso da una verità sia pure parzialmente detta sostengo che il Principio della vita E’ quello che può dire ognuno di noi dicendo la propria Essenza con il primo Verbo e l’Esistenza con il primo Nome:
IO
SONO VITA
GLI STESORI DELLA BIBBIA
hanno potuto affermare che “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” appunto perché sapevano che nessun Verbo può essere scisso dal suo Nome.
IL POTERE
di qualsiasi genere, ordine e stato, che per qualsiasi motivo di genere (ordine e stato) scinde il Verbo dal suo Nome in qualsiasi genere, ordine e stato di Umanità, gli rende irricevibile l’identità che pur essendo
ciò che la sua Natura è
non è ciò che la sua Cultura sa <> secondo ciò che sente il suo Spirito.
I “PRINCIPATI E LE RELIGIONI”
che erigono e mantengono il loro potere scindendo l’Umanità dalla sua Individualità operano contro lo Spirito in Alto (quello del Principio) e contro lo spirito in Basso: quello del nostro principio.
“AGLI AMICI VICINI E LONTANI”
DOMENICO G.
Gli devo la collocazione in Rete del sito perdamasco.it L’ha fatto per anni. Abbiamo pensato di chiuderlo. A suo dire, “quella comunicazione è stata invecchiata dai Social.”
PAOLA M.
Notaio in Verona, per la gratuita opera che mi ha permesso la costituzione dell’Associazione “per Damasco”. Fato volle, il giorno di s.Valentino. Me implicato, per non pochi motivi ho chiuso l’Associazione da anni.
BANCO S. PAOLO DI BRESCIA IN VERONA
per la donazione a favore della “per Damasco”; donazione girata al Gruppo “C” di Verona. Un riscontro dal “C” m’avrebbe fatto piacere. Non è mai arrivato.
LUCIANO D. F. _ ALBERTO R. MAURIZIO G. e GIOVANNI R.
per l’aiuto che mi hanno dato nelle prime composizioni grafiche del programma: migliaia di volte fa. Non gliel’ho più chiesto perché mi hanno messo nelle condizioni di non averne più bisogno.
PAOLA F. B.
per aver contribuito a trovare il titolo di questo viaggio nella versione “Sulla vita e altre storie”. Non sopportando alcun genere di sovranità, l’ho mutato nell’odierno titolo. Eravamo da Antimo, ricordo.
D. MOHSSEN B. A.
Sarà anche perché proviene dagli spazi e dalla luce della Tunisia, ma accetta che l’unico sfondo di una pagina sia il bianco. Ho cercato di meravigliarlo con non si sa quanti effetti speciali ma niente da fare: e bianco sia.
Padre ALDO BERGAMASCHI
dell’Università di Verona devo i concetti di “Principato” e “Religione” Alla prolusione di apertura degli studi universitari disse ragionate peste e corna dei due poteri. Lo fece con assoluta chiarezza. Anni dopo lessi su L’Arena del suo ritorno in Convento. Quasi mai viene riconosciuta la giusta mercede agli spiriti liberi.
LUCIANO C.
Gli devo le foto della mia permanenza nel Collegio “Beato Bernardino Tomitano” a Vellai di Feltre. Le ho trovate in seguito ad una occasionale ricerca in Rete. All’autore ho chiesto il permesso di usarle (l’ho fatto sia sulla sua pagina Facebook che per e-mail) ma non mi ha mai risposto: avrà avuto i suoi buoni motivi. Comunque stiano le cose lo ringrazio ancora commosso. A dirla tutta, sino al pianto.
(Una necessaria riduzione del sito m’ha costretto a togliere le immagini.)
L’ARTISTA
che in uno svaccato autunno dell’83 mi colse così a l’allora Galleria Ghelfi di Verona: Non ricordo il nome del pittore e non riesco a decifrare la firma: sembrerebbe Ferrari. Per lo stesso precedente motivo ho dovuto togliere l’immagine anche in caso.
DOUGLAS SIMONSON di “The Art of Douglas Simonson”
A parte l’ultima immagine del post “I Fiori Sovrani”, gli devo le altre. Avevo collocato il post anche su Facebook. Preso atto dell’intelligente censura usata da quel Social ho dovuto celare i punti criticabili da variamente scompensati. Scocciato quanto basta mi sono tolto perché secondo censura mi aveva collocato fra i peggior schifosi.
URBIS PATAVI
devo la foto della Chiesa degli Ognisanti di Padova: era collegata all’Orfanotrofio. (Ho dovuto farlo anche in questo caso.)
Il “visionario” SWEDEMBORG autore di Cielo ed Inferno. Senza i concetti di “stato” e “corrispondenza” che ho letto in quel libro non avrei pensato i miei. Della restante opera non ricordo altro adesso ma anche allora… Devo ammettere che per via di memoria non ho mai brillato!
PIERS ANTONY (Autore di fantascienza)
Gli devo: La consapevolezza è lo specchio in cui il cuore contempla la sua attività.
VITA E’ LA MAESTRA CHE PONE IL SEGUENTE PROBLEMA
Tenendo presente che siamo la Natura che siamo nella Cultura che sappiamo per la forza e la potenza dello Spirito che sentiamo.
NATURA
CULTURA SPIRITO
Sapendo che la pace nello Spirito è luogo di giustizia perché pace è cessazione del dissidio e dunque segno di verità
OGNUNO TROVI SE’ STESSO
Poiché la Natura sente quello che la Cultura sa la Natura è Via della Cultura. Poiché la Cultura sa ciò che la Natura sente, la Cultura è Via della Natura. Poiché forza della Natura che corrisponde con la sua Cultura, lo Spirito è Via della vita nella verità secondo lo stato della corrispondenza fra la Forza naturale e la Potenza culturale.
Sia in questa vita che nell’ulteriore, uno spirito è prossimo allo Spirito in ragione dello stato di somiglianza fra il suo spirito e quello dello Spirito del Principio:
Assoluto Bene che è sua Natura
per l’Assoluta Verità che è sua Cultura ^ per l’Assoluta Forza e Potenza della sua Giustizia.
Lo Spirito è vita
tanto quanto il Fare corrisponde all’Essere
Lo Spirito è Calibro della Natura che forma
Arbitro della Cultura Giudice della vita
della forma che si forma
in ragione dello stato della corrispondenza fra Natura e Cultura.
In ragione dello stato della corrispondenza fra
Natura
Cultura Spirito
Lo Spirito è Calibro perché misura la forza
Arbitro Giudice
perché decide perché valuta
l’uso della forza l’uso della forza
Perché agiti dal loro bene
dal loro vero e dal loro giusto
gli stati trinitari della vita tendono all’unitario.
Raggiungono l’unitario tanto quanto vivono il loro stato con la stessa misura di forza (vitalità della Natura) e di potenza: vita della Cultura.
Della sua potenza ognuno è lo spirito che può. Può diversamente solo gravando la sua Natura
difficoltando la sua Cultura esaltando o deprimendo
il suo Spirito
Poiché, vita, è corrispondenza di stati in tutti e fra tutti gli stati lo Spirito mediatore fra gli stati non può non essere che uno Spirito mediato dagli stati della vita che media.
Nell’essere mediato mediatore degli stati che media lo Spirito trinitario_unitario è leggero tanto quanto la sua forza (vitalità nella Natura) corrisponde con la sua potenza: vita della sua Cultura.
La misura dello Spirito non può essere maggiore della conoscenza (o l’opposto) se non ponendo dissidio fra gli stati della vita:
Natura per quello che siamo
Cultura Spirito
per quello che sappiamo <> per quello che sentiamo
Poiché, vita, è stato di infiniti stati di vita, così, anche le tre voci della guida dello spirito sono lo stato di infiniti stati di vita, o secondo il caso, di meno vita in presenza del dissidio.
Dissidio è il delirio della mente che brancola fra errore e dolore.
Uno spirito scisso e scindente per mancata mediazione non permette l’integra corrispondenza di forza fra Natura e Cultura.
Su questo piano della vita la mediazione è generalmente sentita come il subito compromesso culturale fra
ciò che siamo
ciò che sappiamo e ciò che sentiamo
Il compromesso è mediazione subìta. La mediazione è compromesso accettato. La nostra verità è compromesso condiviso.
Vi è chi maggiora l’Essere compensando la Natura, o la Cultura, o lo Spirito (e, quindi, la vita) di maggior vitalità in uno o l’altro stato. Ad esempio:
7 per la Natura
3 per la Cultura 9 per lo Spirito
L’identità in esempio ha usato il suo massimo spirito per rafforzare il corpo ma in maniera minore la conoscenza. Mancando la corrispondenza di valore fra i suoi stati, mancherà nella sua facoltà mediatrice.
La Natura che grava
la Cultura dell’Essere
entra in sofferenza con sé e/o con altro da sé. Lo stesso se l’esalta.
In quello che sente della sua forza e della sua potenza ognuno è lo spirito che può. Può diversamente solo gravando
la sua Natura
difficoltando esaltando
la sua Cultura o deprimendo
il suo Spirito
E’ dolore fisico, il giudizio di male che una Cultura da alla sua Natura. E’ dolore culturale il giudizio di errore che una Cultura da a sé stessa. E’ dolore spirituale il giudizio di male che uno Spirito da alla sua forza. Se è pur vero che il dolore afferma la sua verità in ogni lingua, altrettanto è vero che la voce della Natura (il Bene in ogni lingua) cura il peso della sofferenza, ricordando che
lo Spirito è medico quando
la temperatura ha gli stessi gradi
della mente del corpo.
Via della verità è la forza del corpo
Via della verità Via della verità
è la forza della mente è la forza della vita:
lo Spirito
In tutti e fra tutti gli stati e secondo stati di infiniti stati il processo della verità si completa nella trinitario – unitaria corrispondenza fra ciò che siamo come Natura
sappiamo viviamo
come Cultura secondo Spirito
Vita è stato di infiniti stati. Si origina dalla corrispondenza di forza e di potenza fra tutti ed in tutti i suoi stati. Al principio e dello stesso Principio:
NATURA
CULTURA SPIRITO
Poiché la Natura sente quello che la Cultura sa, la Natura è via della Cultura. Poiché la Cultura sa ciò che la Natura sente la Cultura è via della Natura. Poiché forza della Natura che corrisponde con la sua Cultura, lo Spirito è via della vita.
Via della verità è la forza del corpo; via della verità è la forza della mente; via della verità è la forza della vita: lo Spirito.
In tutti e fra tutti gli stati e secondo stati di infiniti stati, il processo della verità si completa nella trinitario – unitaria corrispondenza fra
ciò che si è come Natura
si sa come Cultura si vive come Spirito
Nel nostro principio e nel nostro luogo, la verità è nel prevalente raggiungimento della corrispondenza di vita fra gli stati della relazione con noi e con altro da noi. Della verità, quindi, si può solamente dire che è la costante ricerca di una condivisa conoscenza in maggior divenire. Essendo conoscenza mai finita, non è mai finito il nostro viaggio verso la verità.
Secondo le infinite emozioni della vita che dice sé stessa, la Natura e lo Spirito, sentono sempre, anche quando la Cultura non sa oppure opina su ciò che sentono la Natura e lo Spirito. Si può affermare, allora, che il corpo della vita (la sua Natura) e il suo Spirito (vitalità nella Natura, e vita nella Cultura) sono sedi della verità di ogni verità, anche quando la Cultura non sa oppure opina. I principi della vita sono attendibili sedi di verità a noi diretta, anche nella vita animale e vegetale.
Nella Natura vi è il principio del Bene. Nella Cultura vi è il principio del Vero. Nello Spirito vi è il principio del Giusto che si origina dalla corrispondenza di vita fra il Bene ed il Vero.
NATURA
CULTURA SPIRITO
Per il Principio dello Spirito giusto detto dal Bene che corrisponde al Vero la Natura è Via, la Cultura è Verità, lo Spirito è Vita.
Ogni Natura forma la sua Cultura come ogni contenitore forma il contenuto che a sua volta forma il contenitore.
Nessuno può dirsi detentore della Verità, se non riducendo la vita del Principio a delle umane idee sul Principio.
Se è vero che nessuno può dire circa la verità, è anche vero che nell’indicarci il luogo della Verità, lo può il nostro spirito (la forza della vita) quando è in pace.
Pace, è assenza del dissidio, vuoi fra vita e vita come fra vita e Vita. Nello stato della pace indicato dall’assenza del dissidio nello Spirito vi è verità (e Verità) perché nello stato di pace la vita perpetua sé stessa senza errore culturale e senza dolore naturale e spirituale.
Le vie della verità religiosa sono iniziate sulla via della verità naturale.
il Bene per la Natura
il Vero per la Cultura il Giusto per lo Spirito.
Nei suoi principi, anche la vita a somiglianza dell’Immagine è bene per quello
che la sua Natura è
vera per quello che la sua Cultura sa <> giusta per quello che il suo Spirito sente
Non vi sarebbero principi di Somiglianza se così non fosse, tuttavia, stessi principi non attuano stessa vita.
Come nell’Immagine, vita è corrispondenza di stati fra tutti ed in tutti i suoi stati così nella Somiglianza, ma non potendo raggiungere l’assoluto (vi è un solo Assoluto) la Somiglianza rimane trinitario_ unitaria.
La corrispondenza fra i suoi stati di Somiglianza è potenzialmente unitaria tanto quanto la condizione del suo stato è proporzionale allo stato di coscienza (luogo di ogni conoscenza) circa i principi della sua vita, di quella prossima a sé, come prossima all’Immagine.
Dove l’amore per la vita ci diventa principio pensiamo secondo il Padre; dove ci diventa Maestro pensiamo secondo il Cristo detto dai Vangeli; dove ci diventa abbandono nel Padre pensiamo secondo il Profeta detto dal Corano; dove ci diventa percorso pensiamo secondo Budda; dove ci diventa vita pensiamo oltre noi; dove diventa la nostra vita pensiamo secondo noi, ma, vita, è stato di infiniti stati della corrispondenza fra i suoi stati, quindi,
non possiamo non essere anche stato degli stati di quelli che ci hanno indicato la loro verità.
Perché primo stato della vita il Principio è Sovrano. In quanto sovrano è Maggiore. In quanto sovrano perché primo e maggiore è Assoluto. In quanto assoluto perché primo, sovrano e maggiore è il Principio del suo principio. In quanto principio del suo assoluto principio è, necessariamente, il più Grande di ogni principio. Il Principio della vita sino al suo principio (la vita) non può non essere più grande di ogni nome perché il nome viene dopo ciò che nomina.
Il Principio è Genesi del numero di ogni vita e Genesi della vita di ogni numero.
–
E’ Motore Immobile perché il suo principio è la vita che è. E’ Motore mobile perché il principio della vita che è (la vita) genera la vita che è.
Per l’assoluto stato della vita che è (Atto che si attua in atto) il Principio della vita è l’origine delle forme e delle figure degli infiniti stati di sé.
Secondo lo stato della corrispondenza fra i suoi stati (al principio e del Principio assolutamente unitari) la vita informa secondo Cultura in ragione di quanto e di come pone forma secondo Natura.
Ciò che è assoluto non può avere che un’unica parte. L’assoluto principio di ogni principio, quindi, è UNO.
In quanto assoluto, il Principio può essere potenzialmente conoscibile solamente nella vita emessa dalla Forza e dalla Potenza del suo Spirito.
Al principio della vita non vi è un altro Principio perché non c’è un’altra Natura oltre alla principiante; non c’è un’altra Cultura oltre alla principiante; non c’è un altro Spirito oltre al principiante.
Il Dolore, l’Errore, il Dissidio e il Male ci impediscono di somigliare alla vita dell’assoluto Bene secondo Natura
dell’assoluto Vero <> dell’assoluto Giusto
secondo Cultura <> secondo Spirito
IL MALE
è dolore
naturale e spirituale
da errore culturale
NEANCHE
per questa strada si giunge a conoscere la Verità che è nell’assoluta inesistenza dell’Errore e del Dissidio.
SI RICONOSCONO PERO’
I tre caposaldi della non_verità
Errore
Dissidio Dolore
IN RAGIONE
dello stato, l’Errore conduce al corrispondente Dissidio che conduce al Dolore che conduce al Male naturale se offende la Natura, e/o al Male culturale e spirituale se offende i principi della Vita.
COME LA VITA
è stato di infiniti stati, così il Dolore, così l’Errore, così il Male, così il Lutto. Il Lutto (di qualsiasi condizione e comunque provocato) è il ristagno della vitalità nel bene; del vero nel pensiero, e della vita la parola.
LETTERA AD UN IO CONFUSO a Paola R.
Secondo la tua NATURA tu sei quello che sei
CULTURA SPIRITO
Secondo la tua Cultura tu sei ciò che sai.
In quello che sei e per quello che sai tu sei la vita che senti secondo la forza del tuo Spirito: vitalità nella tua Natura e vita nella tua Cultura.
POICHE’ LA NATURA SENTE
quello che la Cultura sa, la Natura è via della vita della Cultura.
Poiché la Cultura sa ciò che la Natura sente, la Cultura è via della vita della Natura.
Perché Forza della Natura che corrisponde alla sua Cultura lo Spirito è via della vita.
NATURA
CULTURA SPIRITO
NELLA VITA
(stato di infiniti stati dello spirito che si origina dalla relazione fra Natura e Cultura) la corrispondenza fra gli stati è via della destinazione di sé verso altro sé. Ciò che la motiva è la simpatia.
VI E’ SIMPATIA
verso una Natura e/o la Natura; verso una Cultura e/o la Cultura; verso una vita e/o verso la Vita.
LA SIMPATIA
è moto della forza della vitalità naturale e della vita culturale. Il principio della vita del suo spirito è nello stato che l’ha originata.
NELLA SIMPATIA
si desidera ciò che l’altro è;
ciò che l’altro sa; <> ciò che vivifica
la forza della vita: lo Spirito.
Lo stato della Simpatia fra simili stati attua il desiderio di Comunione fra stati.
INDICATI DALLA SIMPATIA
verifica della corrispondenza
naturale
culturale e spirituale
della destinazione dei moti di un IO verso l’altro. Nella relazione di corrispondenza fra gli stati, reciproca accoglienza della vita corrispondente per Simpatia.
LA SIMPATIA
ha tre stati di percezione: nel primo stato la si sa perché la si sente ma non si sa perché la si sente. Il primo stato di conoscenza da simpatia è proprio della Cultura della Natura: corpo della vita comunque effigiata.
IN QUANTO SE NE CONOSCONO
i motivi culturali nei naturali, nel secondo stato di percezione della Simpatia si sa perché la si sente.
IL SECONDO STATO
di conoscenza da Simpatia è proprio della Natura della Cultura: conoscenza della vita comunque saputa.
QUANDO LA NATURA
degli stati corrispondenti sentono ciò che sanno e la loro Cultura sa ciò che sentono, la Simpatia è propria dello Spirito: forza naturale e potenza culturale della vita e terzo stato di conoscenza da Simpatia.
NELLA SIMPATIA
la Natura desidera ciò che dell’altro sente; la Cultura desidera ciò che l’altro sa; la vita desidera ciò che dell’altro vivifica il suo spirito.
LA SIMPATIA
è proprio ed altro desiderio di vita. Nella vitalità che motiva è la via che sostiene la corrispondenza degli stati in moto di destinazione verso la corrispondenza di vita naturale, culturale, e spirituale propria ed altra.
LA SIMPATIA
veicola gli stati della personalità individuale, sociale e spirituale verso sentimenti affini.
La meta di prevalenza della destinazione degli infiniti moti di vita cui si corrisponde per affinità da Simpatia, segna di sé il
personale
sociale e spirituale
destino.
CON FLEBILE SPIRITO CHE FATICA SOPRAVVIVERE
Vita, è lo stato di infiniti stati della trinitario – unitaria corrispondenza
fra Natura
Cultura Spirito
Lo Spirito è forza tanto quanto alimenta il Corpo ed è vita tanto quanto alimenta la Mente.
La forza dello Spirito non può essere maggiore della conoscenza (o l’opposto) se non ponendo dissidio fra gli stati della vita.
Natura per quello che siamo
Cultura Spirito
per quello che sappiamo <> per quello che sentiamo
La Natura è il luogo del Bene
La Cultura Lo Spirito
è il luogo del Vero è il luogo del Giusto
che si origina dalla corrispondenza fra il Bene ed il Vero.
Nel corpo del nostro principio (la Natura) vi sono tre fondamentali emozioni:
Depressione
Esaltazione Pace
DEPRESSIONE quando vi è difetto di forza nella vitalità.
ESALTAZIONE quando vi è eccesso di forza nella vitalità.
PACE quando vi è corrispondente incontro fra vitalità e conoscenza.
Come la vita, anche questi stati di forza sono stati di infiniti stati, così nessuno è depresso in assoluto, esaltato in assoluto, pacifico in assoluto.
La Persona è quello che di prevalenza è perché la corrispondenza di vita fra gli stati non fissa nessun spirito (nessuna forza della vita) al dato stato.
Del nostro stato di pace si può dire che è l’omeostasi spirituale della vita. Raggiungiamo quella condizione di forza, tanto quanto sappiamo estirpare i dissidi
dal nostro Corpo
dalla nostra Mente <> e <> dal nostro Spirito
Per raggiungere la pace (segno di verità perché assenza del dissidio) lo Spirito mediatore da al Corpo e alla Mente la stessa misura di vita:
1 per la Natura
1 per la Cultura 1 per lo Spirito
Uno per la Natura, Uno per la Cultura, ed Uno per lo Spirito sono Uno della vita, perché, vita, (bene per la Natura e vero per la Cultura per poter essere giusta allo Spirito), è unità fra gli stati, non, addizione di stati.
Una vita è somma tanto quanto è trinitario – unitaria. Con altre parole: sé stessa.
Vi è dell’errore nella verità, e/o del male nel bene, e/o della carenza di forza nella vita, tanto quanto la trinitaria misura degli stati non permette l’unità.
Ciò è dovuto a tre fondamentali errori: sbagliamo, quando ciò che siamo (Natura)non tiene conto di ciò che sappiamo: Cultura.
Sbagliamo quando ciò che sappiamo non tiene conto di ciò che siamo: Natura.
Sbagliamo quando ciò che siamo e sappiamo non tiene conto di quanto sentiamo: Spirito.
Il raggiungimento dell’unità fra gli stati implica il ricorso alla mediazione. Uno Spirito non mediatore rischia di dare agli stati della vita della forza di contrastante stato. Per mero esempio:
3 alla Natura
1 alla Cultura <> e <> 8 per lo Spirito
Nel caso in ipotesi, è vero che lo Spirito esalta il corpo (ciò che è) ma è anche vero che lo fa a scapito della mente: ciò che sa.
Per rafforzare il proprio spirito vi è chi opera compensi per la propria Natura e/o per la propria Cultura quando li si avverte e/o li si teme (quegli stati dell’Essere) non corrispondenti all’idea che si aspira ad essere per propri bisogni e/o per bisogni comunque indotti.
L’identità maggiora lo stato e/o la misura dei bisogni
naturali
culturali spirituali
da adeguare perché pensati e/o temuti non adeguati concedendo maggior forza alla Natura
Cultura Spirito
e/o maggior conoscenza alla Cultura e/o maggior spirito alla vita.
Concede maggior spirito alla Natura chi opera per favorire la forza del Corpo.
Concede maggior spirito alla Cultura che opera per favorire la Conoscenza.
Concede maggior forza alla vita chi opera per favorire il suo Spirito.
La maggiorazione per compensazione è a termine per l’inevitabile declino dello stato naturale, culturale e spirituale che la motiva.
Affrontare quel declino è affrontare un lutto. Nel contesto del discorso, per lutto intendo la remissione della vanità e/o della forza aggiunta per ambizioni di potenza (fine a sé stessa o no) se questo è il caso.
Di per sé, lo Spirito non è tanto e né poco: lo Spirito è forza. Ciò che la rende tanta o poca, (con altro dire, esaltata o depressa), è l’erronea corrispondenza con gli altri due stati.
In ragione dell’equa corrispondenza la Natura conforma e conferma la vita della Cultura. La Cultura conforma e conferma la vita della Natura. Lo Spirito conforma e conferma la vita della Natura e della Cultura.
L’equa interdipendenza fra gli stati, conforma e conferma la reciproca mediazione. Nella reciproca mediazione, ogni stato è il mediato mediatore della vita del corrispondente stato. Con altro dire, è paracleto del Paracleto.
Cosa ci dice che lo Spirito manca di mediazione? Ce lo dice l’errore. Chi ci dice quando vi è errore? Dove ancora non lo sa la Mente o lo Spirito è incerto, con sicurezza lo dice il dolore.
Il dolore è il male naturale
e spirituale da errore culturale.
Il dolore afferma questa verità in ogni lingua, ma, la voce della Natura media il peso di quella universale “cultura” dicendo:
lo Spirito è medico quando
la temperatura della mente <> ha gli stessi gradi del corpo.
Il raggiungimento della mediazione fra gli stati della vita
impedisce allo spirito di essere flebile, e per questo, di non patire la vita come pesante.
L’Istituto superiore della Sanità, incarica il Gruppo “C” di Verona, di studiare un malattia che deprime la vita pur non ledendo il corpo. Non vedo cosa ci sia di nuovo – mi dico. Sono cose che succedono, quando un insieme di fattori ammalano la forza della vita: lo spirito. Siccome pensavo, (e penso), di capire qualcosa sullo spirito, intervengo presso il dottor S. con questa lettera. Se anche con le immagini dei concetti non ricordo. Ricordo, però, di aver immediatamente tradotto il titolo a mio modo. All’epoca, la mia emozione era come una volpe in un pollaio. Ve lo immaginate il casino che faceva fra le galline, pardon, fra i concetti?
A proposito di “emozione”. L’emozione, è la parola della vita che dice sé stessa. Se nei “malati” da quella sindrome la Cfs, si può dire, Con Flebile Spirito, della mia Cfs potevo dirla, “Che Fatica Sopravvivere”. A proposito di sopravvivere, mi domando come farò a cavarmela dai casini che ho scritto, ma, quel che è peggio, mandati in giro. Per quanto cerchi, non trovo che una risposta: confessarseli, correggerseli e, rimandarli in giro. Mi domando, se anche per la cura della Cfs sia necessario applicare questa auto terapia: vedersi, non per quello che abbiamo sognato di essere, (o ci è stato detto che siamo), ma per quello che si è.
Quindi, (sia pure con fatica), accettare la constatata identità. Terapia della rassegnazione? No! Terapia della sincerità! Ho la sensazione che con la sindrome da Cfs, la medicina tenti di entrare nella casa della Psichiatria. Secondo me, l’intrusione finirà con reciproco guadagno. Per il paziente non lo so. Essendo sindrome, con il fare, dovrai considerare anche l’essere della Persona: soggetto, non meno sindrome del male che denuncia. Prima di inoltrarmi nel discorso, non posso non dire cosa intendo per Persona e qual è la sua immagine. La Persona è l’immagine dello stato unitario trinitario che si origina dalla corrispondenza fra i suoi stati: Natura, Cultura, Spirito.
Tanto quanto i suoi stati corrispondono, è tanto quanto la Persona trinitaria è unitaria. Tanto quanto una persona è unitaria e tanto quanto è sé stessa e, quindi, integra. Per quanto riguarda il tuo essere di tecnico, pensa allo spirito come alla forza della vitalità, che, allo Spirito come forza della Vita, ci penso io. Pensare allo spirito come alla forza della vitalità, ti consentirà di procedere per la terra che conosci. Non dovrebbe meravigliare l’età dei malati. E’ l’età delle massime tensioni vitali, però, è anche l’età dei massimi contraccolpi. La Cfs, dice che un contraccolpo ha provocato un crepo.
Ora, si tratta di trovare il luogo di quel crepo. Secondo l’immagine che ho introdotto sopra, il luogo può essere nella Natura: stato di principio, del principio della sua vita. Nel caso lo sia, ciò vuol dire che una Natura, (la parte fisica dell’identità), ha emanato verso la vita, una carica di vitalità, (di forza), che non ha trovato sufficienti agganci, sviluppi, conferme. Non avendole trovate, quella vitalità è tornata al mittente, con forza direttamente proporzionale all’emanazione, se il soggetto ha in altro la sua base, (una confermante idea di sé), ma inversamente proporzionale alla emanazione, se il soggetto non si fonda, anche in altra confermante base.
Sia nel caso direttamente proporzionale che in quello inversamente proporzionale, il contraccolpo può essere di segno + o di segno -, per infiniti, (la vita stato di infiniti stati di vita), e sindromatici fattori. Il segno + e -, dicono il genere di sofferenza che si origina nella forza dello spirito di quella persona. Quando è +, il contraccolpo nello spirito provoca delle esaltazioni. Quando è – provoca delle depressioni. Quello che vale per l’emanazione naturale, vale per quella culturale e spirituale. I contraccolpi sono originati da risposte non date dal corpo, non date dalla mente, non date dallo spirito.
Essi crepano la Persona, quando i suoi ammortizzatori mentali, (i dati del discernimento), sono scarichi perché demotivati, o carichi di una esistenzialità non corrispondente all’effettivo essere. In genere, una demotivazione copre un lutto interiore: la morte di una idea di sé. Può essere del sé naturale, di quello culturale, di quello esistenziale. Di quello cioè, che risponde ai perché vivere. Una esistenzialità impropria, (convenzionale al sociale ma non alla data individualità), è un pezzo della vita, non originale, per quella vita. Come succede per le macchine, i ricambi non originali corrispondono agli originali come forma ma non come sostanza, quindi, sono più soggetti ad usurarsi.
La C.F.S. indica, che un pezzo non originale della vita di una persona, si è definitivamente usurato Vi sono anche dei pezzi non originali che pur facendo cedere il soggetto non cedono nel soggetto. Sono estremamente cari: vedi ogni forma di droga.
La Pedagogia dell’Amore e della Comunione fra tutti ed in tutti gli stati della vita intende ausiliare la conformazione dell’essere e la conferma dell’esistere secondo il personale spirito.
Indicando ciò che deve essere posto in comunione per poter essere amore, nel contempo indica cos’è l’amare.
L’AMORE E’ L’AMANTE CHE INSEGNA L’AMANTE E’ L’AMORE CHE IMPARA
Chi pone l’amore prima della verità, ama ciò che sente prima di ciò che sa. Chi ama ciò che sente prima di ciò che sa è principiato dalla passione. La passione ascolta sé stessa. L’amore ascolta la vita.
Sino dal principio della sua esistenza l’individualità è strutturata dalla ricerca del maggior Bene mosso dal desiderio del piacere naturale per il maggior senso del vero culturale che porta al maggior senso del giusto che porta al maggior senso del bene che porta al maggior senso del vero che porta al maggior senso del giusto che porta a …
Dove vi è corrispondenza di vita fra stato e stato
vi è l’amore indicato dalla comunione naturale e/o culturale e/o spirituale.
Essendo la massima comunione fra i suoi stati il Principio (l’UNO) è il massimo segno dell’Amore
In amore gli stati trinitariamente fondanti tanto quanto corrispondenti sono tre:
Passione secondo Corpo
Comunione Spirito
secondo Mente secondo Vita
In ragione del raggiunto stato della comunione fra gli stati la vita vive l’Amore che può per quanto è
per quanto sa per quanto sente
Nella Pedagogia dell’Amore e della Comunione sono figure l’Immagine del Principio della vita e quella a sua Somiglianza
Natura
Cultura Spirito
Per Natura intendo il corpo della vita comunque formato; per Cultura, il pensiero della vita comunque concepito; per Spirito, la forza della vita comunque agita.
Se così è in Basso (nella Somiglianza) così non può non essere in Alto: ne consegue che
Natura
Cultura Spirito
sono gli stati di principio in ambo le figure.
Le corrispondenze fra gli stati sono relazioni di trinitario_ unitaria interdipendenza fra gli stati. Sono le Vie che permettono la Comunione che permette l’Amore.
Per Alto non intendo lo stato della vita che tutte le religioni hanno potuto immaginare per mezzo dell’elevazione del rispettivo Basso. Intendo, invece, la Forza e la Potenza della vita al principio del suo stesso principio.
Comunione, è l’unitaria corrispondenza fra i trinitari stati di
Natura
Cultura Spirito
personali, sociali e, per elevazione culturale, spirituali.
In ragione dello stato della Comunione fra stati, quindi, si può affermare che uno stato che corrisponde ad un altro è uno stato che ama l’altro secondo la misura della raggiunta Comunione.
Indicando ciò che deve essere posto in Comunione per poter essere Amore questa visione della vita ausilia la conformazione dell’essere e la conferma dell’esistere.
Poiché vita è corrispondenza di stati. ed il Principio il massimo stato della comunione che li permette, ne consegue che il Principio è il massimo stato dell’Amore per il massimo stato della Comunione fra i suoi stati.
Non vi sarebbe Amore detto dalla Comunione fra l’Immagine della vita e la vita a sua Somiglianza (come fra Somiglianza e Somiglianza) se non vi fosse (naturale, culturale e spirituale) un intrinseco patto fra vita e vita quando non fra la vita particolare e la vita universale.
La comunione fra gli stati è lo stato della vita che permette l’Alleanza. Non può non esservi Alleanza fra la
Natura del Principio
la sua Cultura e il suo Spirito
e la nostra Natura
la nostra Cultura e il nostro Spirito
essendo la Comunione fra gli stati della vita l’inscindibile legame che in ragione dello stato della Comunione rende prossimi o non prossimi ai principi del Principio.
Dove non vi è prossimità fra stati, vi è errore, dissidio e dolore tanto quanto vi è separazione fra stati.
Senza alleanza fra vita e vita (o elevando il pensiero fra vita e Vita) non vi sarebbe cellula a sé prossima, né vita ad altri e/o altro prossima.
Ognuno partecipa all’alleanza fra vita e vita
(o elevando i concetti fra vita e Vita)
per quello che secondo Natura è
per quello che secondo Cultura sa <> per quello che secondo Spirito sente.
Per tale partecipazione, ognuno da, in quello che è, quello che può. Non può diversamente, se non esaltandosi e/o deprimendosi, ed in ciò ferire la sua
Natura
falsare la sua Cultura <> alterare il suo Spirito.
Essendo la vita, una trinitario unitaria corrispondenza di stati in tutti e fra tutti i suoi stati, il dissidio, che ne impedisce l’unitario raggiungimento denuncia l’assenza di verità tanto quanto l’impedisce.
CIRCA LA VITA, IL PRINCIPIO, LA PAROLA, E LE PAROLE.
Sino dal principio e dello stesso Principio la vita afferma la sua esistenza secondo la sua Forza (vitalità nella Natura) e secondo la sua Potenza: vita nella sua Cultura.
Forza
Potenza Vita
La vita emette la sua Forza e la sua Potenza in ragione dello stato del suo stato. Nello stato del Principio la sua emanazione è assoluta.
Perché principi primi già dal principio sono assoluti. Ciò che è assoluto non può avere che un’unica parte. L’assoluto principio di ogni principio, quindi, non può non essere
UNO
Al principio della vita non vi è un altro Principio perché non c’è un’altra Natura oltre alla principiante; non altra Cultura oltre alla principiante; non c’è altro Spirito oltre al principiante.
ll Principio della vita è il luogo del Bene in assoluto. Del Vero in Assoluto. Del Giusto in assoluto.
In quanto assoluto può essere potenzialmente conoscibile solamente nella vita emessa dalla Forza e dalla Potenza del suo Spirito.
Anche la vita derivata dal Principio è
NATURA
CULTURA SPIRITO
Gli stati della vita non sono più di tre, perché, vita, è corrispondenza di stati, non, somma di stati.
Pur avendo gli stessi principi del Principio, la vita comunque derivata non ne ha lo stato.
Ciò che dell’Immagine è UNO diventa trinitario_ unitaria nell’immagine somigliante.
Per fede e non di meno per ragione la vita ammette un solo Principio.
Potenzialmente unitaria lo diventa tanto quanto i suoi stati sono prossimi (somiglianti) allo stato dell’Immagine.
Dove vi è addizione di stati e fra stati vi è tentazione potere. Ogni genere di potere emerge dalla divisione che pone fra vita e vita e/o nei suoi stati.
Dove vi è corrispondenza di stati e fra stati vi è l’amore indicato dallo stato della comunione raggiunta dagli stati.
Sino dal principio della sua esistenza l’individualità è strutturata dalla ricerca del maggior Bene spirituale mosso dal desiderio del piacere naturale per il maggior senso del Vero culturale che porta al maggior senso del Giusto che porta al maggior senso del Bene che porta al maggior senso del Vero che porta al maggior senso del Giusto che porta …
La Natura è il luogo del Bene
la Cultura lo Spirito
è il luogo del Vero è il luogo del Giusto
che si origina dallo stato della corrispondenza fra il Bene ed il Vero. Dove la corrispondenza è mancante si insinua l’errore tanto quanto è mancante. L’errore viene detto peccato da chi si informa in canonica. Il peccato viene detto errore da chi si informa a scuola.
La vita è bene tanto quanto il trinitario stato della corrispondenza fra i suoi principianti stati
il Bene secondo Natura
Il Vero secondo Cultura <> il Giusto secondo Spirito raggiunge la massima unità che può.
Poiché, vita, è stato di infiniti stati, anche il massimo raggiunto è stato di infiniti stati. Ne consegue che anche il massimo raggiunto è misura soggetta a variazioni. Si può considerare stabile (nel senso di meramente indicativa) solo la misura che si pensa prevalente.
Nello Forza della Natura e nella Potenza della Cultura
La Natura è Via
La Cultura è Verità lo Spirito è Vita
La vita parte dal principio con questo corpo
Natura
Cultura Spirito
A fine Forza naturale e a fine Potenza culturale, con lo stesso corpo torna alla Vita (tutto dal principio e dello stesso Principio) come disincarnata immagine della raggiunta FORZA naturale; come disincarnata immagine della raggiunta POTENZA culturale; come disincarnata immagine del raggiunto SPIRITO.
Parola è l’emozione della vita che dice sé stessa perché pensa, perché valuta come pensa, perché si valuta mentre pensa.
E’ mancante la vita che non vive ciò che pensa; che non valuta come si pensa; che non si valuta mentre pensa.
E’ indubbio che la prima impronta di donna che abbiamo ricevuto è la madre. C’è chi cerca la donna, allora, perché cerca la madre? Chi la cerca, per continuare ad amarla nella donna? Chi la cerca, per possedere la madre? Chi per essere “posseduto” dalla donna_madre? La donna_madre è anche padre, tanto quanto imprime i suoi principi culturali sul figlio. Allora, c’è chi nella madre, cerca il padre? In genere la donna è maestra di sentimento, mentre il padre è maestro di forza. La donna_padre, rischia di imprimere nel figlio, un sentimento e una forza in con_fuse informazioni? Chi nella madre gestrice della cultura del figlio cerca il padre (mancato, e/o sostituito gestore della cultura maschile del figlio) direi che non può non cercare un alterno carattere di Donna. Questo alterno carattere si trova nelle Donne “dominanti”.
La dominante accoglie il maschio tanto quanto l’accogliente. Diversamente dall’accogliente, però, é portata a non accogliere l’uomo perché spirito culturalmente affine. Da ruoli sociali e/o religiosi forzosamente sottomessa all’uomo, la donna dominante rischia di diventare esistenzialmente frustrata anche al punto da diventare distruttiva, come autodistruttiva. Quale genere di maschio, può accettare di farsi dominare dalla donna? Direi, quello che vive il suo carattere sessuale secondo prevalente Accoglienza: dato il naturale, principio culturale della donna. Dovrà essere, quindi, il genere di maschio predisposto ad essere la culturale “femmina” della donna maschile. Se vissuta con reciproco equilibrio (quella con_fusione fra ruoli) è una corrispondenza di vita che vale un’altra.
Non lo è, però, ogni volta, nella femmina_maschile, emergono bisogni da donna_femminile. La donna maschile che non è stata resa donna femminile può giungere a disprezzare un maschio, in quei frangenti, ritenuto e/o sentito debole e/o comunque insufficiente per più casi e/o modi. Oltre che disprezzato, il maschio dalla prevalente identità sessuale femminilmente virile, rischia di venir rifiutato anche come uomo. Quando succede, fra le parti si costituisce una familiare infelicità da contenuta amarezza. Quando non più contenuta, oltre che divorzi e vari genere di guai può irrigar tragedie.
L’esaltazione naturale, culturale e spirituale è un errore che non sempre riesco a dominare. In quell’errore, ci cado ogni volta reagisco, con dolore, ad un dolore. L’esaltazione che mi è difetto (in questa lettera spero di evitarla anche se l’ho detto troppe volte per crederci) quasi mai è conseguente ad una sofferenza verso la mia vita, ma, dolore (male tanto quanto errore) verso la vita o la Vita. Leggendo il suo intervento ” Quel volto protervo …” ad un certo punto mi è parso di sentire il calore dello stesso fuoco (la vita in eccitazione) che sento in certi spropositate condizioni naturali, o culturali, o spirituali. Dell’esaltazione si può dire che è l’immediatezza dello Spirito (della forza della vita) che aspira al Principio: l’umano se è quello che ricerca la persona in esaltazione, oppure, il soprannaturale, se quella è la fonte della ricerca della persona in quello stato.
Quando quella prontezza è in overdose (lo è quando non tiene conto che di se stessa) può far andare l’intelletto fuori dai binari imposti dal giudizio. Nei miei scritti, creda, non sono poche le volte che ci sono andato. In genere, me ne accorgo quando ho la mente più fredda, ma, tanto più essa è presa da una passione come da un dolore e, tanto più tempo ci vuole per raffreddarsi, cioè, abbassarsi al discernimento che attuo nello stato di quiete. La mente si può abbassare da se o può essere abbassata dallo stesso soggetto. Per quanto mi riguarda agisco in due contemporanei modi: aspetto che si abbassi e/o, discernendo sul dato caso, faccio in modo che lo possa prima. Per certi argomenti (in genere i culturali di tipo spirituale) dopo anni dall’emozione, la mente non mi si è ancora raffreddata, ed io, dopo anni di ripetuto lavoro non ho ancora finito di farlo. Per quanto conosco, lo stato che ha principiato la vita, essendo il suo Principio, non può non essere che assoluto.
Poiché la vita è bene, il suo Principio non può non essere che il Bene. Essendo il Bene lo stato del Principio, ed essendo il Principio assoluto, va da se che quello stato di principio non può contenere nessun stato diverso da se stesso: men che meno il Male. Il Principio della Vita non può contenere il Male se non diventando principio di Bene e di Male. Allora però, avremmo due principi di vita divina e, dunque, non un solo Dio ma due. La vita divina si origina dal suo Spirito: forza che corrisponde dalla Natura della sua Cultura. La Natura della vita è Bene per quanto è Vero alla sua Cultura e, corrispondentemente, Giusto al Suo spirito. Se lo Spirito della vita è la forza del Bene per quanto è vero e giusto al Suo stato, va da se che il Male (ingiustizia da incoscienza o da opposizione sino all’attuazione per quanto non è bene alla Natura, falso alla Cultura e dunque erroneo alla Vita divina quanto umana) se può permanere presso gli uomini, certamente lo può per la forza della sua e della loro vita ma non certo per quella divina.
Lo Spirito è la forza della Natura del Bene per quanto è vero alla Sua Cultura e giusto alla Sua vita. Siccome ciò che è della Natura è anche della Cultura (diversamente non vi è vita tanto quanto i due stati sono separati) allora, lo Spirito, per mezzo della sua forza, oltreché direzione del bene naturale è anche direzione del bene culturale. Siccome la forza della vita è il prodotto della corrispondenza fra Natura e Cultura, allora, lo Spirito della vita, dando vita secondo la forza che si promana dalla corrispondenza fra i due stati, anima sia i due stati che la loro vita. Lo Spirito che è il principio della vita del Bene secondo la Natura della sua Cultura (cioè, secondo forza) può dirigere verso una meta che non sia il bene sino dal Principio di ogni bene? Direi proprio di no. Allora, il Male da quale spirito è diretto?
Se il Male è distanza dal Vero tanto quanto è colpa verso il Bene, allora direi che il primo Spirito (la forza della prima vita) che in piena coscienza attuò l’opposizione al suo Principio di vita (il Bene) fu la vita che in principio si originò come Male ed è la vita che origina la Natura della sua Cultura: il male presso di noi. Se il Male sorse da opposizione verso il Bene, allora, l’opposizione, indipendentemente da cosa sia sorta o come sia avvenuta è il peccato d’origine. Da ciò ne consegue, che ogni stato di opposizione verso ogni stato di vita ha in se degli stati del peccato d’origine, cioè, degli stati di male del Male. Lo stato di Male, all’origine fu primo in assoluto ma non è stato assoluto, perché, stato assoluto, è quello del creatore della vita, appunto, il Bene dal Suo principio: Dio. Se fosse il Male lo stato assoluto della vita, va da se, che essendo male il suo principio, in nessun stato della sua vita neanche il Male avrebbe vita.
E’ per questo che il Male potrà anche vincere tutte le battaglie contro la Cultura della vita ma non vincerà mai quella contro la sua Natura: il bene che è anche nel Male. Non la vincerà, perché neanche il Male, è male sino alla distruzione della Natura della vita (il bene di se stesso) che non da lui si origina ma dal Bene. Potrebbe farlo solo distruggendo Dio ma se lo potesse ciò significherebbe che potrebbe distruggere il Principio della stessa vita e, dunque, anche della sua. Non lo potrebbe neanche distruggendo il suo spirito personale, in quanto non è da quello che si origina la sua forza di spirito ma, pur essendogli principio della vita della sua Natura e certamente non della vita della sua Cultura, è lo Spirito del Principio che gliela origina. Va da se che non può distruggere neanche lo Spirito della Vita se non distruggendo ciò che pur principiando la sua forza, certamente non è principio della sua vita. Certamente può distruggere la sua Cultura (quella di sé, male) ma, questo è un bene e, dunque, contraddittorio con il suo stato.
Ma se anche il Male giungesse a distruggersi, al discernimento sulla nostra vita mancherebbe un termine di paragone e, questo, sarebbe si, un bene, ma quanto giusto? Se mancandoci alla vita un termine di paragone non può essere giusto, allora, non può neanche essere vero e, dunque, neanche bene. Questo significa che il Male ha una sua legittimità? Direi: nel far capire si, ma nel fare del male no. Come capire il Male? Il Male è dolore naturale e spirituale da errore culturale. Direi allora, che il Male legittima la sua vita facendo sentire (e, dunque, capire) l’errore culturale attraverso il dolore naturale e spirituale che comunica. Come non fare il male che si è capito perché sentito ed in ciò delegittimare la pedagogica legittimità della vita del Male? Se il Male attraverso il suo principio naturale (il dolore che da l’errore) legittima la sua vita ed il suo scopo pedagogico presso la nostra, nel non permettergli il suo principio culturale (l’errore che da il dolore) si annulla la sua legittimità magistrale e, dunque, la sua esistenza. Il Male, dunque, di per se è una vita che non ha vita, ameno che, non gli si conceda la forza (lo Spirito) della nostra. Per quanto sostengo, affermare che il Male abbia forza divina quando in alcun modo può essere parte del Bene divino, al più, parte dell’umano, significa confondere sia ciò che è anche sovrumano (il Male) da ciò che è esclusivamente divino (il Bene) sia ciò che è spiritualità di origine religiosa da ciò che può anche essere una fuorviante letteratura religiosa.
1
1 1
1 x la Natura: il luogo del Bene; > 1 x ) la Cultura: il luogo del Vero; > 1 per lo Spirito: il luogo del Giusto che in ragione dello stato della sua forza e della sua potenza, unitariamente corrisponde con la Natura nel Bene per la Cultura nel Vero .
Giustizia è assenza di ogni dissidio. L’assenza di ogni dissidio è pace. In una Natura in pace vi è giustizia. Essendo cessazione di ogni dissidio (la giustizia) dove vi è giustizia data dalla pace perché è cessato ogni dissidio, non può non esservi che verità: se non raggiunta fra vita e vita è raggiunta fra vita e Vita. Sia nella Natura della vita della propria Cultura, che fra la propria ed altra, quando non vi è dissidio fra il bene della Natura ed il vero della Cultura perché vi è pace, la vita, non può non essere che nella verità di ciò che è giusto: lo Spirito. Poiché pace è tacitazione di ogni dissidio e alla tacitazione di ogni dissidio segue il silenzio, nel silenzio della pace dato dalla verità che ha tacitato i dissidi, vi è il principio della ricerca dell’origine di ogni verità. Nessuno sa cosa è bene dato il vero che è nel giusto, ma, ciò che non lo sa la Cultura lo sente la Natura.
Nella vita della Cultura della Natura (lo stato di ciò che sa perché sente) che non corrisponde al bene per ciò che è giusto dato il vero, lo spirito è depresso. Nella vita della Natura della Cultura ( lo stato di ciò che sente perché sa ) che non corrisponde al vero per ciò che è bene dato il giusto, lo spirito è eccitato. Poiché ciò che è depresso o eccitato non è in pace, ne consegue, che lo stato di pace in una Natura è ciò che afferma il bene di ciò che è nel giusto, perché, alla sua Cultura, vero.
L’AMORE E’ L’AMANTE CHE INSEGNA. L’AMANTE E’ L’AMORE CHE IMPARA
Sentiamo l’amore secondo Natura. Voce della Natura è la passione. Della passione si può dire che è il motore emozionale della vitalità. Sappiamo l’amore secondo Cultura. Voce della Cultura è il dato della Mente. Della Mente si può dire che è il dato del Sapere: motore della vita. Poiché, quello che è della Natura non può non essere della Cultura, (pena degli stati di dissociazione nella vita) ne consegue che l’amore è comunione fra i dati della vitalità nella Natura (il corpo della vita) e della Cultura: la mente della vita. Dove la corrispondenza fra fra dati è mancante, anche l’amore non può non risultare mancante. Vi è una universale formula di ricerca dell’amore? La direi questa:
passione
comunione vita
nella corrispondente misura di Forza naturale e di Potenza culturale.
Il principio dell’amore è la verità.
Chi pone l’amore prima della verità, ama ciò che sente prima di ciò che sa. Chi ama ciò che sente prima di ciò che sa, è principiato dalla passione. La passione ascolta sé stessa. L’amore ascolta la vita.
La via della morale religiosa è iniziata sulla via della morale naturale.
I principi, infatti sono gli stessi:
il Bene per la Natura
il Vero per la Cultura <> il Giusto per lo Spirito
Per essere medium? Semplice! Basta essere schizofrenici in vario modo e/o condizione, oppure, possedere conoscenza e coscienza delle ulteriori possibilità della vita. Come si ottiene quella possibilità? Semplice! Bisogna andare fuori il reale costituito e che costituisce la personalità, oppure, non essere ancora dentro ciò che costituisce la personalità: caso questo, dei medium in età e/o di mente che ancora non hanno raggiunto la piena coscienza del loro essere, in essere su questa realtà, non, in un qualsiasi altrove. La medianità che si manifesta nelle personalità appena dette, con il loro crescere, cioè, con il loro prendere atto della realtà loro e della circostante, in genere, cessa.Concordo e no sul significato letto nella Treccani. Concordo dove una personalità fissa la sua dissociazione in maniera patologica a più livelli: nel personale, nel suo morale – spirituale, nel suo sociale. Discordo, invece, dove la data personalità, può tornare nella sua prima, e/o principale, e/o prevalente identità, quella, cioè, esistente prima della dissociazione manifestata. Schizofrenia, inoltre, è un nome che definisce una assoluta condizione. Diversamente, è nome che contiene diversi stati e/o condizioni del suo nome, così come, vita, contiene infiniti stati di vita. Si può dire, allora, che vi sono medium malati, solo quando trovano nella loro medianità, un esclusivo riferimento di vita; diversamente, non sono malati i medium che considerano la vita della medianità (o data dalla medianità) solo uno dei tanti riferimenti a loro offerti offerti dal mondo. Cosa tutela il medium dalle incognite che gli giungono dalla medianità: mare magnum sempre gorgo, anche quando non è in burrasca? Lo tutela, un attaccamento al suo “qui ed ora”, che deve essere senza ombra di dubbio.
Gli angeli sono spiriti, cioè, forze della vita che sono stati e della vita sovrumana che sono diventati. So che non credi nell’Oltre della vita. Accetta questo papiro, allora, solo per amor di tesi.
* Secondo le nostre elementari conoscenze, sono detti angeli gli spiriti prossimi ai principi del principio della vita e diavoli quelli lontani.
* I non prossimi ai principi del Principio sono ancora prossimi al nostro principio, cioè, allo stato di questo piano della vita.
* Lo stato della prossimità fra spiriti è permesso dallo stato dell’affinità fra stati: così in Basso e così in Alto.
* Non può non essere in Alto (il luogo dell’Immagine) quello che è in Basso: il luogo di quanto vi è a sua immagine.
* Se ciò non è, allora, vi è una sola Immagine: la nostra vita. Non seguo questa ipotesi ma neanche posso non vederla.
* Incarnata o disincarnata che sia, l’affinità di spirito permette (in ragione della misura del rispettivo stato) la comunione di forza e di potenza anche fra spiriti dell’Alto e spiriti del Basso.
* Dove non vi è l’affinità che permette la comunione, il dissidio fra stati la separerà. Accade questo anche fra spiriti disincarnati nel Basso e spiriti nel Basso incarnati.
* Essendo l’Assoluto principio della vita, lo Spirito al vertice dell’Alto (al principio) può concedere solamente il suo assoluto: è se Vita è, vita da.
* Per quanto il suo stato sia affine a quello dello Spirito, nessun spirito (o angelo che lo si pensi) può giungere all’Assoluto. Ne consegue che lo stato Basso e/o in basso può comunicare solamente la forza e la potenza che nello Spirito è diventata.
* Uno spirito disincarnato del Basso può influire quello che è nel nostro spirito di Bassi incarnati.
* In ragione dello stato di spirito, l’influsso di forza e di potenza avviene anche fra spiriti ancora incarnati in Basso; l’esperienza fra vissuti ci ricorda quanto sia banalmente vero se solo ci pensiamo senza materia.
Il fatto che uno spirito appartenga ancora allo stato Basso della vita non necessariamente significa che sia malefico e/o diabolico. Significa, invece, che è un portatore di verità che, provenienti dal suo essere nel Basso, non possono non recare le basse cognizioni che hanno formato (o al caso deformato) il sue essere. Più che portatori del male, allora, sono portatori dell’inevitabile errore che è in ogni lontananza da ciò che è Vero quanto al Giusto corrisponde il Bene. Spiriti del male, invece (il Male è il dolore naturale e spirituale da errore culturale) sono quelli che (verso i principi del Principio) perseguono una cosciente e volente opposizione. L’opposizione ai principi del Principio praticata dagli spiriti volenti e coscienti si può manifestare in modi evidenti ma non violenti come anche in modi evidenti e violenti. La manifestazione più pericolosa, però, è quella subdola. Il che è come dire che tutelarsi dai lupi è molto più semplice che tutelarsi dai tafani: tanto più, quando non siamo svegli.
LO FINIRO’ DOMANI PERCHE’ NON C’E’ LA FACCIO PIU’
Per quanto mi par di sapere nessuna vita sfugge alla ripetizione della ripetuta materializzazione che diciamo Reincarnazione. Per questo non credo nell’esistenza di un Nirvana per sempre. Credo invece, in una riduzione dei ritorni per riduzione dell’ignoranza che è prevalente causa di ritorno. Si, tutto considerato, Reincarnazione è rifare gli esami e più conosciamo la materia VITA e meno abbiamo bisogno di rifar gli esami.
PAROLA E’ L’EMOZIONE DELLA VITA CHE DICE SE’ STESSA
NATURA
CULTURA SPIRITO
La vita dice sé stessa in ragione dello stato della sua forza naturale e della potenza culturale. Lo può perché animata sino dal principio dello stesso Principio dalla forza e dalla potenza che in tutti i tempi abbiamo detto Spirito.
Il Principio è l’Immagine della vita. Il nostro principio è immagine all’Immagine somigliante.
L’Immagine degli stati del Principio è assolutamente unitaria. Per questo diciamo che il Principio è l’Uno. Come il Principio raggiunge l’assoluta unità perché tende verso i suoi assoluti principi (il Bene per la Natura, il Vero per la Cultura, il Giusto per lo Spirito) così, nel suo stato e del suo stato verso gli stessi principi tende l’immagine principiata dal Principio. Poiché la vita concepisce l’assoluto solamente nel primo principio, la tensione verso i principi a immagine di quelli del Principio non raggiungerà mai l’assoluto.
In ragione dello stato della vita dei nostri principi il nostro spirito è soggetto a maggiorazioni o a diminuzioni della sua forza e della corrispondente potenza. Lo spirito che è aumentato o diminuito in ragione dello stato della corrispondenza fra gli stati della Somiglianza aumenta o diminuisce gli stati che l’aumentano o lo diminuiscono.
Raggiunto il massimo stato del suo stato in questo piano della vita, nell’ulteriore il nostro spirito si collocherà prossimo all’Immagine della Forza e alla Potenza della Vita (lo Spirito) in ragione dello stato della forza e della potenza raggiunta. Esemplificando: nel nostro spirito ammesso un raggiungimento di valore 4, per lo stesso valore si collocherà prossimo allo Spirito.
La vita che è stato di infiniti stati in tutti e fra tutti i suoi stati non può non mutare (direi necessariamente) il valore raggiunto. Il quattro in esempio, quindi, potrebbe diventare un tre (ed in quello approssimarsi maggiormente allo Spirito) oppure allontanarsi dallo Spirito perché è diventato un 5: ma quello che è diventato un cinque non è detto che rimanga fissato in quella misura.
In quale misura possiamo dire che il nostro spirito ha raggiunto la sua costante cifra? Il raggiungimento e la stasi di una data misura renderebbe fisso il nostro stato di spirito e per questo assoluto.
Poiché vi è un solo assoluto, ne consegue che il nostro spirito è soggetto a costante mutazione di stato; mutazione minore negli spiriti dello stato Alto della vita e maggiore negli spiriti dello stato del nostro piano della vita: il Basso.
Del Basso, le religioni hanno detto che è il luogo della Caduta dei portatori di principi contrari al Principio. Non concordo con questa visione in verticale ma siccome non sono un religioso per forma e questo scritto non è da religione passo oltre.
Diversamente sostengo che Basso sia il “luogo” di chi (per infinite cause volute e/o subite, stati, condizioni, cultura, e via elencando) è (in senso orizzontale) lontano dalla conoscenza dei principi del Principio.
A) Sempre secondo stato di infiniti stati e sempre secondo infinite misure degli stati, nel luogo Basso del nostro spirito vi è chi agisce secondo la spirituale Cultura del Bene: il piacere che esclude l’errore perché esclude il dolore. Sia pure meno in Alto, questo Basso è meno in basso.
B) Sempre secondo stato di infiniti stati e sempre secondo infinite misure degli stati, nel luogo Basso del nostro spirito vi è chi agisce senza colpa perché cosciente del suo stato e dei corrispondenti principi a livello naturale e/o indistintamente quelli a livello culturale e spirituale.
C) Sempre secondo stato di infiniti stati e sempre secondo infinite misure degli stati, nel luogo Basso del nostro spirito vi è chi agisce i principi della propria vita posta al Centro come unica e superiore immagine, di altre incuranti se non dipendenti dalla sua.
Comunque sia lo stato esistenziale dei vissuti in Basso e comunque e/o dovunque siano moralmente o non moralmente diretti, tutti orbitano attorno al luogo del Principio (il centro della vita) perché tutti ambiscono al maggior Bene, al maggior Vero, al maggior Giusto, e tutti, da quel Centro, sentono (sentiamo_sentiremo) sia lo stato di prossimità con il Principio
dato dal Bene nel Vero che è del Giusto, come lo stato di non prossimità dato dal non bene nel non vero che è del non giusto.
Oltre che nello stato Basso della vita il non_bene, il non_vero e il non_giusto sono anche nello stato Alto. Con altro dire: se negli stati in Basso, il non vero, il non bene e il non giusto possono assumere lo stato di macchia, in quelli in Alto anche un’ombra sullo spirito può esser vissuta come macchia.
Non vi è immagine della nostra vita che non subisca l’usura della forza e della potenza, e con queste, anche quella delle emozioni che imprimono pensieri, parole, convinzioni, ecc.
Ciò evita che ogni stato in estasi di bene, di vero, e di giusto, si stabilizzi in stasi. Ciò comporterebbe la stasi di tutti gli stati della vita e di conseguenza la stasi dei vissuti nei viventi di questa come nell’Ulteriore.
Si può pensare che in quanto Assoluto neanche il Principio della vita sfugga alla stasi. Direi di no perché il Principio è Motore mobile e Motore immobile. E’ Mobile perché agisce il suo principio: la vita. E’ immobile perché E’ il suo principio: la vita.
Anche il nostro spirito è motore mobile e immobile. In ragione del proprio stato è mobile perché agiamo il nostro principio (la vita) ed è immobile perché siamo il nostro principio: la vita.
Vita è stato di infiniti stati. Si origina in ragione dello stato della corrispondenza fra tutti ed in tutti i suoi stati. Al principio e dello stesso Principio:
NATURA
CULTURA SPIRITO
Per Natura intendo il Corpo della vita comunque effigiata. Per Cultura il pensiero della vita comunque raggiunto. Per Spirito, la forza della vita agita secondo la Giustizia indicata dallo stato della corrispondenza fra i principi del Bene per la Natura e del Vero per la Cultura.
I principi del bene come del Bene; del vero come del Vero: del giusto come del Giusto emergono con verità (nella Verità) dove è assente il giudizio che porta al Dissidio. In assenza del Dissidio la vita perpetua la sua prevalente forza (il suo giusto spirito dato il Giusto dello Spirito) senza prevalente dolore naturale e spirituale e senza prevalente errore culturale.
L’errore culturale che porta al dolore naturale e spirituale è uno stato di spirito (di forza) intrinseco alla vitalità e alla vita perché dovuto al suo essere copia dell’Immagine. Poiché non è della Copia la volontà di esserlo, la vita al principio del nostro stato ha intrinseca innocenza.
Lo stato assolutamente unitario del Principio si distingue da quello trinitario_unitario del nostro principio per l’intrinseca condizione del rispettivo stato: assoluto il Primo, non assoluto quanto dal Primo è conseguito. Come, quando, e cosa, sono materie da Dissidio. Al Principio nulla aggiungono e nulla tolgono, anzi (settoriandolo) riducono l’Indicibile (che è Parola universale) a parola particolare. Così facendo, però, diventano i secondini del Principio che hanno galerato in sezioni. Per questa strada, invece…
Come la vita è stato di infiniti stati, così i discorsi dello Spirito sono stato di infiniti stati; ci dicono lo stato della corrispondenza o della divisione fra gli stati dove non prossimo ai principi del Principio.
Poiché la parola è l’emozione della vita che dice sé stessa, così le emozioni dello Spirito (esaltate, depresse o in pace) ci dicono lo stato spirituale dei nostri vissuti.
Vi è Pace, tanto quanto la forza della vita e della vitalità non patisce dissidi fra Natura e Cultura. L’assenza del Dissidio conseguente alla presenza della Pace permette alla vita di perpetuare sé stessa senza male naturale e spirituale da errore culturale.
Secondo un proverbio romeno chi si è scottato col brodo teme anche lo yogurt. Potrei verificare lo scritto, allora, solo se disposto a riprendere le scottature. Lascio tutto come sta.
In qualche mese del 1995 al Febbraio 2023
Sino dall’inizio della mia strada “per Damasco” ho potuto ordinare le “rivelazioni” che sentivo nel mio spirito come riesce a non bagnarsi chi è allo scoperto sotto la pioggia.
Vi sono due generi di Metempsicosi. Vi è quella attuata dal Principio della vita, che “incarnando” la sua forza (incarna nel senso di porre vita nella materia) la mette in vita, e vi è quella degli spiriti che hanno vissuto questo piano dell’esistenza. Naturalmente, il Principio della vita incarna il suo Spirito, non la sua identità. Essendo assoluto perché l’Uno, infatti, non può ripetersi in altro principio. Non solo: solo il Principio può contenere il suo principio. Si può dire, allora, che il Principio della vita è la sempiterna incarnazione del suo principio: la vita. Si può dire, inoltre, che la sua “metempsicosi” durerà sino a che durerà la vita. Oltre non “vedo”. Lo spirito che incarna la sua forza in un’altra forza è invasivo tanto quanto lo fa e lo può. Si può pensare allora che vi sono spiriti con intento dominante, e spiriti che dico compartecipi. I compartecipi influiscono ma non condizionano la volontà della vita che inconsapevolmente li ospita.
Siccome agiscono secondo Spirito (i non condizionanti e/o comunque interferenti) li si può dire spiriti Alti ma di inverificabile… altezza. Secondo stati di infiniti stati, la metempsicosi avviene nella carne per lo spirito che sente di dover ripercorrere le emozioni del corpo. Avviene nella mente, per lo spirito che sente di dover ripercorrere le emozioni del pensiero. Avviene nello spirito, per l’anima che sente di dover ripercorrere le emozioni della forza. Avviene nel corpo, nella mente, e nell’animo, per lo spirito che sente di dover ripercorrere il suo vissuto. Tanto quanto ne sente il bisogno e tanto quanto può diventare invasivo sino al dominio della vita che inconsapevolmente lo ospita. A maggior ragione se fra lo spirito ospite e l’ospitante si stabilisce un “cosciente” rapporto di reciproco uso. E’ quello che in genere succede nei casi di più eclatante medianità.
Non tutti gli spiriti rivelano la loro presenza. Lo fanno i dominati dai dissidi fra ciò che erano e facevano e ciò che credono di essere e di poter fare. Lo possono fare anche spiriti “mistici” a vari livelli e condizioni. Come tali (o tali si credono) sono i più influenti, ma non per questo non spiritualmente dominanti. Diventano spiritualmente dominanti, non perché invadono intenzionalmente il nostro spirito, ma perché glielo permettono i nostri bisogni da superiori rivelazioni. Per infiniti stati di vita, lo spirito che cerca il bene, il vero, e il giusto si reincarna secondo spirito di verità, ma quale stato di conoscenza hanno della Verità? Non di certo dell’Assoluta. E’ inevitabile, quindi, che siano portatori di parziali quando non del tutto erronee verità. La forza che anima il corpo (luogo della Natura della vita) e la mente (luogo della sua Cultura) è lo Spirito.
La vita dello Spirito (la Natura della sua Cultura) è il principio della vita della mente a cui da vita. Sia nel supremo che nell’ultimo, vita, è rapporto di corrispondenza fra Natura (il corpo), Cultura (la mente) e Spirito: la forza che si origina dalla corrispondenza fra i due stati. Lo Spirito origina la vita secondo la sua forza ma la vita originata persegue il proprio spirito secondo la sua. Da ciò ne consegue, che la vita originata dall’influsso dello Spirito delibera il suo inizio naturale ed il suo principio culturale e spirituale secondo quanto stabilisce di accogliere dello Spirito della vita che l’ha principiata. Ciò che delibera lo stato dell’accoglienza dello Spirito è il rapporto di corrispondenza fra gli stati della vita principiata. Lo Spirito che origina la vita, è il corpo interiore (l’anima) che anima ciò che anima. Ciò che si anima per la sua forza (per la sua Natura) e per la sua vita (per la sua Cultura) è il corpo esteriore dello Spirito animante.
Del corpo esteriore, allora, si può dire che è l’anima materiale che contiene l’anima spirituale (il corpo interiore) della forza della vita: lo Spirito. Siccome vi è la forza dello Spirito (l’anima che anima la vita del Principio) e la forza degli spiriti (l’anima che anima la vita dei principiati dalla forza del Principio) allora, vi sono due stati di Metempsicosi: quella dello Spirito che si “incarna” nella vita, e quella degli spiriti che si incarnano nella vita originata dalla Vita. La Cultura della Natura dello Spirito (ciò che sa sulla sua forza) origina il corpo naturale. La Natura della Cultura dello Spirito (ciò che sa sulla sua vita) origina la vita: corpo naturale che, dato lo spirituale, corrisponde con il culturale. Poiché Metempsicosi è trasferimento di un corpo in un altro ed il ha corpo tre stati
sia sul piano sovrumano che su l’umano, da ciò ne consegue che lo stato della reincarnazione ha tre stati di vita: la naturale, la culturale e la spirituale.
Nella Metempsicosi data dallo stato supremo della vita (quella del Principio soprannaturale) lo Spirito incarna la forza (la sua Natura) della sua vita (la sua Cultura) ma della sua Cultura ne incarna il principio: la vita. Nella metempsicosi data dagli stati della vita che sono conseguiti al Principio, in ragione dello stato del loro stato (soprannaturale o naturale) anche gli spiriti incarnano la forza (la Natura) della loro vita (la Cultura) ma incarnano il principio di spirito che sono, cioè, la loro vita. L’unità della trinità degli stati della vita è solo dello stato supremo: il Principio della vita. Data l’unità della trinità dei suoi stati, la metempsicosi dello Spirito, è reincarnazione della sua totalità: la vita. Gli stati principiati sono unitari tanto quanto si corrispondono. Da ciò ne consegue che solo lo Spirito incarna la vita (unità dei suoi stati) mentre gli spiriti incarnano stati di vita, cioè, parti di sé.
Lo stato della reincarnazione è corrispondente allo stato dell’influsso: supremo quello dello Spirito e, secondo stati di infiniti stati di vita, corrispondente al loro stato quello degli spiriti. Lo stato dell’influsso è corrispondente allo stato della corrispondenza con lo stato in corrispondenza. Tanto quanto lo sono, la Metempsicosi avviene fra spiriti affini. Siccome l’affinità di spirito fra vita e vita è stato di infiniti stati di vita, da ciò ne consegue che anche gli stati della metempsicosi sono infiniti. Lo stato della forza dello Spirito dice lo stato della vita. Lo stato della vita (corrispondenza fra Natura, Cultura e Spirito) dice lo stato della forza. In ragione dello stato della sua forza, vita, è bene nella Natura, vero nella Cultura e, giusto nello Spirito. Se uno spirito di valore cinque (tanto per dire la misura di uno stato di vita) si colloca presso lo Spirito del Principio in diversa misura, (ad esempio: quattro o sei), avendo subordinando la ragione della sua Cultura (il vero) al bene, sarà ingiusto sia verso lo Spirito che verso il suo Spirito.
Per il male naturale e spirituale che è in ogni errore culturale, dunque, sarà sofferente sino a che non si collocherà nello stato che gli corrisponde: il cinque in esempio. Per quanto è a conoscenza della loro coscienza, da ciò ne consegue che: in ragione del confronto di vita fra la forza dello Spirito e la loro, gli spiriti che tornano allo Spirito, si collocano presso quello stato secondo il loro stato di spirito, cioè, secondo lo stato della forza della loro vita. Uno spirito è vita nello Spirito, secondo lo stato di somiglianza fra la sua vita e quella dello Spirito: immagine del Principio della forza. Tanto più uno spirito è somigliante allo stato Spirito e tanto più è vicino al principio della forza: lo Spirito. Di converso, tanto più uno spirito non è somigliante allo stato dello Spirito e tanto più è lontano da quel principio. Tanto più è lontano dal principio della vita (la forza dello Spirito) e tanto più è vicino al proprio principio: la forza del proprio spirito.
Tanto più gli spiriti sono vicini allo stato dello Spirito e tanto più presso di quello si identificano. Tanto più si identificano nello Spirito e tanto più sono identificati dallo Spirito. Tanto più sono identificati dallo Spirito e tanto più sono lontani dal loro. Tanto più sono identificati dal proprio spirito e tanto più non lo sono dallo Spirito. Secondo stati di infiniti stati di vita (e secondo infinite corrispondenze fra gli stati di Natura, Cultura e Spirito) uno spirito, meno è somigliante all’Immagine dello Spirito e più conserva l’immagine del proprio stato di spirito. Lo stato della Metempsicosi, dunque, è corrispondente allo stato dello Spirito che si incarna. Lo Spirito, dando la sua forza ad ogni stato di vita, necessariamente, è via di congiunzione (dallo Spirito al nostro e dal nostro allo Spirito) fra il Suo stato ed il nostro. Poiché lo è di ogni stato di vita, sia sul piano naturale quanto soprannaturale è via di congiunzione sia di quella spirituale (spiritualità è diretto rapporto fra la vita umana e quella del Principio) che di quella spiritica.
La vita spiritica è rapporto fra spiriti: forze naturali della vita e che è, e che furono in questo stato di vita. Nello stato soprannaturale gli spiriti sono forze che ancora conservano degli stati di spirito dell’umana identità che furono. Nello stato naturale, invece, gli spiriti umani sono forze che ancora conservano degli stati della spiritualità della vita che li ha originati sino dal Principio. Lo Spirito non può non essere continua emanazione di forza in quanto la vita non può concepire stati di interruzione. Non lo può perché ogni stato di interruzione sarebbe uno stato di morte della vita, ed in ciò, estrema contraddizione con il suo principio: la vita sino dal Principio. Ogni volta lo Spirito concede la propria forza (la Natura della Sua vita) concede la Sua totalità. Non può diversamente se non aprioristicamente discernendo come, a chi, o se dare più o meno forza.
Questo, però, significherebbe che lo Spirito predetermina la vita che ha originato ma la predeterminazione si scontra col principio dell’arbitrio: giudizio che è libero solamente se condizionato dallo spirito di chi discerne. Il condizionamento dell’arbitrio della Vita (l’Universale) sulla vita principiata (la Particolare) si ovvia perché se è vero che lo Spirito da vita agli stati della vita è altresì vero che la vita determina la propria secondo la forza dello spirito che si origina dallo stato della corrispondenza fra i suoi stati. La vita originata che segue le indicazione della giustizia nella sua forza (la pace) non per questo è predeterminata verso quella meta spirituale. Lo Spirito del Principio, essendo l’origine della forza che proviene dal giusto che corrisponde dal vero che è nel bene, necessariamente, non può non guidare che secondo il suo principio. Non per questo, però, lo Spirito predetermina la vita a cui da vita, in quanto la vita originata corrisponde fra di sè secondo il proprio.
Si può dire, allora, che in ragione dei principi adottati (quelli di bene e/o di male) la vita umana si predetermina in ragione dello stato di vita di prevalente scelta. Gli spiriti che tornano a questo stato di vita, se seguono il Principio della vita (lo Spirito) reincarnano la loro forza, ma, se seguono il principio della loro vita, il loro spirito, si reincarnano come Natura (forza) della loro Cultura: vita. Gli spiriti che tanto più conservano il proprio stato di vita, tanto più influiscono della propria personalità, la vita in cui si incarnano. Pertanto, nel bene come nel male, sono elevati gli spiriti che influiscono la loro forza e sono bassi gli spiriti che influiscono la loro vita. Citando un mio sogno, paragono lo stato dello Spirito ha un palazzo di cristallo.
Si può pensare di poter entrare in quelle stanze (stati della Vita) con le scarpe (il discernimento) ancora sporche d’incoscienza? Con questo non intendo dire che lo Spirito impedisce l’ingresso alla vita che vuole entrarci ma che sarà questa che si impedirà di farlo. Infatti, alla luce di un rinnovato giudizio (quello dato da una più cosciente conoscenza di se) confrontando la propria stanza (lo stato della propria vita) con quella dello Spirito (lo stato della Vita) si impedirà di farlo ogni volta constaterà una mancata corrispondenza di spirito (di forza) fra la vita dello Spirito e la sua. Nella vita dello Spirito, ogni differenza dallo Spirito è differenza di vita fra il nostro stato ed il Suo. In quanto ogni differenza è separazione fra Vita e vita, allora, ogni divario di vita fra i due stati non può non essere che dolore da separazione dal Principio: la vita di origine.
Poiché la differenza è dolore e, poiché il dolore essendo separazione dalla Vita non è vita tanto quanto è dolore, ecco che si è lontani dal Principio della vita tanto quanto l’ingiustizia nel nostro spirito ci ha reso dolenti. Poiché il dolore dato da ciò che non è stato giusto al nostro spirito si è originato dal male dato dalle erronee corrispondenze fra i nostri stati, ecco che, allo scopo di annullare (nel senso di chiarire ciò che impedisce di entrare nel Palazzo) ciò che è male per la Natura, falso per la Cultura e conseguentemente ingiusto allo Spirito della vita personale quanto verso quello della vita Universale, non si può non tornare a questo principio di vita. Non si può non tornare perché, presso la vita dello Spirito non vi può essere dolore in quanto il dolore, essendo un male, presso il Bene non può essere del Giusto. Uno spirito può arbitrariamente spostare il suo stato verso uno più elevato?
Direi che non lo può. Non lo può, perché quell’azione di egoistico bene non corrisponderebbe a ciò che è vero al Vero, e quindi giusto al Giusto. Per quanto uno spirito non voglia capire e/o accettare ciò che è bene, vero e giusto, comunque non può modificare l’evoluzione del suo discernimento se non fermando la sua vita allo stato di prevalente scelta. Può fermare la vita della sua conoscenza (ed in ciò separare la sua Natura dalla sua Cultura) solamente lo spirito che non vuole vivere ciò che sa. Lo spirito che separa la sua Natura (la sua forza) dalla sua Cultura (la sua vita) è uno spirito basso in quanto agisce secondo il principio di un bene, legato al principio del suo vero, ma slegato dal principio del Vero. Un giudizio che non è definitivo se non quando viene espresso da chi si giudica, necessariamente, ha degli stati sosta: quelli concessi dai tempi dati dalla volontà e dalla capacità di discernimento.
Nella sosta, il discernimento giudica ciò che è giusto perché vero al bene. Ogni stato di sosta, essendo arresto dell’elevazione verso il Bene data dal discernimento è purgatorio: luogo della pena della Cultura della vita che sosta la sua strada. Purgatorio non è condanna, ma stanza (stato) nella quale si attende alla giustizia secondo ricerca di verità. Per quel bisogno di verità secondo giustizia, allora, ci si reincarna sino a quando la si è raggiunta. La reincarnazione, dunque, può anche essere intesa come l’appello che il giudice di primo grado (il nostro spirito) rivolge allo Spirito: il giudice di supremo grado. Direi, che la definitiva collocazione presso lo Spirito (e, dunque, la cessazione delle metempsicosi) succede quando uno spirito ha compiuto il suo discernimento sulla Vita, mentre il ritorno verso questo stato di spirito (di vita) succede perché uno spirito non lo ha ultimato.
In ragione delle reincarnazioni e/o del loro stato, quando si torna a questo principio di vita, vi si torna con ciò che in precedenza si fu: le identità date dagli stati che si è vissuto. Siccome le identità che abbiamo vissuto possono essere infinite, allora, può esserlo anche l’identità spirituale e/o spiritica. E’ normale alla vita che vi sia reincarnazione di forza ma anormale che vi sia invasione di vita. Infatti, i rapporti di interferenza fra Vita e vita, cioè, fra lo Spirito e uno spirito, sono invasivi tanto quanto ingerenti sia sul piano soprannaturale che su quello naturale. Lo è perché un’invasione di vita devia e/o altera un percorso che non può non essere che personale. Come impedire l’invasione di vita? Direi che l’integrità della vita personale (stato dell’unicità dato dalla corrispondenza con i soli suoi stati) è già, ciò che la impedisce.
Anche lo spirito più collocato nella Vita dello Spirito comunque conserva l’identità dello spirito che nel bene e nel male è, in quanto, è l’identità dell’essere che è ciò che lo distingue dall’identità dell’Essere che in assoluto è. Nelle manifestazioni spiritiche, (elevate e/o basse che siano e comunque avvengano) e nei casi di manifesta reincarnazione e, al caso, di accettazione e seguito da parte della vita ospitante, questo dovrebbe essere un ulteriore e grosso motivo di riserva culturale e spirituale.
Il pensiero secondo lo Spirito apparso su questa strada opera per rendere la forza naturale e la potenza culturale dipendente dalle soggettive emozioni di
Bene
di Vero e di Giusto
vissute secondo lo stato della trinitario_unitaria corrispondenza di vita fra i tre stati
Non per questo esclude quanto di bene, di vero, e di giusto deve alla vita altra (personale e/o sociale che sia) ma per questo non vincola nessuno e da nessuno è vincolato
Persona avvisata persona liberata
Ps. Quando ho scritto “apparso su questa strada” non mi sono reso conto che “apparso” poteva far pensare chissà che! Forse “intuito” andava meglio o meglio ancora semplicemente “pensato”. Mi venga un accidenti se capisco perché risolvo le questioni solo dopo avermele complicate! 🙂
Gli stesori della Genesi raccontano che Dio originò la madre di tutti i viventi con il concorso di una costola del nato dalla terra. Se esclusivamente creazionista quell’impasto, che centra l’osso che sarebbe servito a Dio per originare Eva? Penso invece, che lo stesore (e/o gli stesori) di quel racconto l’abbiano usato per farci capire che la vita al principio creata dal Principio evolse sé stessa in altra vita. Lo penso perché, essendo un Assoluto, il Principio può emanare solamente l’immagine di sé, e cioè, la vita che è. Comunque originati, né il nato dalla terra come neanche la madre dei viventi sono principi assoluti. Pur non assolute del Principio assoluto contengono il principio: la vita come principio assoluto.
Se la vita è un principio assoluto in ambo i principi e se il Primo principio (la vita) è anche nel Secondo (la vita) si può anche pensare che il Primo principio (la Vita del Principio) originò, per implicito senso, anche il Secondo: la vita principiata dal Primo. Mi chiedo: perché il Secondo senso (la vita originata) non rimase assoluta parte della vita originante? Mi rispondo, perché, vita, è lo stato di infiniti stati che si origina dalla corrispondenza di forza (spirito naturale) e di potenza (spirito culturale) fra tutti e in tutti i suoi stati, e che quella corrispondenza di forza e di potenza non può non evolversi in altre condizioni del suo stato. Poiché l’Evoluzione non esclude la Creazione (come l’opposto) che senso ha essere partigiani dell’una o di ipotesi in bandiere per bande trasformate?
Teresa d’Avila ebbe a dire: “è maledetto chi crede nell’uomo!” In primo tempo ho pensato che fosse lei a maledirlo, a poi ho capito: credendo in altro da sé è l’uomo, che si maledice da sé. Di cosa si maledice, l’uomo del caso in questione? Direi che si maledice perché confida in un “luogo” spurio per la presenza del dolore, e dell’errore. E’ un Dottore della Chiesa che lo dice. Mica banane, vero! E’ vero che anche i Dottori non capiscono mica tutto. Ma se proprio non vogliamo credere a Teresa, beh!, la conosciamo bene la Natura umana, vero? Nessuna vita per quanto si elevi cassa la sua umanità, quindi, almeno per principio, nessuna vita per quanto elevata può dirsi pura fonte dell’Acqua di vita.
In passati interventi dicevo che c’è la Chiesa dell’amore, e la chiesa del potere. Tu non abiti sopra il fico da dove è sceso un certo Gabelliere, vero? Parto dal presupposto, quindi, che per quanto sai e puoi, conosci questa realtà almeno quanto me. Per questa conoscenza sai che la chiesa del potere ha fatto strame di infinita vita e di infinite altre verità. Questo non è un mio giudizio. Questo è il giudizio della storia! Per quanto mi riguarda allora, io non credo nella chiesa che si è fatta potere. E’ chiaro che credo in quella dell’amore. Non vorrei turbarti ma non posso neanche tacere se non diventando falso nei tuoi confronti. Aborro, l’ipocrisia!
Ebbene, io trovo chiesa dell’amore anche in quelli che, pur non credendo a nulla, amano, rispettano, e perpetuano la vita per infiniti modi. Naturalmente, lo fanno per quanto sanno e possono ed “ognuno da quello che può”. Perché, questo mio credo? Perché la vita è atto del Principio della vita. In quanto atto del Principio la vita è infinita ed universale Chiesa e Casa. Ti ricorda niente la frase: “Molte sono le dimore del Padre!” E, te credo! Avendo i principi del Padre tutti siamo dimore del Padre. Nessuno può negare il Principio. Al più, possiamo non credere nella Sua esistenza. Al più, lo possiamo nominare in vari (e vani) modi, ma, come in matematica, pur cambiando i fattori non cambia il risultato.
Allora, risvegliato dallo schiaffone di Teresa, allontanato dalle miserie della chiesa del potere, dove poteva trovare rifugio la mia orfanità religiosa? Lo potevo in un solo luogo: presso il Padre. Padre, è il principio della vita che ha attuato il Suo principio: la vita! Lì, la mia più petrea fede! Da questa pietra, posso vedere che tutto il resto è storia e storie, ma senza naufragare!
Signor Direttore: mi scuso per la seconda spedizione ma nella prima c’erano varie insufficienze. Con questa, invece, sono da Inquisizione! Con la prima, anche questa lettera rischia di essere sentita come un sermone. Diversamente, prova ad essere il logico svolgimento di un tema: “Lo sguardo di Dio”. Argomento poco attinente alla sua Rubrica, mi pare. Glielo spedisco lo stesso perché è dalle angosce sue e del signor G. che ho ricevuto l’impulso di scriverlo. Per rispondere ai turbamenti espressi da lei e dal signor G. nella lettera “Dio ci guarda dal primo momento della vita”, sono andato a vedere se chi ci guarda, è lo stesso Dio. In effetti è lo stesso, però, io lo guardo da un altro punto di vista. La parola è l’emozione della vita che dice sé stessa.
Siccome al principio c’è solo il Principio, la Sua emozione è sovrana. In quanto tale, assoluta. L’emozione di una vita sovrana perché assoluta, non può pronunciare nessun altro vocabolo, quindi, al principio vi è il Verbo, (sono), ed il Verbo è Parola (vita) presso la Genesi per come la vedo. La prima emozione di un essere, però, non manifesta il suo nome, ma la presa di coscienza del suo Essere. Prima di esserci il Suo nome, pertanto, c’è l’emozione concessa da quella presa d’atto. Se l’emozione conseguente alla presa d’atto è stata quella di sentirsi in vita, la prima parola di quell’essere non può essere stata che: vita. La mia immagine di Dio, cosa comporta?
Principalmente, comporta che prima di essere Nome, il Verbo è Vita, e che questo è il Suo primo titolo; comporta che da Sé stesso, il Verbo si è fatto vita già in Sé stesso; comporta, che essendo la Sua vita, prima parola, è primo profeta; comporta, (ammesso ma non concesso un termine alla vita), che sarà anche l’ultimo. Essendo il primo ed ultimo profeta della Sua vita, comporta anche, che al profeta Maometto seguirà il massimo concetto di Cristo: l’idea di Padre universale, perché universale emozione, dell’universale parola, che ha detto l’universale vita. Perché, al Profeta, seguirà il massimo concetto di Cristo e non la persona di Cristo?
Secondo me, perché dopo aver già concepito il Padre come massima idea di Verbo e di Vita, cos’altro può dire di più cardinale, se non ripetere il già detto? In quanto vita assolutamente sovrana, il Principio comprende solo sé stesso. Nel comprendere solo sé stesso, c’è di che rilevare una Sua indifferenza nei nostri confronti? Possedendo il Suo stesso principio (la vita), possiamo essergli indifferenti, solo se fosse indifferente a sé, quindi, non è pensabile. Accusiamo il Padre di indifferenza ogni volta lo cerchiamo nell’errore che porta al dolore, ma come possiamo trovarlo nella sofferenza (atto di meno vita, sia imposto che patito) se il Suo principio è vita, non, dolore?
Qualche volta mi domando se siamo a posto con le carte! Lo ascoltiamo dove non c’è, e poi Lo accusiamo di mutismo! A proposito dei conflitti che si sospetta fra Dio e Satana. Sono certo che anche alla ragione di un profano risulta chiaro che vi è impossibilità di confronto fra Creatore e Creatura, per quanto la seconda possa essere (sia pure divergente) a maggior somiglianza. Evidentemente, troppe emozioni fanno perdere il filo del discorso anche ai dotti. Tornando a me, da quando mi sono riappropriato di me stesso perché ho allontanando mani vicarie dalla mia ragione, non soffro più di angosce. Se lo crede opportuno, passi parola.
LA PAROLA E’ L’EMOZIONE DELLA VITA CHE DICE SE’ STESSA
Anni che furono, fra sonno è veglia una bellissima voce di donna mi disse: cristiano non cristiano. Lo fece tre volte. Ricordo che mi svegliai un pochino irritato: mica ero sordo! No, non l’aveva detto tre volte perché mi aveva reputato sordo. Me l’aveva detto tre volte (come poi ho intuito) perché gli stati di principio della vita sono tre, quindi, una volta per la Natura: il corpo della vita comunque effigiato. Una volta per la Cultura: la conoscenza della vita comunque ottenuta. Una volta per lo Spirito: la forza della vita comunque agita. Ulteriormente me le spiego (quelle tre volte) perché la vita nel nostro stato è trinitario_unitaria,
e stato di infiniti stati di vita. Per questo, soggetta ad essere trinitaria e non trinitaria secondo Natura.
Trinitaria e non trinitaria secondo Cultura. Trinitaria e non trinitaria secondo Spirito. Quello che vale per la vita e per la nostra vale anche per i miei discorsi: sono comuni e non comuni, comuni e non comuni, comuni e non comuni. L’affermazione si prova di per sé. Ulteriormente spiega perché il Mondo è pieno di infiniti linguaggi. Infinite, infatti, sono le emozioni che si sono fatte verbo e parola. Il Principio è nel verbo Io sono, e Vita nel dirsi secondo emozione, ne consegue che il Principio ha attuato il suo principio: la vita. Ogni religione ha dato nome al Principio in ragione della sua Cultura, ma secondo la mia lo nomino per attributo perché “non amo nominare invano e/o in modo vano”.
La mia parte non cristiana (non perché contrario ma perché pensiero altro) non sa perché il Principio sia già stato detto Verbo e Parola. Nel dire il mio perché, allora, spero di non star facendo la scoperta dell’ombrello! Se ammettiamo che il Principio sia a somiglianza della nostra immagine, dobbiamo anche ammettere che il Principio sia in grado di dire a sé stesso, sia chi è che cosa è. Ammesso il Principio che universalmente immaginiamo, cosa può dire di sé quel Principio? Sentendosi vivo dirà IO SONO e nel dire il Verbo dirà la Parola: VITA. Baso questa versione sulla Cultura nota, ma della religione nota io sono dentro e fuori, dentro e fuori, dentro e fuori.
Ne consegue, che la parte fuori del mio pensiero ha anche altri pensieri. Giusto per citare il fondante, il mio Principio è lo Spirito: la forza della vita sino dal principio e dello stesso Principio. Vero è, che il Principio è assolutamente unitario. L’Uno che è, quindi, è di inscindibile stato. Posso considerare su una parte del Principio, quindi, solo per amor di pensiero. Per questo amore, l’abbiamo pensato secondo Natura: è sono nati gli Dei. L’abbiamo poi pensato secondo Cultura e sono morti gli Dei. Invece, pensandolo secondo Spirito (forza o potenza del Principio) muore la vita solo se (in questo stato della vita) muore la sua forza ma i principi non muoiono.
Men che meno il Principio della vita di ogni principio. Essendo il massimo principio la vita del Principio è assoluta. Un assoluto non può originare altra identità, altri principi, altro nome: può solo sé stesso, quindi, c’è un solo Principio. In quanto assoluto del il Principio si può dire una sola verità: è quello che è.
Spiriti della vita o della mente? C’è chi sostiene che non esiste un sovra stato della vita, e che, quindi, non esistono neanche gli spiriti. Chi è di questa opinione afferma che gli spiriti non sono altro che voci provenienti (e/o fatti provenire) da altri stati della mente. Soprannaturali o sovra mentali che sia, nessuna verifica li può provare e nessuna verifica li può smentire, così, ognuno crede vero quello che crede vero. Il problema che ci pone lo spiritismo, allora, non è – esistono o non esistono gli spiriti? – ma, indipendentemente dal luogo di provenienza, se sono o non sono attendibili. Io sono di questa idea: dal momento che al di fuori dello stato naturale della vita esiste il male, e dal momento che al di fuori dello stato della mente esiste l’errore, in ogni caso, non possiamo considerare attendibili quelle voci. Per quell’inattendibilità, diventa inattendibile anche chi le segue. Non tanto perché alunni del male (per esserlo è necessario perseguirlo in piena coscienza) ma perché alunni dell’errore quando non maestri.
DENTRO FUORI OLTRE
Caro Francesco, tutti i credenti sono giunti ad accettare l’idea dell’unico Padre. Diverse solo le nostre interpretazioni. Fra le tante, quale la più grande perché la più vera? Quella biblica che lo narra simile al dispotico sovrano che fa e disfa la vita incurante della carne, sia dei sottomessi, sia di chi intendeva far sottomettere? Non so quando il Cristo evangelico smise di accettarlo così. Per quanto raccontano, quello che so, è che smise. Non per perdita di fede, smise, ma, evidente ipotesi, perché quel Padre non corrispondeva ai suo bisogni di figlio. Del Padre riesco a immaginare solo i principi della sua vita: Natura per quello che è; Cultura per quello che sa; Spirito per quello che sente.
Naturalmente, lo posso perché ho elevato al Principio i nostri principi: Natura per quello che siamo; Cultura per quello che sappiamo, Spirito per quello che sentiamo. I principi del Padre sono assoluti. I nostri, a quell’Assoluto somiglianti. Passami la ripetizione dei pensieri che seguono. Sono come le travi che reggono un soffitto: necessariamente ripetute. Poiché corrispondenza di stati fra Natura, Cultura e Spirito, la vita originata dal Padre è trinitario_unitaria. Il Padre, invece, è l’Uno; lo è perché gli stati al principio sono unitari in assoluto. Se così non fosse, avremmo più principi, in conflitto per bisogni di supremazia. Non risulta da nessuna parte che i bisogni di supremazia siano tipici del Padre.
Ben diversamente risulta dalle idee dei figli sul Padre. Il Padre, in quanto vita in assoluto, è identità, in alcun modo scissa. Se in alcun modo scissa, non può originare che un’unica volontà di vita; dare vita a sua immagine: perfetta! Certamente non sono io quello che sa cosa possa o non possa il Padre. Mi domando solamente: può fare qualcosa di illogico, con ciò intendendo dire un qualcosa che contraddica i suoi principi? Sia per fede che per ragione, secondo me, assolutamente no. Un Assoluto non può proiettare che il suo assoluto, e se assoluto Bene del Padre è ciò che proviene dal suo assoluto Vero perché assolutamente Giusto, assolutamente può operare solamente concedendo il suo assoluto principio: la vita.
Può una potenza (quella che origina la vita) contenere ciò che toglie potenza? Se deriva da un assoluto principio, no. Nell’assoluto principio concesso dal Padre, quindi, non ci può essere nessun errore, nessun dolore, nessun male. Se per molti motivi e/o modi la vita a sua Somiglianza viene scissa (lacerata e sinonimi) fra i suoi principi trova posto l’errore che porta al dolore che porta al Male. Il dolore è il male naturale e spirituale da errore culturale. E’ sommamente importante, quindi, che nulla di esterno alla data vita la separi da sé stessa. Tanto quanto non vi è separazione fra stato e stato, e tanto quanto vi è comunione fra stato e stato.
Non vi può essere comunione fra stato e stato, dove non vi è amore fra stato e stato. Essendo un principio assoluto, il Padre non può non essere che l’assoluta comunione fra i suoi stati. Per questo, è la massima immagine dell’Amore. La storia di Cristo mi fa pensare che nel genitore che ama trovò l’idea di Padre che corrispondeva ai suoi bisogni. Dicendolo d’Amore (il Padre promosso dai suoi bisogni) gli diede nuova immagine. L’amore permette la comunione che permette la vita. Guaio è, però, che pur permettendo la trasmissione del potere della vita, (e, quindi, del Padre) l’amore non permette la trasmissione del potere di vita su vita.
Guaio è, ovviamente, per quelli tentati da quell’imperio, come per quelli che lo attuano e/o lo perseguono: penso al Principato e alla Religione. Vero è, che senza il Principato e Religione come li conosciamo non si costituirebbe nessuna Società come la conosciamo. Si può dire anche vero, però, che una società è legittima tanto quanto concede suoi cittadini quanto è giusto perché bene al vero, e che è malsana tanto quanto non rispetta quella verità. Ciò vale anche per la Religione quando si fa politica. In vero, per tutte le religioni quando si fanno politicanti per questioni che nulla hanno a che fare con il Padre. Per quanto mi riguarda non ho perplessità nei confronti del Padre secondo Cristo.
Sono più che perplesso, invece, nei confronti di quelli che si dicono Vicari di Cristo (e, quindi, del Padre) mentre, più che altro, dimostrano di essere gli interessati esecutori testamentari di un’idea che seguono secondo opportunità, più che secondo verità. Non sto parlando di te, Francesco: dai discorsi, i presenti sono sempre esclusi. Giunti al punto, che fare, Francesco? Visto che la Barca comunque va, continuare così? Visto che la Barca comunque non potrà andare più di così prima di arenarsi in qualche lido, fare quello che fece Cristo, e cioè, pensare una nuova idea di Padre? E secondo quale verità? Quella indicata dal Bene che è Giusto tanto quanto è Vero mi viene da dire. Guaio è, che del Bene, che è Giusto tanto quanto è Vero, non tutti hanno la stessa idea.
Quale, l’universalizzante non solo a parole? Quello che non ho trovato nella Cultura l’ho trovato nella Natura: il corpo della vita. Nella Natura, vi è verità tanto quanto non vi è dolore. Tanto quanto non vi è dolore, e tanto quanto la Cultura della Natura permette la comunione che porta all’amore che porta all’Amore. Lo so: il guaio maggiore di un’idea che trovo persino ovvia sta nei pastori. Nella ricerca di pascoli per le pecore così abitudinari quando non aggrappati a cattedre e/o a bastoni. Anni che furono mi sono ritrovato in una situazione particolarmente complicata. Mi rivolsi al Don Ottorino: prete dei Filippini in Verona. Me la risolse. Non risolse quella legata alla mia identità sessuale, ovviamente.
Nella mia gabbia, però, apri un piccolo sportello: lassa fare a Lu! (Lascia fare a Lui!) Mentre lo diceva ho pensato: sto qua l’è mato! E se i pazzi avessero ragione, i sani quanto sono in grado di capire (ed accogliere) il Suo intervento? E se per molti motivi spaventati non l’accettassero, sceglieranno Barabba? Ancora?!
Per amor di tesi ammessa la facoltà di parola, di coscienza e di vita come in noi la conosciamo, quale, al principio e del Principio, la prima? Secondo questa strada.
LA PAROLA E’ L’EMOZIONE DELLA VITA CHE DICE SE’ STESSA
In ogni condizione dell’essere lo stato della coscienza corrisponde allo stato della conoscenza circa la sua vivenza.
Se ammettiamo assoluta la vivenza dell’identità al principio che i credenti nominano Dio (e che per rifiuto di nominare invano dico Principio) ammettiamo assoluto anche il riconoscimento di sé attuato dal Principio.
Ciò che è della Somiglianza, infatti, può non essere dell’Immagine? Direi solo nel caso che l’eguaglianza fra Immagine e Somiglianza si basi dove i deputati al dire e al sapere non hanno saputo (e/o voluto, e/o potuto) guardare il Principio della vita senza teologici velari.
Se l’avessero fatto avrebbero visto che se la vita della Somiglianza al principio di ogni principio è fatta così
NATURA
CULTURA SPIRITO
non di meno (sempre al principio di ogni principio) è fatta così
NATURA
CULTURA SPIRITO
anche la vita dell’Immagine.
In quanto sovrana perché prima, la vita del Principio è data dall’assoluta unità dei suoi stati. Gli stati della Somiglianza (unitario_trinitari) non possiedono lo stesso stato della vita del Principio. Al principio, infatti, non possono esserci due principi. Ne consegue che ad ogni stato è dato il suo principio.
Uno stato composto dall’assoluta unità dei suoi stati può emanare solamente la Forza e la Potenza del suo Essere: la dico Spirito.
L’Essere della Somiglianza contiene l’Essere dell’Immagine (la potenza della vita) in ragione dello stato del suo spirito: la potenza della sua vita.
Poiché vi è un solo Principio, non vi può essere diverso caso e/o sovrapposizione di principio su Principio.
Per questo, nessuna parola principiata (nessuna vita) può collocarsi e/o essere collocata prima della Parola: la vita del Principio.
L’emozione della vita drl Principio è stata Nuova Parola già dal suo principio.
Ne consegue che fu prima Profezia e che il Principio della vita (comunque si pretenda di conoscerlo e/o di chiamarlo e/o di invocarlo) è primo Profeta.
Dato il suo assoluto lo è prima di ogni vita. Lo è dove c’è vita. Lo è dove la sua Immagine sta.
ps. Mi sa che ho scritto un girone di parole! E’ andata meglio al Principio.: Ha detto tutto dicendone solo una: vita! Non imparerò mai! 🙂
Giorni fa, un pensatore dal nome che direi di origine polacca, (se non altro per le y e k nel suo cognome) si stava chiedendo se lo Stato può sopravvivere senza il sostegno della Religione. Secondo me, la domanda da porsi é quella contraria. Si chiedeva, inoltre, se esiste la morale laica, e se sia di bastante, e/o alternativo sostegno sociale. A mio avviso, la risposta è si, per ambo le domande. Perché? Perché il concetto di Bene (personale e sociale) è pre – religioso.
Nel senso che ha preceduto e contribuito a fondare ogni idea religiosa. Il concetto di Bene, è correlato al concetto di sopravvivenza: quella del corpo in primo. Funzionale alla sopravvivenza fisica fu la scoperta del concetto di Vero. E’ vero, infatti, ciò che favorisce il bene. Funzionale al concetto del Vero, fu la scoperta del concetto di Giusto. E’ giusto, infatti, il bene che favorisce il vero (se giudichiamo un dato atto dal punto di vista naturale) come è giusto il vero che favorisce il bene, se giudichiamo un dato atto dal punto di vista culturale.
La corrispondenza dei concetti fra il Bene
il Vero ed il Giusto
ha motivato la scoperta del concetto di Giustizia
Ciò che non è giusto perché non da piacere di bene e di vero, ha originato il concetto di dolore (sotto l’aspetto naturale) di errore (sotto l’aspetto culturale) e di male, sotto l’aspetto dello Spirito: forza della vitalità nella Natura e di vita della Cultura. Mi direte: quello che è bene per me, non necessariamente è vero, e quindi, neanche giusto per un altro piacere. Verissimo. Dalla constatazione, infatti, sono nati due concetti: il soggettivo, e l’oggettivo.
Nel contesto, per oggettivo considero un piacere relativo solamente a me, ed oggettivo, un piacere relativo ad altri da me. Allo scopo di permettere la coesione fra specifiche individualità, (onde permettere la sopravvivenza del bene collettivo) fu necessario fissare delle norme comuni: le oggettive. L’adeguamento a quelle norme formò la prima morale collettiva; e fu naturale, quella iniziale morale, perché nacque dalle esigenze di vita del corpo: vuoi singolo, vuoi collettivo.
Tanto quanto servì alla sopravvivenza della vita singola e collettiva, e tanto quanto la morale naturale, allora codificata, divenne vera, e quindi, giusta. Quello che è vero e giusto sulla carta, però, raramente rimane vera e giusta nella vita. Perché? Perché il bisogno di sopravvivenza (di un singolo e/o di una collettività che sia) è un piacere che può trasformarsi in potere, ed il potere, può mutarsi in sopraffazione: vuoi di singolo su singolo, vuoi di collettività su collettività. Il potere che porta alla sopraffazione cassa i valori della morale naturale che ha originato la culturale, ed in seguito la religiosa.
Nel pessimismo provocato dal riconoscere che la morale naturale non è bastante difesa contro i soprusi del potere, (della natura e/o dell’uomo) gli Antichi sentirono il bisogno di maggiori ausili. Chiamarono Dei, quegli ausili, e li fecero a propria immagine e somiglianza. Vi è conflitto fra morale naturale e morale religiosa? Dipende dal piacere di chi segue l’una o l’altra morale. Se in chi segue l’una o l’altra morale, il piacere gli diventa potere, ed il potere, ricerca di supremazia di uno o dell’altro pensiero, allora vi è inevitabile conflitto!
Può, la morale naturale, esser causa di conflitto con la morale religiosa? A mio avviso, no. La morale naturale, infatti, è molto più tollerante della morale religiosa, perché calibra ciò che è giusto al vero con il bene, mentre, la morale religiosa, calibra, ciò che è giusto al bene con un vero, del quale si reputa unica detentrice. La morale naturale, non sostiene di sapere cos’è la verità. Diversamente, lo sostiene la morale religiosa. Legittimo punto di vista, ma come la sostiene? Con un atto della fede. La fede non ha corpo, quindi, è provata solo dalla speranza in un Credo.
La morale naturale non si oppone alla speranza in un Credo, al più, non ci crede. Questo scetticismo, certamente non invalida la sua capacità di poter concorrere alle necessità unificatici dello Stato, e neanche la sua ricerca verso il bene individuale e sociale. Non trovandola in conflitto con la morale religiosa, quindi, (o quanto meno, con la mia morale religiosa) non vedo perché non debbo accoglierla, ed al caso, difenderla. Tanto più, perché non mi risulta che abbia un debole per le crociate e neanche per le crocifissioni.
M’inoltrerò nel discorso partendo da necessarie premesse.
Lo Spirito è la forza della potenza della vita; è forza sotto l’aspetto naturale ed è potenza sono l’aspetto culturale.
Allo Spirito somiglianti, così gli spiriti: forze della vita che furono su questo piano della vita e che sono nel piano della Vita.
Nel piano della Vita (l’Universale) lo Spirito è forza e potenza prima ed è il Principio che ha originato ogni principio. In quanto potenza prima perché al principio, è ed ha uno stato assolutamente unitario.
In ultima ma non per ultimo: la parola è l’emozione della vita che dice sé stessa.
Questo piano della vita ha stato trinitario_unitario. Lo stato è originato dalla corrispondenza di forza e di potenza fra tutti ed in tutti i suoi stati.
Al principio.
NATURA
CULTURA SPIRITO
Ora, perché gli spiriti non possono parlare? Ovvia, la prima ragione. A quella ragione suppliscono facendo parlare chi è in grado di “udirli” tramite il sentire. Tramite il sentire l’ascolto avviene “non per orecchio”. La vita che avviene in ragione della corrispondenza di forza e di potenza fra stati non ha mai lo stesso stato. Uno spirito che in ragione della corrispondenza fra i suoi stati ha raggiunto la misura cinque resta in quella misura solo fermando la corrispondenza di forza e di potenza fra i suoi stati. Facendolo, però, a quello stato fissa la condizione del suo stato. Facendolo, però, fissa anche la sua forza e la sua potenza allo stato raggiunto. Per questo, fissa anche l’esistenza del suo bene, del suo vero, e del suo giusto al dato stato.
Al dato stato ne consegue la stasi del suo stesso spirito. Questo è possibile solo alle forze variamente non coscienti di sé, oppure, alle forze che intendono restare (per varia vanità, o desiderio di vita e/o di umana potenza) nello stato che avevano raggiunto su questo piano della vita. Non so se per visione mentale o se per sogno mi è capitato di vedere e di essere visto (in ambo i casi per fulmineo tempo) da un papa ancora in trono e ancora vestito da alta cerimonia. Da sveglio, l’insieme della statuaria immagine me lo fece pensare un Mosè; e quel Mosè mi guardò come chi non sa capire quello che vede: chiudo la parentesi. Come la vita su questo piano è continua corrispondenza di forza e di potenza, così anche in quella del piano ulteriore.
La corrispondenza di stati rende mutevole lo spirito che, esemplificando, passa, così, da un già ipotizzato valore 5 ad uno maggiore o minore. Vedendo uno spirito come una corda da strumento musicale si noterebbe che il passaggio da uno stato maggiore a uno minore (come di converso) lo fa vibrare. Per questa possibilità lo dico diapason: “estensione dei suoni che una voce o uno strumento può avere dal tono più basso al più alto”. Anche lo stato della forza e della potenza del nostro spirito ci rende, vibrando, dei diapason. Delle emozioni si può dire che sono i toni della nostra forza e della nostra potenza. Per corrispondenza di spirito ricevendoli (è comune esperienza) siamo in grado di comunicare informazioni anche senza voce.
Analoga possibilità succede nella comunicazione di vita fra questo piano e l’ulteriore. Concludendo le ipotesi, si può affermare allora, che gli spiriti parlano in un solo modo: facendo dire di loro chi è in grado (recependo i toni delle loro emozioni) di diventare le loro corde vocali. Nei medium in buona fede, quelle manifestazioni sono vere, ma quanta Verità ci sia negli spiriti che si manifestano e in quelle comunicazioni nulla lo può confermare. Di fatto:
il Male può fingere il bene molto bene tanto quanto è male. Ne consegue, che il male può essere maggiore dove maggiore la rivelazione.
Ne consegue, pertanto, la loro inattendibilità. Lo stesso quando si “mostrano.”
Cosa intendeva far capire quel biblico stesore quando con poetica (ma criptica ovvietà) ha scritto “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”? La prendo un po’ larga ma poi arrivo al punto: punto che è circolare nel senso che quello di partenza è indistinguibile da quello d’arrivo. Ammettendo al principio un’esistenza capace di vita umana nella versione divina, dobbiamo anche ammetterla capace di discernere su di sé. Un discernimento sovrano perché primo di ogni pensiero, cosa mai può dire se non ciò che è? Cos’è? Lapalissiano, direi! Sentendo sé e sentendosi in vita, dirà
IO
(Coscienza dell’Essere)
SONO VITA
(Coscienza del Sapere) (Coscienza dell’Esistere)
Non dirà IO SONO (IN) VITA perché ciò ammetterebbe una precedente conoscenza che prima del Principio di ogni principio non può esserci stata.
Ora, o al principio di ogni principio ammettiamo una qualche sofferenza da dissociazione, oppure, necessariamente, nessuna parte è separata da un altra, appunto come mostra l’affermazione come l’ho composta. Ovviamente, almeno per me, lo stato trinitario dell’immagine, nell’assoluto principio del Principio è assolutamente unitario. Ne consegue che ogni parte del identità del Principio è, ed è, inscindibilmente presso di sé.
Preciso: sto interpretando una storia non sostenendo che sia vera una spiegazione che almeno a vista pare proprio che non faccia piega.